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† Cina, Corea del Nord e Corea del Sud, dal 28 maggio 1901 al 12 dicembre 1974
La causa tratta del presunto martirio in odio alla fede dei "Servi di
Dio Francesco Borgia Hong Yong-ho e 80 compagni". La Santa
Sede ha concesso il nulla osta per la causa di beatificazione e
canonizzazione in data 3 luglio 2015. L'inchiesta diocesana si è tenuta
nell'Arcidiocesi di Seoul dal 22 febbraio 2017 al 7 giugno 2022.
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Martiri della fede nella "Chiesa del silenzio" coreana. 103 santi della
Corea furono canonizzati da Giovanni Paolo II nel corso della cerimonia
del 6 maggio 1984 nella piazza Yoido di Seoul. Adesso i vescovi della
Corea del Sud chiedono alla Congregazione per le Cause dei Santi di
aprire il processo di beatificazione per il vescovo di Pyongyang
monsignor Francesco Borgia Hong Yong-ho e i suoi 80 compagni, «martiri
della persecuzione stalinista operata dal regime di Kim Il-sung subito
dopo la divisione della penisola coreana nel 1948. Nelle persecuzioni
anti-cristiane che hanno attraversato la Corea per più di un secolo sono
morti circa 10mila martiri. Di questi, 79 sono stati beatificati nel
1925, altri 34 martiri sono stati beatificati nel 1968. Tutti insieme,
per volontà della Chiesa, sono stati canonizzati sulle rive del fiume
Han, da dove si vedono i loro santuari.
La richiesta di aprire il processo di beatificazione è un passo
importante per il riconoscimento delle sofferenze della comunità
cattolica del Nord, sterminata dall'odio ideologico del governo dei
Kim», riferisce AsiaNews. Nato il 12 ottobre 1906, ordinato sacerdote
il 25 maggio 1933, «mons. Hong è stato nominato vicario apostolico di
Pyongyang e vescovo titolare di Auzia il 24 marzo 1944 da papa Pio XII.
Il successivo 29 giugno è stato consacrato da monsignor Bonifatius
Sauer, co-consacrati il vescovo Irenaeus Hayasaka e l'arcivescovo Paul
Marie Kinam-ro. Il 10 marzo 1962 papa Giovanni XXIII decise di elevare a
diocesi il vicariato di Pyongyang, anche in segno di protesta contro la
politica del regime nordcoreano, e di nominare quale primo vescovo
proprio mons. Hong, che diviene così -viene rilevato- un simbolo della
persecuzione contro i cattolici nella Corea del Nord e in generale nei
regimi comunisti».
«Anche se avrebbe ormai superato i 106 anni di età, in Vaticano dicono
che «non può essere escluso che si trovi ancora prigioniero in qualche
campo di rieducazione». Per questo sull'Annuario pontificio è ancora
indicato come vescovo diocesano, anche se «scomparso». Sin dagli anni
Ottanta del secolo scorso -prosegue AsiaNews- i funzionari del Nord
interrogati sulla sua sorte lo definiscono "uno sconosciuto"».
La situazione della Chiesa cattolica in Corea del Nord «è drammatica.
Dalla fine della guerra civile (1953), le tre circoscrizioni
ecclesiastiche e l'intera comunità cattolica sono state decimate in
maniera brutale dal regime stalinista, che non ha lasciato vivo alcun
sacerdote locale ed ha cacciato quelli stranieri. Si stimano in oltre
300mila -si legge su AsiaNews- i cristiani «scomparsi» durante i primi
anni della persecuzione di Kim Il-sung, l'allora dittatore del
Paese».Tuttavia, la Santa Sede ha continuato a mantenere vivo il clero
assegnando le «sedi vacanti et ad nutum Sanctae Sedis» ad alcuni
ordinari sudcoreani.
Al momento, oltre a mons. Andrea Yeom - arcivescovo di Seoul, che
amministra la diocesi di Pyongyang - sono in carica monsignor Luca Kim
Woon-hoe, vescovo di Chuncheon ed amministratore di Hamhung, e padre
Simon Peter Ri Hyeong-u, abate del monastero benedettino di Waegwan ed
amministratore di Tokwon. Ad oggi, non vi sono strutture ecclesiastiche
né sacerdoti residenti in Corea del Nord. Dopo l'inaugurazione della
prima chiesa ortodossa, avvenuta nella capitale nordcoreana nell'agosto
del 2007, la comunità cattolica rimane dunque l'unica a non avere alcun
ministro per la propria fede. Alcuni sacerdoti del Sud che operano
nell'ambito di attività caritatevoli con il Nord hanno potuto nel tempo
celebrare messa a Pyongyang, ma solo all'interno di ambasciate
occidentali.
Autore: Giacomo Galeazzi
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