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Beato Giovanni da Tufara Eremita

14 novembre

Tufara, 1084 - 14 novembre 1170

Martirologio Romano: Nel cenobio di Santa Maria di Gualdo Mazocca vicino a Campobasso, beato Giovanni da Tufara, eremita.


Nacque a Tufara nel 1084 da Mainardo e Maria. Sin dalla fanciullezza, benchè visse in ambiente indifferente e quasi ostile, sentì i richiami del cristianesimo autentico e diede alla sua vita un indirizzo deciso. Amava praticare l’ufficio del sacrestano nella chiesa dei santi Pietro e Paolo e questo irritò i genitori e contribuì a diffondere pettegolezzi e maldicenze. I più invidiosi riferirono che Giovanni elargiva elemosine e donazione di cibo ai poveri del paese. I genitori informati dell’accaduto, un giorno decisero di smascherarlo mentre portava un cesto con i viveri ai poveri. Giovanni senza remore non esitò a obbedire e i genitori restarono esterrefatti nel costatare che quella cesta conteneva rose e fiori. Un segno che il Signore accordava al suo umile servo.
Accortosi di essere di peso alla famiglia, Giovanni decise di abbandonare la casa e fuggire dal paese per seguire la strada che il Signore gli avrebbe indicato
Appena diciottenne, mosso dal desiderio di approfondire la sua formazione filosofica e teologica, si recò a Parigi.
Un’accreditata testimonianza afferma che Giovanni da Tufara si incontrò in S. Firmiano con il conterraneo e compagno di giovinezza, beato Stefano Corumano di Riccia.
A Parigi, la vita mondana della città, il mondo di dotti e filosofi non rispondevano alle aspettative del beato Giovanni. Lui amava la solitudine perfetta, la contemplazione e il silenzio necessario per ascoltare la Parola di Dio. Decise di ritornare in Italia, a Tufara suo paesello, da dove avrebbe preso le mosse per appagare la sua sete di spiritualità.
Vendette tutto e distribuì ai poveri il ricavato. Abbandonò la sua casa e percorrendo per l’ultima volta le strade della sua Tufara varcò la porta del castello per dare l’ultimo addio a tutto ciò che lo legava al suo paese. Incontrò un povero completamente nudo, con le mani protese verso di lui. Giovanni lo fissò attentamente, poi osservò se stesso e, preso da vergogna di ritrovarsi più ricco di quel poveretto, prese lo straccio di vestito che aveva addosso e rivestì il povero. Completamente nudo, a passi maestosi, s’inoltrò verso le montagne boscose dove condusse vita solitaria e austera in tuguri e grotte. Preso dall’amore di Dio, rinnegò se stesso, prese la sua croce, assoggettò il corpo allo Spirito, digiunò, a volte, per l’intera settimana. Le sue giornate erano scandite dalla preghiera, dalla meditazione, dalla contemplazione, dalla lettura della Parola di Dio e dalla penitenza.
Trascorse la maggior parte della sua vita nelle grotte di Baselice nel beneventano. Molti uomini, attratti dal suo esempio e desiderosi di condurre una vita di contemplazione e di preghiera chiesero di unirsi a lui. Giovanni visto il fervore e la sincerità di questi uomini, diede origine ad una forma di vita comunitaria.
Nel 1156 diede il via per la costruzione del monastero in "Gualdo Mazzocca" a Foiano (BN). Divenne un’abbazia da dove partirono i principi attivi del monachesimo in favore degli emarginati e degli oppressi della società feudale, offrendo non solo contemplazione e preghiera, ma sostegno e aiuto concreto.
Nell’anno 1179, il 14 novembre, all’età di ottantasei anni, Giovanni da Tufara, colpito da forte febbre e spossato nella sua fibra pur resistente, alle ore nove morì. Le ultime parole furono di pace e di amore. I frati seppellirono in occulto il corpo del beato fondatore, timorosi che fosse trafugato, in una località sconosciuta del bosco.


Il beato Giovanni eremita è stato un uomo di Dio, che si potrebbe definire "folle e saggio" . Folle, per essersi innamorato pazzamente di Dio, saggio, per aver fatto la scelta giusta. Dio l’ha amato e ha operato innumerevoli miracoli per mezzo di lui, risuscitando morti e guarendo infermi. Numerosissime persone lo hanno cercato e si sono recate da lui mentre era vivo e dopo la morte, attraverso i secoli, sono stati toccati da Dio e si sono trasformati in veri seguaci di Cristo.
I monaci vicini al beato Giovanni eremita e il popolo della valle del Fortore, più volte hanno chiesto al Papa di ascrivere l’eremita di Tufara, nel catalogo dei santi. Il Papa Onorio III, con la bolla del 3 giugno 1218, diretta ai vescovi di Dragonara e di Lucera, chiedeva loro di fare ricerche accurate sulla vita e sui miracoli dell’eremita e di comunicargli l’esito delle indagini, per prendere, con l’aiuto della grazia divina, le debite decisioni.
Nell’anno 1221, l’Arcivescovo di Benevento, Ruggiero, pregato dai monaci, mandò nel bosco Mazzocca, in vece sua il vescovo di Volturara e gli assegnò come collaboratori i vescovi di Dragonara e Montecorvino, conferendo loro l’incarico di collocare le ossa dell’eremita nell’altare da consacrare.
Il vescovo di Volturara, che era il più anziano, iniziò ad alta voce l’antifona: "Il Signore l’ha amato e l’ha adornato; quest’uomo ha compiuto cose mirabili nella sua vita con letizia e gaudio di tutti" , poi collocò sull’altare della chiesa del monastero il corpo dell’eremita. Questo avveniva nell’anno 1221, il giorno 28 del mese di agosto, nel terzo anno di pontificato di Onorio terzo, nel primo di Federico II, imperatore di Roma e di Sicilia.
Inutile narrare il giubilo e l’allegria del clero e del popolo di Tufara, che lasciando il paese deserto si recarono in processione nel bosco Mazzocca per partecipare alla gloria del loro concittadino.
I Vescovi diedero ai tufaresi, animati da grande devozione, il braccio destro del beato Giovanni eremita, che la sera del 28 agosto fu portato a Tufara in solenne processione. I tre vescovi presero con sè delle reliquie da portare nelle loro chiese ed alcune furono assegnate ai paesi circonvicini. Soddisfatta così la pietà comune, il resto del corpo chiuso in ricca e forte cassa, fu collocato nell’altare della chiesa. In seguito le ossa furono traslate nella chiesa di S. Bartolomeo in Galdo (BN) poco distante da Tufara e da Foiano.
Padre Antonio Casamassa ha fatto approfonditi studi. Da una nota del codice vaticano latino 5949 è riuscito a ricostruire la storia dell’abbazia di Gualdo Mazzocco e la vita del suo fondatore. Nell’anno 1625 il vescovo di Volturara inviava alla Sacra Congregazione dei riti una relazione sul culto e sulla venerazione che si attribuiva al beato. Nell’archivio della Sacra Congregazione fu trovato un documento che permetteva il culto del Beato e una copia di questo documento è stata, anni fa, consegnata proprio al padre Antonio Casamassa durante le sue ricerche e poi trasferita all’archivio parrocchiale di Foiano.


Autore:
Antonio Galuzzi

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Aggiunto/modificato il 2002-03-26

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