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San Stanislao Kostka Novizio gesuita

15 agosto

Rostkow, Polonia, ottobre 1550 - Roma, 15 agosto 1568

Stanislao Kostka, nato nel 1550, proveniva da una nobile famiglia. All’età di tredici anni venne mandato a studiare a Vienna, nella scuola dei gesuiti, che fu poi requisita dall’imperatore d’Austria. Stanislao, pur costretto in un alloggio provvisorio, si mantenne devoto e diligente. Nel corso di una grave malattia maturò il proposito di far parte dei Gesuiti. Così fuggì da Vienna alla volta di Dillingen. Nonostante la reazione del padre il giovane fu irremovibile. Andò a Roma per il noviziato. Morì il giorno dell’Assunta, a diciott’anni, nel 1568. Fu il primo beato della Compagnia. (Avvenire)

Patronato: Giovani

Etimologia: Stanislao = la gloria dello stato, dal polacco

Martirologio Romano: A Roma, san Stanislao Kostka, che, di origine polacca, spinto dal desiderio di entrare nella Compagnia di Gesù fuggì dalla casa paterna e si recò a piedi a Roma, dove, ammesso nel noviziato da san Francesco Borgia, morì in fama di santità, stremato in breve tempo nel prestare i più umili servizi.

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Dalla Polonia a Vienna

S.Stanislao Kostka, novizio della Compagnia di Gesù, è tra i più conosciuti e venerati santi polacchi. Nacque nell'ottobre 1550 a Rostkow, a pochi chilometri da Varsavia.
Il padre di Stanislao era il principe Jan Kostka, capo militare e Senatore del Regno di Sigismondo Augusto (1548-1572), di cui Cracovia era la capitale. La famiglia dei Kostka comprendeva numerosi governatori, senatori, vescovi.
Nei primi anni la sua formazione fu curata da professori privati, come in uso presso le famiglie nobili, ma a 14 anni, nel mese di luglio 1564, fu mandato a Vienna, con il fratello Paolo e il precettore Giovanni Bilinski, nel collegio dei gesuiti, per proseguire gli studi. Durante il viaggio passarono per il celebre santuario della Madonna di Czestochowa, e attraverso la Slesia giunsero a Vienna il 25 luglio. Qui abitarono nel "Convitto Imperiale S.Barbara", uno dei tre tenuti dai gesuiti.
La Compagnia di Gesù era allora agli inizi: S.Ignazio di Loyola, suo fondatore, era morto da poco, nel 1556. Ma già i gesuiti erano conosciuti come profondi teologi che erano intervenuti al Concilio di Trento, e già un po' ovunque avevano dato inizio a una feconda opera di rinnovamento culturale con i loro "Collegi", istituti scolastici la cui rinomanza fece sì che le migliori famiglie del tempo vollero inviarvi i loro figli. Questo apostolato culturale, che comprendeva una riforma degli studi, aveva di mira una elevazione a lunga scadenza del livello di vita spirituale e umana di tutta la società.
In questo periodo Stanislao espresse il suo ideale di vita con la celebre frase: "Ad maiora natus sum", cioè: "Sono nato per le cose più grandi." Da tempo Stanislao aveva una vita spirituale molto intensa, e confidò una volta a Stefano Augusti, suo compagno a Roma, che il primo fatto che poteva ricordare della sua infanzia era un giorno di "intenso amore", in cui si era donato completamente e per sempre a Dio.
Un'analisi grafologica condotta su autografi giovanili di Stanislao lo descrive come "sensibile, affettuoso, intelligente sopra la media, tendenzialmente ambizioso, dotato di forte senso critico, fortemente attirato dall'altro sesso, deciso, incline all'indipendenza, espansivo ma incline a dominare sugli altri".
Già nei primi mesi del soggiorno viennese Stanislao conobbe e chiese di essere ammesso alla "Congregazione Mariana", che era in quel luogo intitolata a S.Barbara. Si impegnò in quello che era il cammino spirituale proposto: vivere intensamente lo spirito del Vangelo, esserne testimoni nel proprio ambiente di vita e di lavoro, coltivare in modo speciale la devozione alla Vergine Maria. Tutto questo si accordava perfettamente alle aspettative spirituali di Stanislao, ed effettivamente l'appartenere alla Congregazione Mariana si rivelò per lui di grande aiuto.
Dava molto spazio alla preghiera, partecipava intensamente alla Messa o ai Vespri che si celebravano nello stesso Collegio. I suoi compagni testimoniarono di averlo sorpreso più di una volta come in estasi, rapito dai sensi, trasfigurato. Anche se cercava di evitare che questo gli accadesse dove altri potevano vederlo. Anche Giovanni Bilinski, che viveva con i fratelli Kostka a Vienna, testimoniò che a volte Stanislao era trovato nella chiesa di Am Hof "quasi esanime e sollevato da terra".
A Vienna Stanislao fece pure l'esperienza degli Esercizi Spirituali, seguendo il celebre libretto di S.Ignazio. Ne uscì consolidata la sua scelta per la vita religiosa, e avendone sperimentato l'efficacia profonda li raccomandò a un altro giovane polacco di nome Adriano, che poi così riferì la cosa: "Avendomi parlato di alcune cose degli Esercizi Spirituali e quanto gli altri ne ricavassero di utilità, aggiunse che se io volevo dedicar loro pochi giorni, ne avrei riportato un frutto non mediocre".

