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Beato Pio (Ludwik) Bartosik Sacerdote dei Frati Minori Conventuali, martire

12 dicembre

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Kokanin, Polonia, 21 agosto 1909 - Auschwitz, Polonia, 12 dicembre 1941

Ludwik Bartosik nacque il 21 agosto 1909 a Kokanin in Polonia, in una famiglia molto povera. Dopo gli studi liceali, fu accolto nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, dove, l’8 settembre 1927, professò i primi voti col nome di fra Pio. Fu ordinato sacerdote il 23 giugno 1935. Dopo la prima destinazione nel convento di Krosno, fu scelto da san Massimiliano Kolbe come suo collaboratore nelle opere stabilite nel convento di Niepokalanów. Il 19 settembre 1939, con una quarantina di altri confratelli compreso padre Kolbe, fu imprigionato dai tedeschi e passò all’incirca tre mesi nei campi di concentramento di Lamsdorf, Amtitz e Ostrzeszów. Una seconda volta venne arrestato il 17 febbraio 1941, nuovamente con padre Kolbe, padre Antonio Bajewski ed altri due frati. Anche lì, come nella precedente detenzione, sopportò con pazienza ogni tormento. Infine, il 4 aprile 1941, padre Pio fu deportato con padre Antonio nel campo di concentramento di Auschwitz. Malato e provato dalle percosse e dalle privazioni, morì il 12 dicembre 1941. È stato beatificato il 13 giugno 1999, insieme ad altri sei confratelli, inseriti nel più ampio gruppo di 108 martiri polacchi morti dal 1939 al 1945.

Martirologio Romano: Vicino a Cracovia in Polonia, beato Pio Bartosik, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali e martire, che, durante l’occupazione della Polonia da parte di un regime straniero ostile a Dio, prostrato dalle torture portò a termine il suo martirio per Cristo nel campo di sterminio di Auschwitz.


Con un papà, umile calzolaio, e una famiglia povera in canna, il piccolo Ludvik Bartosik ha davvero poche speranze di riscattarsi da un destino di miseria, che sembra eredità di famiglia. Sono alcuni conoscenti e, soprattutto, il parroco del paesetto polacco in cui è nato, a dare credito a quel ragazzo dall’intelligenza vivace che ha tanta voglia di studiare. Incredibile a dirsi, quella preparazione “casalinga” gli permette di accedere al ginnasio e di mettersi al pari degli altri più fortunati, che hanno alle spalle un regolare curriculum di studi.
A 17 anni viene accolto tra i Frati Minori Conventuali ed inizia il suo noviziato con il nuovo nome di fra Pio. A 26 anni è ordinato sacerdote e lo destinano subito al convento di Krosno, dove si fa ammirare per la sua devozione e per l’assiduità con cui si presta per le confessioni.
Anche padre Massimiliano Kolbe finisce per accorgersi di quel frate che prega tanto, ama la Madonna e dirige così bene le anime: così, appena un anno dopo l’ordinazione, lo vuole con sé nel convento di Niepokalanow.
Ha in serbo per lui molti incarichi di responsabilità e comincia subito col nominarlo redattore dei due mensili «Cavaliere dell’Immacolata» e «Piccolo Cavaliere dell’Immacolata» e del trimestrale in latino «Miles Immaculatae». Di lui i confratelli ricordano la premura, la straordinaria gentilezza, il profondo rispetto con cui tratta tutte le persone che gli vivono accanto.
Il 19 settembre 1939, insieme a padre Massimiliano Kolbe e ad una quarantina di altri confratelli, viene fatto prigioniero dai tedeschi e, anche se solo per tre mesi, conosce l’amarezza e la sofferenza dei campi di concentramento. «Fino ad ora abbiamo scritto e abbiamo detto agli altri come sopportare le sofferenze, ora tocca a noi superare tutto questo, altrimenti che valore avrebbero le nostre parole?», lo sentono commentare spesso, quando la fame si fa più sentire o quando il lavoro è più massacrante.
Poiché i frati, una volta liberati, continuano imperterriti la loro opera evangelizzatrice, il 17 febbraio 1941 viene arrestato una seconda volta, ancora con padre Kolbe e altri tre confratelli. Una tappa di un paio di mesi nelle prigioni di Varsavia e poi via verso il campo di sterminio di Auschwitz, dove arriva esaurito nel fisico, stremato nelle forze, con un’infezione cutanea e con una brutta ferita ad una gamba, tanto da dover esser ricoverato nell’ospedale del lager. Ma neppure qui riescono a tenerlo fermo, perché appena riesce a muoversi gira da un letto all’altro per curare, confortare e soprattutto confessare.
Destinato ai lavori forzati di costruzione e distrutto dalle fatiche, dalle botte e dalla fame, non si riesce a capire dove trovi la forza per mantenersi costantemente sereno e paziente, addirittura con la forza di consolare gli altri.
Le torture finiscono per schiantarlo nella notte tra il 12 e il 13 dicembre 1941, quando muore con la consolazione degli ultimi sacramenti che gli vengono amministrati da uno dei tanti sacerdoti prigionieri nel campo.
Dopo essere stato preceduto nella gloria degli altari da padre Kolbe, anche padre Pio Bartosik insieme ad altri sei confratelli è stato proclamato beato da Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999.

