Note storiche
Il Beato Martino Ansa - o Beato Martino da Pegli, dal luogo della sua penitenza santificatrice - nacque a Rimini (secondo alcuni storici nacque invece nella Marca di Ancona). L'anno della sua nascita è incerto. Fu uomo brillante d'armi e, in un momento d'ira uccise con la spada un cavaliere suo amico. Fuggì allora disperato e vagò per le campagne sino a che giunse a Genova. Fu accolto nel Convento benedettino di Capo Faro ove si distinse per la sua grande umiltà e carità. Poi, per espiare maggiormente la sua colpa, divenne eremita ed alloggiò nella grotta di massi di roccia della Baia di Castelluccio in Pegli. Fu celebre per la carità usata soprattutto verso i viandanti. Morì in Genova, il giovedì dopo Pasqua dell'anno 1344, nel Convento benedettino che lo aveva accolto penitente. Per la carità e l'abilità dimostrata nell'aggiustare gli abiti dei pellegrini che accoglieva nella sua grotta, fu nominato Patrono dei Sarti Liguri. Attualmente le sue Reliquie sono venerate nella Chiesa Parrocchiale di Sant'Antonio Abate in Pegli, che sorge proprio sopra la grotta che aveva abitato durante la sua vita eremitica. Il giovedì dopo Pasqua si celebra una festa popolare, mentre nel Calendario genovese del cardinale Durazzo (1640) la sua memoria liturgica ricorre l’8 aprile. Si ritiene che sia la data (8 aprile 1344) della prima traslazione delle spoglie nella chiesa di s. Benigno.
LA SUA VITA (in versi) : "Sosta, fratello, sei stanco! Fà ch'io ti disseti, ch'io ti lavi i tuoi piedi, e le tue vesti riassetti...." Con quest'invito pietoso, Martino, il Beato di Pegli, i viandanti affranti accoglieva e i pellegrini che a piedi, dalla terra di Spagna o di francia, lungo l'Aurelia a Roma andavan o a Loreto... E il torrente Laviosa a Lui era amico per il soccorso cristiano, e l'umile sua grotta piena era di erbe e di frutti per donare all'affranto fratello. Nulla teneva per sè se non il cilicio e gli avanzi degli altri. Tanto aveva peccato, contro la vita, nello spegnere una vita, sulle rive dell'Adriatico mare, che più nulla in sè stimava, più nulla in sè amava, che penitenza non fosse A Pegli giunse, e nella baia del forte di Castelluccio una piccola conca trovò tra due rocce marine. In essa sostò per pregare in ginocchio, in continuazione ritmica col flusso del mare. Quant'anni rimase così in penitenza dura, in preghiera ardente? Fermo come gli scogli, pregando, espiando, chiedendo perdono e pietà. Quanti fratelli accolse medicando ferite di anima e di corpo? Quanti vestiti laceri rattoppò, ricucì e lavò? Anche naufraghi di mare in Martino trovaron salvezza. E il giorno venne che in luce d'amore, Gesù l'avvertì dell'imminente trapasso. Martino raccolse gli strumenti di sua espiazione E di sua preghiera, poi, sorridendo, a piedi guardando le cose con occhi nuovi, a Genova andò, per ricevere dal suo superiore, licenza ed estrema assoluzione. Quindi si spense sereno: ed una bianca tortora gli si posò sul cuore. Passarono gli anni, passarono i secoli E il ricordo del peccatore penitente, divenuto santo, si affievolì alquanto, ma per ineffabile, divina permissione, sul luogo del suo martirio, sorsero un ospedale e una chiesa: sofferenza e preghiera, preghiera e sofferenza, i cardini sicuri, che salvaron Martino, che salvano il mondo. Ermelinda Vannini
PREGHIERA AL BEATO MARTINO O glorioso e Beato Martino, che durante la vostra vita dedicata alla carità, e più ancora dopo il vostro sereno transito, otteneste ai vostri devoti grazie innumerevoli e operaste guarigioni di ogni sorta, rivolgete benevolo il vostro sguardo sopra tutti coloro che si affidano con tutto il loro cuore al vostro patrocinio per ottenere la salute dell'anima e del corpo. O martire di carità, fate che ricorrendo fiduciosi alla vostra valida protezione non abbiamo a restare delusi nelle nostre speranze, ma veniamo da Dio sollevati nei bisogni che rendono tribolata la nostra vita.
Autore: Padre Claudio Traverso
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