La difficile convivenza con il fratello Paolo

Gli studi comprendevano, secondo l'uso della Compagnia di Gesù, "Grammatica", "Umanità" e "Retorica". A Vienna si rivelò però problematica la convivenza con il fratello Paolo, molto diverso da lui come carattere e tenore di vita. Laurenz Pacifici, compagno di studi di Stanislao a Vienna e poi sacerdote a Venezia, testimoniò che il fratello Paolo era "di carattere indipendente e orgoglioso, amava molto l'eleganza, il lusso, la mondanità".
Le cose peggiorarono quando, essendo morto l'imperatore Ferdinando I, il successore Massimiliano II pretese dai gesuiti la restituzione dell'immobile dove era ospitato il Convitto S.Barbara. Così i fratelli Kostka dovettero cercarsi un appartamento in affitto, e questo mise Stanislao ancor più in balia del temperamento instabile e prepotente del fratello Paolo.
Questi da parte sua era invece ben contento del cambiamento, che gli permise di condurre una vita sempre più mondana, frequentando balli e teatri, corteggiando dame, andando a caccia. Paolo iniziò a vessare il fratello minore Stanislao proprio perché questi continuava il tenore di vita spirituale come nel Collegio.
Derisione e rimproveri si fecero quotidiani, anche perché Paolo vedeva nell'atteggiamento di Stanislao un rimprovero continuo nei suoi confronti, specie quando, le volte che Stanislao era obbligato da lui a partecipare a qualche cena o ballo dove si tenevano discorsi immorali, se ne restava in silenzio senza alcuna partecipazione attiva. E allora più di una volta Paolo - anche spalleggiato da qualche amico - passò oltre le parole e si arrivò alle percosse, ma niente di tutto questo riusciva a smuovere l'altrettanto risoluto Stanislao dai suoi propositi. Tutto questo è stato testimoniato dallo stesso Paolo quando - ormai pentito - fece la sua deposizione al processo canonico.