Autore: Gianpiero Pettiti

 


 

Ludwik Bartosik nacque il 21 agosto 1909 a Kokanin in Polonia, primogenito di Wojciech, calzolaio, e Wiktoria Tomczyk. La sua famiglia era alquanto povera, ma grazie a molti sforzi e con l’aiuto dei conoscenti e del parroco del luogo, il ragazzo ricevette una così buona preparazione intellettuale da poter iniziare gli studi presso il ginnasio inferiore “Tadeusz Kosciuszko” di Kalisz.
Nel 1926 venne dunque accolto nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, dove cominciò il noviziato il 7 settembre a Kalwaria Paclawska e poi a Pagiewniki. L’8 settembre 1927 emise i suoi primi voti religiosi e gli fu imposto il nome di fra Pio.
Proseguì gli studi nel seminario minore francescano, in un primo tempo a Sanok ed in seguito a Leopoli, giungendo finalmente nel 1931 al diploma di maturità. Intraprese poi gli studi filosofici e teologici nel seminario maggiore francescano di Cracovia, in cui ricevette l’ordinazione presbiterale il 23 giugno 1935 per mano del vescovo monsignor Stanislaw Rospond.
Come prima destinazione fu inviato al convento di Krosno, ove si distinse sempre per la sua devozione e soprattutto per l’assiduità nel ministero di confessore.
Nell’agosto 1936 fu trasferito a Niepokalanów, su richiesta esplicita del futuro san Massimiliano Kolbe, allora appena eletto guardiano di tale convento. Notando in padre Pio parecchie qualità sia spirituali che intellettuali, il Kolbe non esitò ad affidargli alcuni incarichi di responsabilità, in particolare come redattore delle riviste «Cavaliere dell’Immacolata», «Piccolo Cavaliere dell’Immacolata» e «Miles Immaculatae».
Tra i suoi numerosi scritti spicca un libro mariologico, di cui si conserva la versione dattiloscritta. Padre Pio fu ricordato dai frati quale sacerdote premuroso, che dedicava molto tempo al confessionale e trattava i suoi confratelli con gentilezza e rispetto esemplari.
Il 19 settembre 1939, con una quarantina di altri confratelli compreso padre Kolbe, fu imprigionato dai tedeschi e passò all’incirca tre mesi nei campi di concentramento di Lamsdorf, Amtitz e Ostrzeszów. Sopportò pazientemente la fame e le sofferenze, solendo ripetere: «Fino ad ora abbiamo scritto e abbiamo detto agli altri come sopportare le sofferenze, ora tocca a noi superare tutto questo, altrimenti che valore avrebbero le nostre parole?».
Una seconda volta venne arrestato il 17 febbraio 1941, nuovamente con padre Kolbe, padre Antonio Bajewski ed altri due, e condotto a Varsavia nella prigione di via Pawiak, ove sopportò con pazienza ogni tormento.
Il 4 aprile 1941, durante la settimana santa, padre Pio e padre Antonio furono deportati nel campo di concentramento di Auschwitz: padre Pio venne registrato con il numero 12832 e assegnato ai lavori forzati di costruzione. Inseguito, ormai fisicamente esaurito dalle percosse, da un’infezione cutanea e da una dolorosa ferita alla gamba, venne ricoverato nell’ospedale del campo.
Malato tra i malati, non si astenne però dall’aiutare gli altri con la massima dedizione, curandone le ferite, soccorrendo tanto fisicamente quanto spiritualmente, principalmente con il sacramento della riconciliazione. Ripeteva abitualmente: «Le sofferenze di questo momento non possono essere confrontate con la gloria futura, con la futura felicità che avremo presso Dio, nel Regno dei cieli».
Padre Pio, benché duramente provato nel fisico, sopportò con estrema pazienza questa tragica situazione. Morì, dopo aver ricevuto l’Unzione degli infermi, nella notte tra il 12 e il 13 dicembre 1941.
La fase diocesana della causa di padre Pio Bartosik, padre Antonio Bajewski e di altri cinque Frati Minori Conventuali polacchi è stata aperta il 26 maggio 1994 e chiusa il 12 dicembre dello stesso anno. Nel frattempo, il 29 aprile 1994, è stato rilasciato il nulla osta dalla Santa Sede. Il decreto che convalidava gli atti dell’inchiesta diocesana è stato emesso il 2 giugno 1995.
Dal 13 ottobre 1995 sono stati inclusi nel più ampio elenco che comprendeva in tutto 108 potenziali martiri, uccisi durante la persecuzione contro la Chiesa polacca, scaturita durante l’occupazione tedesca, durata dal 1939 al 1945.
La “Positio super martyrio” unitaria è stata trasmessa nel 1998 alla Congregazione delle Cause dei Santi. I Consultori teologi l’hanno esaminata il 20 novembre 1998, mentre i cardinali e i vescovi membri del medesimo Dicastero l’hanno valutata positivamente il 16 febbraio 1999.
Il 26 marzo 1999 il Papa san Giovanni Paolo II ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui i 108 Servi di Dio potevano essere dichiarate ufficialmente martiri. Lo stesso Pontefice li ha beatificati il 13 giugno 1999 a Varsavia, durante il suo settimo viaggio apostolico in Polonia.


Autore:
Don Fabio Arduino ed Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2018-01-16

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