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Beato Giuseppe Maria Rojas Lobo Laico e martire

25 luglio

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Sevilla, Spagna, 29 settembre 1910 - Marchena, Spagna, 25 luglio 1936

José María Rojas Lobo nacque a Siviglia il 29 settembre 1910. Respirò in famiglia un clima improntato al cattolicesimo sociale, che motivò la sua scelta di studiare Giurisprudenza all’Università di Siviglia. Nell’estate 1936 tornò a Marchena per le vacanze, ma venne arrestato il 20 luglio 1936, due giorni dopo l’inizio della guerra civile spagnola. Non aveva alle spalle alcuna militanza politica, essendosi concentrato sugli studi. La mattina del 21 luglio, con l’arrivo dell’esercito regolare, i rivoluzionari fuggirono, non prima di aver sparato ai prigionieri, ferendoli alcuni in modo grave. José María e Manuel Luque Ramos, sacrestano delle monache Clarisse, riuscirono a uscire vivi per strada e a essere soccorsi. José María non era grave, ma le sue ferite andarono in setticemia. Morì il 25 luglio 1936, munito dei conforti religiosi e ribadendo il suo perdono agli aggressori; aveva venticinque anni. Incluso, come il sacrestano Manuel, anche lui morto in ospedale, nella causa di beatificazione e canonizzazione capeggiata da don Manuel González-Serna Rodríguez, che comprendeva in tutto venti martiri della diocesi di Siviglia, fu beatificato il 18 novembre 2023 nella cattedrale di Santa Maria della Sede a Siviglia, sotto il pontificato di papa Francesco. La memoria liturgica dell’intero gruppo ricorre il 6 novembre, giorno in cui le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del ventesimo secolo.



José María Rojas Lobo nacque a Siviglia il 29 settembre 1910 e fu battezzato il 1° ottobre seguente nella parrocchia del Santissimo Sacramento della stessa città, con i nomi di José María, Miguel, Diego, Ignacio, Juan de María Lourdes, de los Desamparados, de los Sagrados Corazones de Jesús y de María y de la Santísima Trinidad.
Visse con i genitori e i suoi otto fratelli a Marchena, non lontano da Siviglia. Suo padre, proprietario terriero, provvedeva ai suoi dipendenti con mezzi moderni e realizzando scuole per loro; inoltre, li rendeva partecipi dei guadagni.
José María crebbe in questo clima improntato al cattolicesimo sociale. Studiò all’Istituto San Stanislao Kostka dei Gesuiti a El Palo, presso Malaga. S’iscrisse quindi alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Siviglia, dove partecipò alle attività della Federazione degli Studenti Cattolici. Concluse gli studi a Deusto in Biscaglia.
Concentrato sugli studi, non si dedicò alla politica. Nell’estate 1936 tornò a Marchena, per trascorrervi le vacanze con la famiglia.
Tuttavia, anche lì, durante la Seconda Repubblica spagnola, oltre ai problemi causati dall’applicazione generale della legislazione secolarizzatrice e laicista, si verificarono alcuni tentativi di dare fuoco a edifici religiosi, sia nel 1932 (danneggiata la chiesa di San Giovanni e distrutta la cappella del Santissimo Sacramento della parrocchia di San Sebastiano), sia nel 1936 (il 1° maggio fu distrutta la chiesa di San Domenico).
La rivolta militare e il colpo di Stato che, il 18 luglio 1936, diedero inizio alla guerra civile spagnola, non vennero appoggiati a Marchena. Quella stessa mattina, un gruppo di rivoluzionari interruppe la Messa delle monache Clarisse, con urla e grida.
Il sacrestano della cappella delle monache, Manuel Luque Ramos, si oppose a loro fino a riuscire a cacciarli fuori: sprangò quindi la porta, in modo da permettere la prosecuzione della celebrazione. Fu probabilmente questo l’atto che lo condusse a essere imprigionato il 19 luglio nella Casa del Popolo, insieme ad altre persone che, a differenza di lui, avevano una palese appartenenza politica.
Il mattino seguente venne imprigionato anche José María, al quale nessuno aveva spiegato la ragione dell’arresto, tanto più che nemmeno lui era impegnato in politica. Come faceva sempre, aveva appena partecipato alla Messa, celebrata di prima mattina a porte chiuse, con altri membri della sua famiglia. Alla fine della celebrazione, andò a casa di alcuni zii, per salutarli: lì venne arrestato da una pattuglia armata.
Il 20 luglio ci fu un tentativo d’incendio nella parrocchia di Marchena. Mentre i vicini cercavano aiuto nelle cittadine dei paraggi, i prigionieri furono condannati a essere scudi umani: nel caso fosse arrivato l’esercito regolare, sarebbero stati legati a delle sedie e messi al centro della strada, così da evitare che la città venisse riconquistata.
La mattina del 21 luglio, i militari arrivarono da Écija: il confronto armato si concluse poco dopo mezzogiorno, con la fuga di coloro che fino a quel momento erano difensori e non senza una tenace resistenza, che causò perdite da entrambe le parti.
Il carcere improvvisato era una posizione di difesa. Al momento di abbandonarlo di corsa, quando i carcerieri appresero dell’arrivo dell’esercito, spararono ripetutamente sui prigionieri, causando loro ferite particolarmente serie. José María e il sacrestano Manuel, però, rimasero coscienti e riuscirono a uscire vivi per strada.
Il giovane venne soccorso da suo padre. Quando gli furono prestati i primi soccorsi, il medico dichiarò che le ferite non erano gravi, a meno che non fosse sopravvenuta la setticemia, che comunque avrebbe dovuto essere trattata a Marchena, dato che non era possibile trasportare il ferito a Siviglia.
Un sacerdote della comunità dei Mercedari di Marchena si accostò a José María: davanti a lui e alla sua famiglia, lì presente, il giovane affermò di perdonare i suoi nemici e aggiunse che non avrebbe riferito il nome del suo aggressore.
Nonostante l’intervento sanitario la setticemia insorse. Il 24 luglio, circondato da un gran numero di persone, José María ricevette la Comunione in forma di Viatico; quindi si rivolse ai presenti chiedendo perdono e incoraggiandoli a perdonare.
Entrò in coma la mattina del 25 luglio e poco dopo spirò; aveva venticinque anni. In quello stesso momento, suo padre ribadì alle nuove autorità che si compisse la volontà di suo figlio, il quale aveva perdonato chi l’aveva ucciso. Il suo parroco annotò sul registro parrocchiale: «Morì la morte dei giusti, parlando del Cielo».
Il suo funerale fu affollatissimo. I suoi resti, coperti da una lapide nella quale si faceva riferimento alla sua morte esemplare, furono sepolti nella cappella di famiglia dei suoi nonni.
José María fu incluso, come Manuel Luque Ramos, morto anche lui in ospedale, nella causa di beatificazione e canonizzazione capeggiata da don Manuel González-Serna Rodríguez, che comprendeva in tutto venti martiri della diocesi di Siviglia. Fu beatificato il 18 novembre 2023 nella cattedrale di Siviglia, sotto il pontificato di papa Francesco.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2023-11-19

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