L'intervento del soprannaturale

Nel dicembre del 1566 Stanislao si ammalò e fu costretto a letto per vari giorni, tanto da far preoccupare il fratello Paolo e il precettore, che erano pur sempre responsabili di lui nei confronti del padre. Qui si collocano i due celebri episodi che sono stati fatti oggetto - insieme all'apparizione della Vergine in punto di morte - di tante raffigurazioni pittoriche su S.Stanislao Kostka.
Il primo è il celebre episodio della Comunione che Stanislao ricevette prodigiosamente dalle mani di S.Barbara. Stanislao aveva implorato che si facesse chiamare un sacerdote per poter ricevere la Comunione, ma gli fu negato, anche per l'opposizione drastica del padrone dell'appartamento che era luterano.
Una notte il precettore Bilinski lo vegliava, ed ecco che si sente afferrare per un braccio da Stanislao che esclama: "Si inginocchi, Giovanni!" E subito il malato uscì dal letto e si pose in ginocchio sul tappeto. "Si inginocchi - continuò Stanislao - perché è venuta Santa Barbara con due Angeli che mi portano la Comunione". Poi Bilinski vide Stanislao pronunciare per tre volte "Signore, non sono degno", e aprire le labbra come per ricevere la Comunione. Quindi Stanislao tornò sotto le coperte. Giovanni Bilinski testimoniò poi che Stanislao non gli parve affatto in preda a un delirio, ma che anzi si comportava con molto rispetto e padronanza di sé".
Il secondo episodio avvenne qualche giorno dopo. La malattia di Stanislao infatti peggiorava, al punto che sembrava lasciare poca speranza di guarigione. Giovanni Bilinski, stanco per tante notti passate al capezzale di Stanislao, incaricò il domestico Lorenzo di vegliarlo al posto suo. Ma quando all'alba entrò nella sua camera, vide Lorenzo addormentato e Stanislao seduto sul letto e tutto allegro, perché diceva di sentirsi perfettamente guarito.
Bilinski costatò che in effetti non aveva più febbre, ma gli proibì di alzarsi, mentre chiamava il medico. Ma dopo due visite, il medico quella sera stessa dovette ammettere che quel ragazzo che lui stesso aveva dato per spacciato, era veramente e senza alcuna spiegazione plausibile improvvisamente e completamente guarito!
La "spiegazione" la diede poi Stanislao al suo Padre Spirituale, il P.Giovanni Donius: gli parlò di una apparizione di Maria con Gesù Bambino che aveva avuto l'ultima notte della malattia. Raccontò a P.Donius che varie volte in passato aveva espresso alla Vergine il desiderio di vederla. E ora che la malattia sembrava essere fatale, era contento di poterla contemplare in Cielo. Ma la Vergine Maria gli fece comprendere che non era ancora venuta la sua ora, e gli apparve raggiante con il Bambino Gesù tra le braccia. Non solo, ma a un certo punto Maria porse a Stanislao il suo Bambino, che lo accolse stringendolo a sé. Infine Maria gli disse che voleva che lui entrasse nella Compagnia di Gesù.

La fuga e il viaggio a Roma

Terminati gli studi nel 1567, Stanislao volle concretizzare il suo proposito e chiese di essere ammesso nella Compagnia di Gesù. Il P.Provinciale gli disse che occorreva il permesso del padre, data la sua giovane età (17 anni). Ma Stanislao sapeva bene che le idee di suo padre nei suoi confronti erano altre, e prevedeva un netto rifiuto. Anzi, si rendeva conto che se solo avesse manifestato il suo proposito, senz'altro lo avrebbero ostacolato in ogni modo.
Così, ritenendo insuperabile l'opposizione della sua famiglia, decise di fuggire da Vienna, e a piedi si recò in Germania, prima ad Ausburg e poi a Dillingen, perché un gesuita portoghese, P.Francesco Antoni, gli suggerì di rivolgersi al tedesco P.Pietro Canisio, Provinciale della Germania settentrionale.
Certo non sarebbe stato un viaggio da poco: circa 600 chilometri... Stanislao si fece dare pure una lettera per il Generale dei gesuiti, P.Francesco Borgia, nel caso che avesse avuto un rifiuto anche dal P.Canisio. Così il 10 agosto, all'alba, disse al domestico Laurenz di non aspettarlo a pranzo perché aveva ricevuto un invito. Andò poi alla chiesa dei gesuiti partecipando alla Messa, e subito dopo iniziò la sua fuga da Vienna. Appena fuori città scambiò i suoi ricchi abiti con quelli di un mendicante, anche perché così sarebbe passato inosservato.
E la sera il fratello Paolo, non vedendolo rientrare, cominciò a preoccuparsi, ricordandosi anche di alcune frasi che Stanislao gli aveva detto recentemente, avvertendolo che se continuavano le vessazioni egli se ne sarebbe andato, e di questo egli sarebbe stato responsabile nei confronti del padre.
Quando poi venne trovata una lettera di Stanislao, in un vocabolario di latino, nella quale svelava i suoi progetti di fuga, Paolo e il precettore furono presi dal panico e alle prime luci dell'alba si lanciarono all'inseguimento del fuggitivo. Ma Stanislao era già lontano. Disse poi di aver visto la carrozza con suo fratello che lo cercava, ma dato il suo travestimento non era facile individuarlo, e del resto egli corse a nascondersi finché non vide tornare verso Vienna la carrozza del fratello, dopo il vano tentativo di riprenderlo...
Come Stanislao aveva previsto, non appena il padre fu informato della fuga di Stanislao, fu preso da ira per quanto era accaduto, e scrisse lettere minacciose ai gesuiti, a vescovi e cardinali dicendo che avrebbe fatto di tutto per far bandire i gesuiti dalla Polonia, e che quanto a suo figlio, lo avrebbe fatto ricondurre in patria ad ogni costo, anche legato mani e piedi.
Intanto Stanislao proseguiva la sua fuga, e dopo venti giorni giungeva a destinazione, e a Dillingen potè incontrare il P.Canisio. Questi, dopo aver conosciuto Stanislao e averlo trattenuto con sé per un periodo di tempo, ne rimase profondamente colpito e convinto della sua vocazione.
Anche da Vienna i gesuiti mandarono una lettera a Roma spiegando quando era avvenuto. Il P.Wolfgang Perringer così concludeva: "Crediamo però che tutto sia accaduto per consiglio di Dio, che così voleva liberare questo giovane. Certo egli ha mostrato una tale costanza che è apparso mosso non da ardore infantile ma da ispirazione celeste".
Così insieme a due compagni, Stanislao venne inviato a Roma, anche per allontanarlo dalle ire del padre. Attraversando a piedi le Alpi e gli Appennini, dopo un viaggio di circa 1.500 chilometri, giunse al noviziato romano. Portava con sé una lettera del P.Canisio che tra l'altro scriveva: "Stanislao, nobile polacco, giovane retto e pieno di zelo... Venuto a noi desideroso di sciogliere un antico voto... fu provato per un po' di tempo nel collegio dei convittori di Dillingen e si mostrò sempre esatto nel proprio dovere e saldo nella vocazione... grandi cose speriamo da lui."

