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Serva di Dio Giuseppina Berrettoni Laica
Festa:
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Roma, 6 agosto 1875 - 17 gennaio 1927
Figlia di un impiegato dell'Ufficio sanitario dello Stato pontificio che, quando Roma passa sotto lo Stato italiano, viene assunto dal municipio della sua città. Morirà il 15 agosto 1897, poco dopo la moglie: Giuseppina si ritrova, così, orfana e priva di sostentamento. A 10 anni, ottiene dal suo confessore il permesso di fare la comunione in anticipo sui tempi per i bambini della sua età. Allora promette di non rifiutare nulla che le venga chiesto in nome di Gesù e di Maria. A 20 anni tenta la strada della vita religiosa, ma dopo alcune esperienze fallimentari, si dedica totalmente all'apostolato nel mondo. Svolge il compito di maestra nelle periferie romane. Aderisce all'Azione Cattolica e all'Associazione delle Figlie di Maria, e comincia a frequentare ospedali e ambienti di prostituzione, "pur di salvare un'anima". Spesso la segnalazione delle persone da avvicinare le viene direttamente da un'ispirazione divina. Molti i fenomeni mistici straordinari che la coinvolgono, comprese le bilocazioni. La sua carità non conosce confini, perché ancorata alle molte ore di preghiera che trascorre, soprattutto di notte. Da terziaria francescana, conosce l'Istituto secolare delle Missionarie della Regalità e vi viene ammessa, mentre continua il suo apostolato nell'ACI.
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Chi era Giuseppina Berrettoni Nata a Roma il 6 agosto del 1875, Giuseppina Berrettoni era figlia di Cesare Berrettoni e Orsola Marini ed è stata una vera innamorata di Cristo sin dall’infanzia. In uno dei diari che scriveva quando era ancora una bambina, si legge che la sua intenzione era quella di portare Cristo a chi non lo aveva conosciuto. Potrebbe sembrare l’idea di un bambino ancora non cosciente di ciò che è la vita, ma quella decisione presa in tenera età venne suggerita chiaramente da volere di Dio. Intorno agli 8 anni fece voto di castità ed entrò a far parte dell’associazione “Figlie di Maria”. Crescendo il suo amore per Gesù Cristo divenne sempre più forte e nel corso della sua vita diede aiuto ai bisognosi sia in Italia che in Argentina. Ovunque andasse riusciva a portare la parola di Dio con tanta delicatezza e fermezza da convincere anche il più ostinato peccatore a convertirsi. Non a caso durante le sue estasi mistiche, Giuseppina era solita vedere San Michele Arcangelo, protettore di coloro che vogliono convertirsi al signore con tutto il loro spirito.
La conversione del bestemmiatore Tra gli episodi che si ricordano di questa serva del Signore, c’è sicuramente quella della conversione del bestemmiatore. Nel 1909 una ragazza si recò da lei per chiederle di far convertire il fratello ricoverato all’ospedale di San Giacomo in Augusta. Giuseppina andò di buona lena, ma il primo giorno sbagliò stanza e si mise a parlare con un anziano in fin di vita, riuscendo ad ottenerne la conversione. Quando venne a conoscenza dell’errore e che la persona da convertire era un giovane non in fin di vita, Giuseppina si recò alla Chiesa di San Giacomo per pregare. A quel punto venne in suo soccorso San Michele, che l’accompagnò in ospedale. La persona da convertire era un ragazzo dall’aspetto molto giovane, il quale era solito bestemmiare. Giuseppina lo stette ad ascoltare, quindi lo invitò a provare, se il suo desiderio di conversione era reale, a smettere di bestemmiare, rassicurandolo del fatto che se gliene sfuggiva qualcuna non doveva preoccuparsi. A quel punto guardò San Michele, il quale era fermo in un angolo in atteggiamento di preghiera, e questo acconsentì con il capo.
Devozione a San Michele e conversione A quel punto gli consiglio di offrire la propria devozione a San Michele, spiegando che l’arcangelo era il protettore di chi voleva tornare al Signore. In un secondo momento aggiunse inoltre: “è potente contro i demoni. Costoro si impegnano principalmente onde siano commessi peccati di bestemmia e d’impurità, perché sono i peggiori”. Infine lo invitò a fare un voto, dicendogli di giurare di preferire la morte prima di commettere un peccato mortale. A quelle parole il giovane provò paura, ma Giuseppina gli spiego con chiarezza quanto fosse preferibile la morte del corpo alla dannazione dell’anima. Persuaso dalle sue parole, il giovane dunque disse: “Ebbene: faccia Iddio ciò che vuole di me!”. A quel punto San Michele le fece un segno di compiacimento, poiché l’animo del ragazzo era redento.
Autore: Luca Scapatello
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Fonte:
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www.lalucedimaria.it
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