Si chiamava Sagiranus, nome che venne poi contratto in Siràn, dal quale deriva la forma italiana di Cirano. Visse in Francia, nel VII secolo, e la sua vita ci è stata narrata, con ricchezza di particolari, da un biografo di età posteriore, ma sulla scorta di notizie certamente degne di fede. Figlio di un nobile del Berry, che poi doveva diventare Vescovo di Tours, venne educato nella città di San Martino e si guadagnò la protezione dei Maestro di Palazzo del Re di Borgogna. Fu così introdotto a Corte, dove sembrò destinato a una brillante carriera, anche perché il padre si era preoccupato di fidanzarlo con una fanciulla di ottima famiglia, quello che si dice un buon partito. Un bel giorno, invece, Cirano lasciò la Corte, la fidanzata e le ambizioni mondane, per ritornare a Tours, non presso il Vescovo suo padre, ma sotto la diretta guida e protezione di San Martino, facendosi devoto eremita presso la sua sepoltura. Più tardi venne accolto tra il clero della città, ed era Arcidiacono quando il Vescovo padre morì. Il successore, vedendo che l'Arcidiacono Cirano dava fondo al patrimonio familiare per aiutare i poveri, lo ritenne un pazzo e lo fece rinchiudere. Morto il Vescovo (proprio durante un attacco di follia furiosa!) Cirano fu di nuovo libero, ma si sentì sopportato a malincuore. Lasciò allora Tours per unirsi al Vescovo Flavio, strano tipo di irlandese vagante, che conduceva una sua piccola ma fervente comunità religiosa in giro per i santuari europei. In mezzo a questa strana comunità, senza fissa dimora, Cirano si avviò verso Roma, e per strada studiò, predicò, insegnò e lavorò nei campi come gli altri compagni, per guadagnarsi la vita. Tornato in Francia, venne incoraggiato a fondare un monastero in una solitaria località detta Longoritus, presso un fiume ricco di pesci. La nuova comunità di San Cirano, ordinata secondo la Regola benedettina, crebbe e prosperò, grazie anche all'insperato contributo del fiume pescoso. Avveniva infatti che ogni mattina l'abate si recasse a pescare per provvedere alle necessità della comunità. E ogni mattina, secondo quanto si racconta, il Santo pescava esattamente tanti pesci quanti erano i suoi monaci, o qualcuno in più, per i poveri del paese. Una mattina però, pesca e ripesca, il numero dei pesci rimase inferiore di uno rispetto al numero dei monaci. San Cirano comprese che uno dei confratelli si era reso colpevole di qualche mormorazione. Un rapido interrogatorio confermò i suoi sospetti: un giovane monaco gli si gettò ai piedi, confessando di aver augurato all'abate pesche meno propizie. Il pesce che non mancava mai sulla mensa monastica rendeva la dieta molto monotona, un po' troppo per i gusti del giovane religioso. San Cirano lo redarguì bonariamente, e seguitò a pescare. Ma allora, un gruppo di monaci a lui contrari lo accusarono di disertare il monastero per il fiume. Mormorarono addirittura che l'Abate si arricchiva segretamente, vendendo i frutti della sua pesca. San Cirano non smentì la calunia, ma preferì allontanarsi, riprendendo la sua vita di monaco errante e seguitando a guadagnarsi la vita pescando. Per questo suo vagabondare, non si sa bene dove morisse, né in che anno. Si sa però che il suo culto si diffuse presto attorno al monastero da lui fondato, che prese da allora il nome di Saint-Cyran, in onore del Santo paziente e prodigioso pescatore.
Fonte:
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Archivio Parrocchia
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