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> Home > Sezione Venerabili > Venerabile Giacomo da Balduina (Beniamino Filon) Condividi su Facebook Twitter

Venerabile Giacomo da Balduina (Beniamino Filon) Sacerdote cappuccino

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Balduina, Padova, 2 agosto 1900 - Lourdes, Francia, 21 luglio 1948

Beniamino Filon nacque a Balduina, frazione di Sant’Urbano (Padova), il 2 agosto 1900. Dopo i primi contatti con i Frati Minori Cappuccini, entrò nel loro Ordine: vestì il saio a Bassano del Grappa il 28 settembre 1922, cambiando nome in fra Giacomo da Balduina. Si offrì vittima a Dio per la santificazione dei sacerdoti: con quello spirito, accettò l’encefalite letargica, che lo colpì quando aveva venticinque anni. Ordinato sacerdote a Venezia il 21 luglio 1929, fu destinato a Capodistria e di lì a Udine, dove rimase dal 1931 al 1947, stimato come “confessore santo” da fedeli di ogni stato di vita e senza mai arrendersi alla malattia che lo tormentava. Devotissimo alla Madonna, si recò pellegrino a Loreto e a Lourdes: morì in quest’ultima località il 21 luglio 1948. La fase informativa diocesana del suo processo di beatificazione si è svolta nella diocesi di Udine dal 25 febbraio 1984 al 18 novembre 1989. Il 16 giugno 2017 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui padre Giacomo da Balduina, i cui resti mortali riposano presso il cimitero Langelle di Lourdes, poteva essere dichiarato Venerabile.



Nascita e famiglia
Nacque a Balduina, frazione di Sant’Urbano, in provincia e diocesi di Padova, il 2 agosto 1900, sesto degli otto figli di Giacomo Filon e Giuseppina Marin; fu battezzato con i nomi di Beniamino e Angelo.
Il padre era fattore nella sconfinata azienda agricola del barone Ugo Treves de’ Bonfili, residente a Padova. Qui il piccolo Beniamino crebbe libero e felice a ridosso dell’Adige, delizia e conforto dei genitori, dei numerosi fratelli e della comunità. Ebbe anche l’occasione di conoscere i Frati Minori Cappuccini, che arrivavano nella sua famiglia per la questua annuale.
Nel 1910 ricevette la Cresima a Piacenza d’Adige (Padova) e la Prima Comunione nel 1911 a Balduina. Dopo le prime tre classi nella scuola del paese natale, continuò le altre classi a Lendinara nel Polesine, dove ritrovò i padri Cappuccini: prese a frequentare il loro convento e la loro chiesa, poco distanti dal centro cittadino, maturando così la vocazione a far parte del loro Ordine.

Vocazione tra i Cappuccini
Entrò quindi nel Seminario dei Cappuccini a Rovigo, ma nel 1918 dovette interrompere gli studi per compiere il servizio militare a Milano, restando impegnato per la Patria per circa quattro anni. Al suo congedo, riprese la strada della vocazione religiosa.
Il 28 settembre 1922 a Bassano del Grappa, vestì l’abito francescano, iniziando il noviziato con il nome di fra Giacomo da Balduina. Ripresi con nuovo vigore gli studi liceali a Thiene (Vicenza), il 3 luglio 1924 fu trasferito a Venezia - SS. Redentore, nel grande convento della Giudecca per studiare teologia. I suoi insegnanti erano molto soddisfatti di lui, che aveva venticinque anni.

La comparsa dell’encefalite letargica
Tuttavia, di lì a poco si manifestarono i sintomi dell’encefalite epidemica o letargica, contratta probabilmente durante il servizio militare. Questa malattia colpisce di solito i giovani: è un processo infiammatorio dell’intero cervello, specie del sistema frontale, che interessa l’attività motoria, verbale e ideativa.
Il corpo di fra Giacomo cadde in un’astenia generale: incapace di muoversi ed esprimersi come tutti i suoi coetanei, camminava a piccoli passi, parlava farfugliando, peggiorando nei giorni di maltempo. Tuttavia, rimanevano integre le facoltà di comprensione, di pensiero e di giudizio, cioè quelle di intendere e di volere.

