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Friburgo in Brisgovia, Germania, 5 marzo 1904 - Innsbruck, Austria, 30 marzo 1984
Karl Rahner è stato uno dei più importanti teologi cattolici del XX secolo. Gesuita, dopo gli studi filosofici e teologici che lo misero in contatto con Heidegger a Friburgo, insegnò a Innsbruck, Monaco (ove succedette a Guardini) e Münster. Partecipò al Vaticano II come perito conciliare. Paolo VI lo nominò poi membro della Commissione Teologica Internazionale. La sua prospettiva teologica è stata riassunta con l'espressione «svolta antropologica», cioè il tentativo di ricomprendere la verità cristiana a partire dagli interrogativi dell'uomo, concepito come strutturalmente aperto a Dio.
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Karl Rahner (1904-1984) ha dedicato la sua riflessione a quel fenomeno che si indica come “svolta antropologica”, cioè la trasformazione culturale che rifiuta di vedere la realtà come carica di un rimando assoluto, leggendola invece come realtà storica. La ragione – strumento di questa comprensione – va mantenuta all’interno dell’autocoscienza umana più che pensata come ricerca di verità assoluta. La secolarizzazione e la problematica ermeneutica saranno i primi risultati di questa trasformazione. Di fronte a queste sfide Rahner persegue una teologia che salda verità e storia, rivelazione di Dio e destino dell’uomo; per questo, nel 1984, scriverà che il climax della sua teologia non stava “in un puro interesse scientifico specialistico, bensì in una preoccupazione pastorale”. Ammirata e ricercata fino a poco tempo fa, la teologia di Rahner è oggi al centro di accanite discussioni. Per la verità anche nel passato il suo pensiero aveva subito critiche; basta pensare a Cordula ovverossia il caso serio di Hans Urs von Balthasar (1966) che paventa un oscuramento della croce, a Cornelio Fabro che nel 1972 squalifica la sua interpretazione tomista.
Il punto più discusso Il punto più discusso è il rapporto di Rahner con il Concilio. Prima esperto al servizio del card. Franz König e poi membro della Commissione dottrinale, Rahner ha offerto un importante contributo al Vaticano II sui temi della collegialità episcopale, del primato del Papa, del laicato e dell’escatologia; è però la sua interpretazione del Concilio ad essere messa sotto accusa come un tradimento dello stesso. I lavori di Agostino Marchetto e di Giovanni Cavalcoli vanno in questo senso mentre opposta è l’interpretazione di Alberto Melloni e di Giuseppe Ruggieri. In un suo acuto contributo Massimo Faggioli ricondurrà la passionalità di questo dibattito alla svolta politico-culturale verso il mondo moderno che, nell’immaginario comune, il Concilio aveva rappresentato e che oggi alcuni vorrebbero negare. I due Congressi su Rahner del 2004 all’Università Lateranense di Roma e del 2007 a Firenze Borgo Ognissanti, di cui esistono gli Atti, sono la conferma del pesante contrasto circa Rahner.
Alla radice del suo pensiero Sarà Klaus P. Fischer nel 1974 a interpretarne in termini religiosi il pensiero e, al suo seguito, Karl-Heinz Weger, Ignazio Sanna e Morilla Delgado. Alla radice di tutto starebbe la spiritualità di Ignazio di Loyola che, con gli Esercizi spirituali, insiste sulla decisione incondizionata per Dio come scelta personale di vita. In questo modo Ignazio valorizzerebbe la soggettività moderna all’interno della fede. Rahner riprenderebbe questo progetto nella sua teologia della grazia; la grazia mette in moto la libertà e la impegna ad un amore obbediente. Ne deriva una religiosità e una teologia profondamente esistenziali.
Apertura alla totalità In questa direzione Rahner sviluppa anzi tutto un’antropologia della persona come soggetto spirituale che diventa se stesso attraverso il mondo materiale e sensibile. La persona non si possiede ma è strutturalmente aperta a quelle potenzialità che possono intervenire a costituirla. Questa apertura alla totalità implica una struttura della conoscenza tale che in ogni interrogazione finita è presente un’apertura infinta, in ogni atto di conoscenza è all’opera un Vorgriff aus Sein, un’anticipazione dell’essere. L’uomo appare così uditore della Parola, aperto a quella pienezza di cui non può fare a meno; in lui esistenza libera e salvezza si incontrano e si qualificano reciprocamente fino a diventare inseparabili. E questo non può avvenire che nel mondo, nell’ambito della socialità e della storicità.
