La BHL (I, p. 116, nn. 718-20) ricorda tre vite di Artellaide. Questi atti, di cui si ignora l'origine e l'epoca, contengono molti elementi leggendari: secondo quanto in essi è riportato, Artellaide era figlia del proconsole Lucio e di santa Antusa. Avendo l'imperatore Giustiniano sentito parlare della sua bellezza, la voleva dare come sposa a qualcuno della sua corte; ma Artellaide aveva fatto il voto di verginità, onde la madre l'affidò a tre domestici con l'incarico di condurla in Italia presso lo zio, il generale bizantino Narsete. Durante il viaggio la giovanetta cadde in mano dei ladri, mentre i suoi domestici, dopo essere fuggiti, si portarono nella chiesa di Santa Eulalia per chiedere la liberazione della padroncina. I ladri giudicarono opportuno vendere la santa vergine, ma il demonio li colpì a morte e l'angelo del Signore rimise Artellaide in libertà. Ella poté così riunirsi ai domestici, portandosi a Siponto nelle Puglie per offrire un dono alla chiesa di San Michele sul monte Gargano. Narsete, avendo appreso da un sogno l'arrivo della nipote, la condusse a Benevento, dove ella offrì un ricco dono alla chiesa di Santa Maria.
Quì si stabilì e visse nella preghiera e negli esercizi di pietà, operando molti miracoli. Colpita dalla febbre, si fece trasportare nella chiesa di San Luca, dove, dopo avere ascoltato la messa e ricevuta la comunione, si addormentò nel Signore, il 3 marzo, giorno in cui si celebra la sua festa, forse del 570. Da questa chiesa le sue reliquie furono trasportate più tardi nella cattedrale di Benevento.
Autore: Filippo Caraffa
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