Forlimpopoli, Forlì, V secolo
Un antico sermone del secolo XI ci dà alcune informazioni su Ruffillo, primo vescovo di Forlimpopoli. Il documento racconta che fra Forlimpopoli e Forlì, si annidava un mostruoso drago, che col solo fiato ammorbava l'aria, provocando la morte di diverse persone. Il vescovo Ruffillo esortò i fedeli della diocesi a fare digiuni e pregare, affinché la zona venisse liberata dal mostro, nel contempo invitò il vescovo di Forlì Mercuriale (anch'egli poi santo) a partecipare all'impresa. Si recarono ambedue alla tana del drago, qui gli strinsero attorno alla gola le loro stole e lo gettarono in un profondo pozzo, chiudendone l'imboccatura con un «memoriale» (un monumento o un'iscrizione). Questo episodio è raccontato anche nella «Vita» di san Mercuriale e in quella dei santi Grato e Marcello. Il dragone rappresentò il simbolo dell'idolatria ancora abbastanza diffusa, che vide il protovescovo di Forlimpopoli impegnato a debellarla insieme all'opera di altri santi vescovi della regione, suoi contemporanei. Si può fissare il periodo del suo episcopato nella prima metà del secolo V. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Forlimpopoli in Emilia, san Ruffillo, vescovo, che si ritiene abbia per primo governato questa Chiesa e condotto l’intera popolazione rurale a Cristo.
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Le notizie che si hanno del primo vescovo di Forlimpopoli (Forlì), san Rufillo, provengono da fonti letterarie tarde e di poca certezza, invece le testimonianze del suo culto in tutta l’Emilia Romagna, sono indice della sua esistenza e della venerazione ricevuta nei secoli. Le fonti medioevali citano ben tredici chiese a lui dedicate nella regione, una a Bologna, vicino al ponte San Rufillo, una a Casola Valsenio (diocesi di Imola), una a Vitignano di Meldola (Forlì), una a Ravenna, tre in diocesi di Faenza, tre in diocesi di Forlimpopoli, una a Firenze e infine la Basilica sepolcrale del santo (Collegiata di S. Rufillo) esistente nella città di Forlimpopoli, ma che al tempo della costruzione era situata fuori dalle mura cittadine. Recenti scavi hanno fatto datare l’abside al V secolo, mentre tutto il resto dell’antico edificio di culto, ebbe varie distruzioni, ricostruzioni e rifacimenti, fino all’attuale risalente al 1378; essa è l’unica basilica paleocristiana della città ed eminenti studiosi ritennero che fosse la primitiva cattedrale di Forlimpopoli. Verso il 971 la basilica fu ceduta ai Benedettini e divenne così un’abbazia, mentre la sede cattedrale fu trasferita ad altra chiesa, all’interno delle mura di difesa, probabilmente nella basilica rintracciata sotto le fondamenta della celebre Rocca del XIV secolo, oggi sede di un Museo Archeologico. Tutto questo per ribadire, che al di là delle incertezze agiografiche su s. Rufillo, l’esistenza di così vasto culto, fa di lui un santo molto venerato e quindi di santa vita e zelante opera apostolica fra la popolazione. Un antico sermone del sec.XI, recitato nel giorno della festa del santo, scritto in buon latino, ci dà alcune informazioni su s. Rufillo, dotato delle virtù proprie del vescovo. Il documento riporta la data della festa al 18 luglio e racconta l’episodio della vittoria sul drago; fra Forlimpopoli e Forlì distante 8 km, si annidava un mostruoso dragone, che col solo fiato ammorbava l’aria, provocando la morte di diverse persone. Il vescovo Rufillo esortò i fedeli della diocesi a fare digiuni e pregare, affinché la zona venisse liberata dal mostro pestifero, nel contempo invitò il vescovo di Forlì s. Mercuriale (30 aprile) a partecipare all’impresa. Si recarono ambedue alla tana del drago, qui gli strinsero attorno alla gola le loro stole e lo gettarono in un profondo pozzo, chiudendone l’imboccatura con un ‘memoriale’ (un monumento o un’iscrizione). Detto episodio è raccontato anche nella ‘Vita’ di s. Mercuriale e in quella dei santi Grato e Marcello; il dragone rappresentò il simbolo dell’idolatria ancora abbastanza diffusa, che vide per questo la lotta del protovescovo di Forlimpopoli impegnato a debellarla insieme all’opera di altri santi vescovi della regione, suoi contemporanei, come Mercuriale di Forlì, Leo di Montefeltro, Gaudenzio di Rimini e Geminiano di Modena. E con loro fu pure impegnato a contrastare l’eresia ariana, il cui centro propulsore era a Rimini; dai documenti che riguardano i suddetti vescovi e di s. Pietro Crisologo vescovo di Ravenna, anche lui suo contemporaneo, si può fissare il periodo del suo episcopato nella prima metà del secolo V. Morì secondo alcune fonti, novantenne a Forlimpopoli; nel 1362 dopo la distruzione della città da parte delle truppe favorevoli allo Stato Pontificio, comandate dal cardinale spagnolo Gil Alvarez Carrillo de Albornoz, le sue reliquie furono trasportate a Forlì nella Chiesa di S. Giacomo in Strada; da lì nel maggio 1964 esse ritornarono nella Basilica collegiale di Forlimpopoli.
Autore: Antonio Borrelli
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