Sacerdote e “confessore santo” a Udine
Pur dovendo reprimere la ribellione che provava, il giovane frate accettò la volontà di Dio. Con la forza della volontà, raggiunse prima la professione religiosa nei Cappuccini l’8 dicembre 1926 e poi la meta dell’ordinazione sacerdotale, avvenuta il 21 luglio 1929 a Venezia. Celebrò la Prima Messa quindici giorni dopo nel suo paese natale, accolto da tutti gli abitanti di Balduina e dallo stesso barone Ugo Treves de’ Bonfili, che prestò la propria automobile.
Sempre in preda alla malattia, che non lo lasciò più, padre Giacomo dimorò per quindici mesi a Capodistria in Slovenia, per prepararsi al ministero della confessione. Nel 1931 fu destinato a Udine, dove restò per 16 anni, fino alla morte. Si guadagnò presto la fama di “confessore santo”: ogni giorno accorrevano da lui fedeli laici e sacerdoti, non solo da Udine, ma anche dai paesi vicini.

Il parere di un esperto
Il 29 settembre 1932, uno specialista dell’encefalite letargica visitò padre Giacomo. Il suo fu un referto mortale: «La diagnosi è infausta, perché la malattia peggiorerà progressivamente e fatalmente, mettendo il paziente fuori combattimento fra qualche anno». Prescrisse l’unica medicina che poteva portargli qualche sollievo, la scopolamina.
Grazie a questo medicinale, contrariamente alla previsione dell’illustre clinico, padre Giacomo Filon visse per molti anni ancora, dedito completamente al ministero delle Confessioni. Dopo la celebrazione della S. Messa mattutina all’altare della Vergine di Lourdes, si collocava sempre nel confessionale del coretto, dove non giungeva mai un raggio di sole, nemmeno in estate e in pieno freddo invernale, che a Udine non scherza.

«Non posso attendermi nulla di meglio»
A detta di chi lo conobbe, era sempre sereno, semplice, nonostante la grave malattia, sorridente con tutti, molto buono; adempiva il suo ministero con zelo mirabile, senza risparmiarsi le poche energie. Negli ultimi anni, a causa dell’aggravarsi del suo stato di salute, gli fu concesso di accogliere i penitenti nella sua cella, più calda e situata al piano di sopra.
Confidò a un seminarista che, come lui, si reggeva in piedi con le stampelle: «Io invece, non posso attendermi nulla di meglio. Mi sono offerto vittima a Dio per la santificazione dei sacerdoti. Dio ha accettato l’offerta e ha disposto che l’encefalite letargica fosse lo strumento più adatto al raggiungimento del mio ideale».

A Lourdes per l’ultimo viaggio
Molto devoto della Madonna, si recò in pellegrinaggio nel 1941 e 1946 a Loreto. Nel 1948, invece, andò in treno a Lourdes: arrivò verso le 16 del 21 luglio 1948, dopo 35 ore di viaggio. In preda alla febbre, venne subito trasportato all’ «Asyle», uno dei primi luoghi di accoglienza sanitaria sorti intorno al complesso della Grotta della Vergine.
Il medico di guardia diagnosticò uno stress da viaggio, ma con il passare delle ore il respiro di padre Giacomo diventò ansimante e affannoso. Perse conoscenza, ma più tardi aprì gli occhi e, con voce flebile, prese ad intonare il Magnificat.
Verso le 23 entrò in agonia: il cappellano dell’Unitalsi di Trieste accorse e gli ammministrò l’Unzione degli infermi. Alcuni istanti dopo, padre Giacomo rese la sua anima a Dio, nella città di Maria.
Venne sepolto nel cimitero Langelle di Lourdes, non lontano dalla Grotta benedetta. Dopo una riesumazione avvenuta il 9 giugno 1997, i suoi resti mortali sono stati ricollocati nello stesso cimitero francese, in una tomba continuamente visitata da molti pellegrini, soprattutto veneti.

La causa di beatificazione
Il processo di beatificazione di padre Giacomo da Balduina è iniziato il 25 febbraio 1984 presso la diocesi di Udine, ottenuto il nulla osta il 15 ottobre 1982. L’ultima sessione del processo cognizionale si è svolta il 18 novembre 1989; gli atti sono stati convalidati col decreto dell’11 marzo 1994.
La sua “Positio super virtutibus”, consegnata il 21 luglio 2001, è stata esaminata positivamente dai consultori teologi e dai cardinali e vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi. Infine, il 16 giugno 2017, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui padre Giacomo poteva essere dichiarato Venerabile.

Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini
 




C’è un cappuccino italiano, da quasi 70 anni tenuto in ostaggio a Lourdes, del cui rientro in patria neppure si può parlare. È il caso singolare di Padre Giacomo da Balduina, di cui presto si dovrebbe celebrare la beatificazione, perché seppur dichiarato venerabile soltanto lo scorso giugno, già c’è un miracolo debitamente accertato e attribuito alla sua intercessione.
Beniamino Filon nasce a Balduina, sulle sponde dell’Adige e in provincia di Padova, il 2 agosto 1900; a 17 anni entra nel seminario dei Cappuccini di Rovigo e vi esce nel 1918 per il servizio militare, prestato per quattro anni a Milano, terminato il quale già il 28 settembre 1922, insieme al nuovo nome di fra Giacomo, veste l’abito francescano nel convento di Bassano del Grappa e riprendendo poi gli studi verso il sacerdozio.
Fin qui nulla di speciale, se non fosse che su questa storia di ordinaria vocazione si affaccia lo spettro della malattia, diagnosticata nel 1925 come encefalite letargica, contratta molto probabilmente durante il servizio militare. Si tratta di un’infiammazione del cervello, specie del sistema frontale, che interessa l’attività motoria, verbale e ideativa.
Fra Giacomo, incapace di rispondere agli stimoli della giovinezza e del vigore precedente ed estremamente debole, lamenta una progressiva mancanza di forze; non può più muoversi ed esprimersi come i suoi coetanei, cammina a piccoli passi e parla farfugliando. In lui rimangono integre soltanto le facoltà di comprensione, di pensiero e di giudizio, cioè quelle di intendere e di volere. E sono precisamente queste a consentirgli di proseguire i suoi studi e di accedere comunque all’ordinazione, avvenuta a Venezia il 21 luglio 1929.
Non si può certo pretendere che fra Giacomo si rassegni più facilmente di altri, per il semplice fatto che è religioso ed anche prete, al suo decadimento fisico. Deve infatti controllare, come chiunque altro, i moti di ribellione interna e le ricorrenti fasi di depressione e malinconia, peraltro insite nella sua malattia; casomai, la fede lo aiuta ad emergere e ad impedirne il tracollo, affinando il suo carattere e conferendogli inedite sfumature di misericordia, tenerezza e comprensione.
In previsione che nient’altro possa fare che confessare, i superiori gli fanno frequentare un corso specifico in Slovenia e poi lo destinano al convento di Udine, dove si rinchiude nel confessionale a disposizione dei penitenti.
«La diagnosi è infausta, perché la malattia peggiorerà progressivamente e fatalmente, mettendo il paziente fuori combattimento fra qualche anno», sentenzia nel 1932 un indiscusso specialista. Sarà che anche i luminari si possono sbagliare o, più probabilmente, che il farmaco prescritto ritarda in modo insperato l’avanzare della malattia, fatto sta che egli continua, seppur dolorosamente, a confessare, sempre sereno, semplice, sorridente con tutti, molto buono, adempiendo il suo ministero con zelo ammirabile, senza risparmiarsi le poche energie.
Subito si sparge la voce che a Udine c’è il “confessore santo” e i penitenti aumentano, soprattutto i sacerdoti udinesi e del circondario. «Mi sono offerto vittima a Dio per la santificazione dei sacerdoti. Dio ha accettato l’offerta e ha disposto che questa malattia fosse lo strumento più adatto al raggiungimento del mio ideale», confida ad un seminarista.
La sua intensa devozione mariana lo porta in pellegrinaggio due volte a Loreto e nel 1948 anche a Lourdes: vi arriva nel pomeriggio del 21 luglio, stremato nel fisico, dopo 35 ore di viaggio in treno, in preda a febbre altissima per quello che sembra un più che giustificato stress da viaggio. Le sue condizioni peggiorano però in modo rapido con l’avvicinarsi della sera e spira prima di mezzanotte «canterellando il Magnificat».
Sepolto nel cimitero parrocchiale di Lourdes, in rue de Langelle, a poca distanza dalla Grotta, in modo inaspettato e sorprendente la sua tomba diventa una delle mete dei pellegrini, che vengono qui a depositare, insieme ai fiori, anche un’infinità di fogliettini arrotolati, con le loro richieste di preghiere, mentre il postino va regolarmente a portarvi quelle che arrivano per lettera da parte di chi proprio non può andarvi di persona.
La tomba che i frati gli hanno preparato nella cappella del loro convento a Udine sembra destinata a rimanere vuota, perché a Lourdes tutti si sono opposti fermamente alla sua traslazione: il frate invalido, morto là casualmente, è destinato a rimanervi per sempre, come in dolce e affettuoso ostaggio dei pellegrini della “città di Maria”.


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2018-02-13

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