La vita nel Noviziato della Compagnia di Gesù

Il 25 ottobre i tre pellegrini giunsero infine a Roma, e come si può ben capire le fatiche del lungo viaggio erano evidenti. Per tre giorni furono fatti riposare e furono affidati alle cure del novizio Stefano Augusti, che poi testimoniò di aver trovato Stanislao "vestito assai poveramente, e a causa del lungo viaggio e della giovane età arrivò tanto stanco che fu necessario aver particolare cura di lui perché si rimettesse in forze prima dell'ingresso in Noviziato".
A Roma Stanislao poté incontrarsi col superiore generale P.Francesco Borgia, che anche lui a suo tempo aveva rinunciato ad un'alta posizione sociale per seguire Ignazio di Loyola nella Compagnia di Gesù. Era stato infatti duca di Gandia, governatore della Catalogna e ministro dell'imperatore Carlo V.
Stanislao iniziò il noviziato il 28 ottobre 1567, insieme a 70 altri novizi, nella casa attigua alla chiesa del Gesù, ma dopo tre mesi il noviziato venne trasferito presso la chiesa di S.Andrea al Quirinale. Suo Maestro dei novizi fu prima il P.Alfonso Ruiz e poi P.Giulio Fazio.
Come già aveva dimostrato nella sua vita da studente, Stanislao manifestò anche in noviziato un'intelligenza perspicace e una decisa volontà. Si distingueva per la sua fede eucaristica, e mostrava una venerazione particolare per la Vergine Maria, che chiamava sempre: "La mia Madre". Durante il noviziato fece i voti religiosi di povertà, castità e obbedienza.
Come tutti i novizi Stanislao fece gli Esercizi Spirituali di un mese, ed ebbe come compagno Claudio Acquaviva, futuro Generale dei gesuiti, il quale per incarico del maestro dei novizi assisteva Stanislao esponendogli i vari punti di meditazione, tratti dal celebre metodo di Ignazio di Loyola: l'appello del Re eterno, la vita di Gesù come appare nei Vangeli, con i misteri della sua nascita, morte e risurrezione. Poi alla fine la "contemplazione per raggiungere l'Amore".
Lo stesso Acquaviva fu suo compagno negli umili lavori che si facevano svolgere ai novizi in cucina, compreso il trasporto della legna, e poté testimoniare come Stanislao svolgesse anche in quest'ambito i suoi compiti con esattezza, senza voler mai mettersi in mostra o strafare...
Ogni tanto si chiedeva ai novizi di illustrare ai compagni qualche argomento di carattere ascetico, e Stanislao parlò un giorno della figura del missionario. Già allora la Compagnia di Gesù aveva inviato per il mondo tanti dei suoi membri, tra cui il grande Francesco Saverio, che è stato proclamato poi Patrono delle Missioni. Ed ecco come Stanislao descrisse il "bagaglio" spirituale del missionario: "Ottime scarpe di mortificazione, un ampio mantello di amor di Dio e del prossimo, un cappello di pazienza a difesa delle avversità..." Tra quelli che lo ascoltavano c'era il futuro martire per la fede Rodolfo Acquaviva.
Arrivò un giorno a Stanislao una lettera minacciosa del padre, che lo qualificava come la vergogna della famiglia Kostka, ma Stanislao restava fermo nel suo proposito. Scrisse una lettera di risposta al padre, dicendogli che se avesse compreso quel che Dio gli aveva fatto, non avrebbe mai pensato a riportarlo in Polonia.
Nei primi giorni di agosto 1568 venne in noviziato Pietro Canisio, per tenere una conferenza spirituale, e in quest'occasione Stanislao confidò di essere convinto che quello era il suo ultimo mese di vita. E effettivamente il 10 agosto, festa di S.Lorenzo martire, si manifestarono i primi sintomi della malattia che lo avrebbe condotto precocemente alla morte.
Lo assalì una febbre molto alta, che aveva fasi alterne, probabilmente malaria, e fu trasferito nell'infermeria del noviziato. Accettò ogni sofferenza con serenità e fermezza dicendo: "Se così piace a Dio, che non mi alzi più da questo letto, sia fatta la sua volontà!".
Venne curato così come lo permetteva la medicina del tempo, e come medico ebbe anche il P.Agostino Marzino, che si era laureato a Padova prima di farsi gesuita. Intervenne un insperato miglioramento, che fece dire all'infermiere che "ci sarebbe voluto un miracolo per morire piuttosto che per guarire completamente".
Ma Stanislao ripeté a questo punto che quello era il suo ultimo giorno sulla terra... Difatti le sue condizioni peggiorarono rapidamente. Supplicò i compagni che lo stendessero per terra, e insistette tanto che dovettero accontentarlo e lo deposero con il suo pagliericcio sul pavimento.
A un certo punto gli occhi di Stanislao si illuminarono, e al maestro dei novizi, che si chinò su di lui, disse che aveva visto la Vergine Maria che veniva verso di lui per accoglierlo in Cielo. Poco dopo spirò. Erano le prime ore del 15 agosto 1568, festa dell'Assunzione di Maria.

