Martirologio Romano: Vicino a Rameru nel territorio di Troyes in Francia, santa Tanca, vergine e martire, che, come si tramanda, affrontò una morte gloriosa per difendere la sua verginità .
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Santa Tanca era figlia di genitori giunti in Gallia per sfuggire ad una persecuzione. Si erano stabiliti a St-Ouen, oggi nel dipartimento francese della Marna), non lontano da Arcis-sur-Aube. Mentre Tanca si stava recando ad una festa organizzata dal suo padrino, sarebbe stata fatta oggetto di proposte offensive da parte del servitore che l’accompagnava. Questi, dopo aver tentato di farle violenza, la uccise. Imitando il gesto che viene attribuito ad altro martiri, Tanca sarebbe ritornata con le sue gambe al villaggio di Lhuitre, dove poi ricevette sepoltura. Questo villaggio è sempre stato centro di un pellegrinaggio popolare. Per un gioco di parole basato sul suo nome (Tanche-étanche, cioè stagnato), la santa veniva invocata contro le emorragie e anche contro l’incontinenza urinaria dei fanciulli, male benigno assai diffuso e fastidioso. Il capo della santa era conservato nel monastero di Nostre-Dame-de-Nonnains a Troyes ed alcune reliquie erano custodite nella cattedrale di Angers e nella chiesa di Dampierre. Il Martirologio Romano commemora Santa Tanca al 10 ottobre.
Non è questa l’unica fanciulla morta in difesa della propria purezza: appena lo scorso 2 novembre Papa Francesco ha riconosciuto il martirio di Benigna Cardoso da Silva, adolescente brasiliana. Nel corso dei secoli non poche ragazze hanno preferito la morte piuttosto che vedere crudelmente violata la loro verginità, eroine della castità quali le sante Agnese, Emerenziana, Rosa Chen Aixie, Teresa Chen Jinxie e santa Maria Goretti, nonché le beate Carolina Kozka, Antonia Mesina, Pierina Morosini, Albertina Berkenbrock, Maria Clementina Alfonsina Anuarite Nengapeta, Lindalva Justo de Oliveira, Maria Tuci, Anna Kolesárová e Veronia Antal.
«La pienezza della vita sta nella verginità e nella morte». Così scriveva Andrea Mandelli, giovane nativo di Lucca, all’amica Angela, e poi nella sua ultima lettera. Ma cos’hanno in comune la verginità e la morte? E soprattutto: cosa c’entrano con la pienezza? La verginità e la morte sembrano apparentemente cose vuote, sono l’io che si sveste della sua presunzione di potersi riempire da solo; sono quindi il massimo della disponibilità che possiamo donare a Dio, perché solo un vaso vuoto può diventare pieno. Il cammino paradossale, dunque, è quello di svuotarci di tutto ciò che è egoisticamente nostro e lasciare che il Signore riempia con un contenuto più adeguato alla vera felicità il nostro spazio di vita.
Autore: Don Fabio Arduino
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