Di questo beato abate, tutti deplorano che non si sa molto, nessuno dei contemporanei si preoccupò di scrivere una biografia con le sue origini, che ci tramandasse le opere e gli atti del suo governo di abate. Governò dal 1195 al 1208, succedendo all’abate beato Benincasa, ma la successione non fu priva di contrasti, infatti nei primi tempi, parte della comunità elesse come abate Ruggero, ma poi la parte più comprensiva ed ubbidiente, prevalse e così verso la fine del 1194 si ricostituì la pace e la concordia con Pietro II come abate. Il suo governo capitò mentre nel regno di Napoli e di Sicilia, ai Normanni subentravano gli Svevi, della Casa degli Hohenstaufen; riuscì a conquistare la benevolenza dell’imperatore Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, che si dimostrò subito generoso verso l’abbazia, infatti con un diploma del settembre 1195, confermava al monastero, i beni posseduti ed i privilegi concessi dai suoi predecessori. Nel periodo dell’abate Pietro II, l’abbazia risentì dei turbamenti politici dell’Italia Meridionale, ebbe dannose vertenze con l’arcivescovo di Salerno e con il vescovo di Capaccio, ma subì anche vari soprusi da parte dei baroni vicini, che le fecero perdere non pochi possedimenti feudali e vari diritti di natura economica. Comunque nel 1201 si ebbe la fondazione dell’ospizio di Vietri sul Mare, che costituì con il suo approdo, una delle più utili dipendenze dell’abbazia madre. Dopo 13 anni di governo, Pietro II morì il 13 marzo 1208; ad evitare disordini, provvide egli stesso a designare il suo successore, il beato Balsamo (1208-1232). Il suo corpo fu deposto nella “Crypta Arsicia”, la grotta del primo eremitaggio del fondatore dell’abbazia della Trinità di Cava, s. Alferio; ora le reliquie riposano sotto uno degli altari della magnifica basilica abbaziale. Il 16 maggio 1928, papa Pio XI, confermò il culto immemorabile che gli veniva tributato. Egli è l’ottavo successore di s. Alferio e il nono fra gli undici santi e beati abati, che hanno santificato con la loro opera, la storica badia. La festa è rimasta sempre al 13 marzo, data della sua morte.
Autore: Antonio Borrelli
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