Beatificazione e Canonizzazione

Molto presto si diffuse la fama di santità di Stanislao, e numerosi erano i romani che venivano alla tomba del giovane novizio polacco per chiedere la sua intercessione. Un suo compagno di noviziato, Stanislao Warszewicki, anch'egli polacco, espresse il suo dolore dicendo: "La Compagnia di Gesù ha perso una delle colonne nei paesi del nord Europa". Lo stesso Warszewicki, cui spesso Stanislao confidava il suo stato d'animo, ne scrisse poi una breve biografia, che è anche una testimonianza molto apprezzata.
Molti miracoli furono attribuiti all'intercessione di Stanislao, e crescendo il culto si moltiplicarono le biografie, in molte lingue, compreso il tamil e il cinese. Iniziò il fiorire di quadri, immagini e statue, in suo onore furono innalzate molte chiese e col suo nome battezzati un gran numero di bambini. Un culto popolare che si estese oltre ogni aspettativa.
La beatificazione di Stanislao fu decretata dal papa Clemente VIII, nel 1604. Fu poi proclamato Santo da papa Benedetto XIII nel 1726, mentre rapidamente il culto nei suoi confronti cresceva nella Chiesa Universale.
Il corpo di S.Stanislao era stato sepolto nella chiesa da poco costruita accanto al noviziato, S.Andrea al Quirinale, che poi venne riedificata su disegno di Giovanni Lorenzo Benini. Ma nel 1788 il corpo di S.Stanislao fu portato prima a Gratz, in Austria, poi a Vienna e per un certo periodo anche ad Agran, in Ungheria. Nel 1804 venne riportato definitivamente a Roma, sempre a S.Andrea al Quirinale. L'altare di S.Stanislao si trova in una cappella a sinistra dell'altare maggiore, dove è posto un grande quadro di Carlo Maratta, che raffigura la Madonna con Gesù Bambino, come apparve a S.Stanislao durante il suo soggiorno viennese.


Autore:
Padre Giovanni Martinetti

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Aggiunto/modificato il 2010-08-15

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