Il cristianesimo anonimo Rahner ne ricaverà la tesi del “cristianesimo anonimo”, che indica coloro “che si trovano al di fuori del perimetro sociale della Chiesa o delle Chiese cristiane”. Poiché non esiste altra grazia che quella di Cristo, costoro sono in qualche modo cristiani. In Cristianesimo anonimo e compito missionario della Chiesa Rahner sostiene che il compito missionario va chiarito a partire dal cristianesimo anonimo, nella convinzione che “non rende superfluo il cristianesimo esplicito, anzi lo reclama per la sua stessa essenza e per la sua specifica dinamica”. Nell’economia salvifica può succedere che la grazia preceda il processo sacramentale che la indica, ma la dinamica di questa grazia muove la persona verso la sua visibilità sacramentale nella dimensione della Chiesa. Citando Atti degli Apostoli 10,47, Rahner richiama le parole di Pietro secondo cui Cornelio doveva ricevere il battesimo perché aveva già ricevuto lo Spirito: “La grazia tende alla sua oggettivazione nella predicazione della fede e la precede come condizione della sua possibilità”.
Le religioni come “vie disalvezza” Queste tesi hanno imposto un ripensamento delle religioni non-cristiane. L’universalità della grazia, anche al di là dei confini visibili della Chiesa, e la predisposizione incondizionata della persona a Dio, portano Rahner a ritenere che, se l’uomo sta sotto l’influsso della grazia, non si possa escludere che “questa plasmatura soprannaturale di cui l’uomo va debitore alla grazia, si renda visibile […] anche e precisamente là dove questa vita instaura espressamente la sua relazione con l’Assoluto, vale a dire nella religione”. Per questa via arriverà al tema delle religioni come Heilswege (vie di salvezza); “non può essere che le religioni concrete, nella loro consistenza oggettiva, non portino alcuna traccia di questa azione da parte della grazia su tutti gli uomini”. Accolte dal Seminario sulle religioni noncristiane tenuto a Bombay (25-28 novembre 1964), le sue tesi non saranno accolte da Nostra aetate (28 ottobre 1965) ma saranno al centro dei dibattiti postconciliari.
Teologo per dopodomani Karl Lehman, già assistente e collaboratore di Rahner, parlerà di lui come del “teologo per dopodomani” intendendo così segnalarne sia l’ampiezza del pensiero sia la dimensione di pionierato che sempre lo contraddistinse. In modo più preciso, Rosino Gibellini osserverà che, se vi sono teologie dell’i dentità, vi sono anche – ed è il caso di Rahner – teologie della correlazione, cioè del confronto costante tra l’identità cristiana e ciò che è altro da essa. In questo senso la pretesa di liberarsi da Rahner, che serpeggia oggi, sarebbe la fine della coscienza missionaria della Chiesa.
L’imperativo missionario In questo impegno storico e mondano il credente non può non coltivare l’imperativo missionario; non si tratta solo di proclamare il Vangelo ma di aumentarne l’influenza sulla vita, sulla cultura e sul mondo in cui viviamo. La persona e il messaggio di Gesù appaiono così la “forma cristiana” che la nostra vita deve assumere: in lui troviamo la pienezza che cerchiamo. Ne deriva una relazione personale con Gesù nella quale soltanto possiamo avere un rapporto immediato con Dio; nell’Uomo-Dio che è Gesù incontriamo Dio senza cancellare il rapporto con gli altri e sperimentiamo la profonda unità tra amore di Dio e amore dell’uomo. In questa prospettiva occorre lasciarsi alle spalle una mentalità da ghetto – sarà la logica di Gaudium et spes – e procedere ad un profondo aggiornamento dei metodi di apostolato. Al centro di questa visione sta la sua concezione della grazia, che è un dono libero e soprannaturale che la persona può accettare o rifiutare. La grazia avvolge la vita e l’attira a sé strutturandone le dinamiche personali profonde e operando in tutti, anche quando le persone si allontanano da Dio. In questo senso, come ricorda Gaudium et spes 22, Cristo “svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione”; per il Concilio dobbiamo ritenere che “lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale”, cioè con la salvezza.
Autore: Gianni Colzani
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