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† Barbalisso e Rosapha, Siria, 310 circa
I santi Sergio e Bacco erano, secondo l'agiografia cristiana, due ufficiali dell'esercito romano di religione cristiana, stanziati in Oriente e che avevano un'alta posizione presso la corte di Massimino Daia, tetrarca d'Oriente dal 305; i due furono denunciati da nemici invidiosi e quando si rifiutarono di sacrificare a Giove furono martirizzati. I dettagli dell'agiografia spingono a collocare il martirio nell'ambito della terribile persecuzione anticristiana scatenata dai tetrarchi in quegli anni, per iniziativa di Diocleziano e specialmente in Oriente. Esso avvenne nell'anno 303 in Siria, a Resafa (Sergio) e nel castrum di Barbalissa (Bacco). La tradizione è prodiga di dettagli riguardo alle modalità con cui i due martiri furono uccisi. Bacco sarebbe stato flagellato a morte, mentre Sergio sarebbe stato costretto a fare il giro dei castra della zona camminando con chiodi confitti nei piedi, e infine sarebbe stato decapitato. Secondo la leggenda, l'alabarda di Sergio cadde dal cielo sulla città di Trieste nel momento del suo martirio: tale arma, oltreché elemento iconografico identificativo del santo, è divenuta il simbolo della città di Trieste, di cui Sergio è patrono secondario, e l'originale manufatto, venerato come reliquia, è conservato presso il tesoro della cattedrale. Il calendario liturgico della forma extraordinaria del rito romano (Messale 1962) commemora insieme all'8 ottobre i Santi Sergio, Bacco, Marcello ed Apuleio.
Martirologio Romano: Nella regione di Rusafah in Siria presso il fiume Eufrate, santi Sergio e Bacco, martiri.
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Santi SERGIO e BACCO, martiri in Siria
Questi due santi martiri orientali, ebbero nell’antichità una grande venerazione sia in Oriente che in Occidente, benché le notizie che li riguardano hanno scarso valore storico, ad ogni modo di esse rimangono redazioni in diverse lingue. Sergio e Bacco erano soldati delle Legioni di confine, ed occupavano un alto grado nel palazzo di Massimino Daia († 313), divenuto Cesare nel 305 con il governo dell’Oriente; accusati come cristiani da nemici invidiosi, furono condotti al tempio di Giove ed invitati a sacrificare, ma essi rifiutarono, venendo così degradati e fatti girare per dileggio per le vie della città, vestiti da donna. Lo stesso imperatore fece invano un tentativo di farli apostatare, essi poi furono inviati da Antioco, prefetto della Provincia Siro-Eufratese, perché fossero uccisi. Nel ‘castrum’ di Barbalisso, Bacco fu sottoposto ad una cruenta flagellazione, tanto spietata che sotto i colpi morì; il suo corpo fu lasciato insepolto, ma di notte i cristiani lo raccolsero seppellendolo in una grotta vicina. Sergio invece fu costretto a camminare con dei chiodi conficcati nei piedi, attraverso i ‘castra’ di Saura, Tetrapirgio e Rosapha, finché in quest’ultima città fortificata venne decapitato. Venne sepolto nello stesso luogo del martirio e sulla sua tomba venne eretta una piccola chiesa; quando finite le persecuzioni, tornò la pace anche per i cristiani, accanto al ‘castrum’ di Rosapha, fu costruita una grande chiesa, in cui venne trasferito il corpo del martire, nel giorno anniversario della sua morte, il 7 ottobre. Il culto per Sergio fu certamente più diffuso, lasciando talvolta in ombra quello di Bacco; a testimonianza che essi furono uccisi a pochi giorni l’uno dall’altro, in Siria venivano celebrati il 1° ottobre (Bacco) e il 7 ottobre (Sergio) ma poi la celebrazione venne unificata al 7 ottobre, sia in Oriente che in Occidente. Ad aumentare il culto per s. Sergio, contribuì senz’altro la costruzione della grandiosa basilica nella Frigia, nel secolo V, da parte del vescovo Alessandro di Gerapoli; attorno al tempio divenuto meta di pellegrinaggi e al quale accorrevano anche le tribù nomadi a sud dell’Eufrate, si formò un villaggio che Giustiniano imperatore, chiamò Sergiopoli, arricchendolo di molte opere come acquedotti e fortezze. I miracoli avvenuti a Sergiopoli, diffusero il culto anche in Occidente, mentre in tutti gli Stati Medio-Orientali, sorsero tante chiese dedicate a s. Sergio; le reliquie proprio per questa diffusione, erano sparse dappertutto. Chiese in loro onore esistevano anche a Roma e Ravenna; nel periodo bizantino Sergio e Bacco furono invocati come protettori delle milizie e nei secoli dal VI all’XI sono stati sempre effigiati come ufficiali con la collana d’oro dei dignitari di corte.
La città di Trieste ha nel suo stemma, la punta di un’alabarda in campo rosso, essa è detta “alabarda di san Sergio”, perché si racconta che il tribuno Sergio della XV Legione Apollinare, si stanza a Trieste, qui si convertì al cristianesimo. Quando fu scoperto, venne richiamato alla corte imperiale ed egli congedandosi dai compagni di fede cristiana triestini, promise loro un segno annunciante la sua morte, che prevedeva imminente. Quando fu decapitato a Rosapha in Siria, secondo la tradizione, un’alabarda cadde dal cielo sereno, nel Foro cittadino. L’arma è conservata nel tesoro della cattedrale di Trieste; gli Statuti comunali del 1350 la chiamavano più appropriatamente “lancia di s. Sergio”.
Autore: Antonio Borrelli
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