† Markowa, Podkarpackie, Polonia, 24 marzo 1944
Józef Ulma e sua moglie Wiktoria Niemczak, abitanti nel villaggio di Markowa in Polonia, diedero rifugio a otto ebrei in fuga durante la seconda guerra mondiale. La mattina del 24 marzo 1944, la polizia tedesca irruppe nella loro abitazione e, dopo aver ucciso gli ebrei ospitati, passò ai padroni di casa. Anche i bambini di Józef e Wiktoria furono sterminati dopo i genitori: erano Stanisława (detta Stasia), di 8 anni; Barbara (Basia), di 6; Władysław (Wladzio), di 5; Franciszek (Franuś), di 4; Antoni (Antoś), di 3; Maria (Marysia), di un anno e mezzo. La coppia stava aspettando un settimo figlio. La fase diocesana del processo di beatificazione dei coniugi Ulma, cui vennero in seguito aggiunti i sei figli, è stata portata avanti nel gruppo inizialmente composto da 122 potenziali martiri polacchi della seconda guerra mondiale, capeggiati dal sacerdote Henryk Szuman, presso la diocesi di Pelplin. Il processo diocesano di tutto il gruppo è durato dal 17 settembre 2003 al 24 maggio 2011 e ha ottenuto il decreto di convalida il 10 marzo 2013. Dal marzo 2017, però, la causa della famiglia Ulma, la cui tomba si trova nel cimitero parrocchiale di Markowa, è proceduta autonomamente nella fase romana, sino al riconoscimento del loro martirio da parte di Papa Francesco, avvenuto in data 17 dicembre 2022. Per la prima volta nella storia della Chiesa viene riconosciuto il martirio di un bimbo già concepito ma non ancora nato.
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Józef Ulma e sua moglie Wiktoria Niemczak sono stati ribattezzati “i samaritani di Markowa”, dal nome del loro villaggio polacco, anche perché nella Bibbia che fu trovata in casa loro erano sottolineati in rosso proprio alcuni versetti della parabola del buon samaritano, nel Vangelo secondo Luca.
Tuttavia, appare ingiusto o almeno riduttivo chiamarli così. Perché, mentre il personaggio di evangelica memoria, oltre ad aver vinto il secolare pregiudizio ed essere sceso dalla propria cavalcatura, ha rimesso di suo, oltre al tempo, soltanto l’olio e il vino utilizzati per la medicazione e i due denari dati all’albergatore, i “samaritani” polacchi hanno messo in gioco la loro stessa vita.
Prima della seconda guerra mondiale, Markowa è un vivace villaggio agricolo, profondamente cattolico e intraprendente, dove vive anche un centinaio di ebrei. Qui si sperimentano nuove coltivazioni e nuove tecniche agrarie, in cui eccelle Józef Ulma, classe 1900, abile frutticoltore e appassionato apicoltore, che coltiva anche interessi culturali ed è attivissimo nel circolo della Gioventù Cattolica. Divora libri e coltiva anche l’hobby della fotografia grazie al quale oggi disponiamo di un’ottima documentazione fotografica della sua famiglia.
Conosce e si innamora di Wiktoria Niemczak (nata nel 1912), che sposa nel 1935 e subito arrivano sei figli: Stanisława (detta Stasia), il 18 luglio 1936; Barbara (Basia), il 6 ottobre 1937; Władysław (Wladzio), nato il 5 dicembre 1938; Franciszek (Franuś), nato il 3 aprile 1940; Antoni (Antoś), nato il 6 giugno 1941; Maria (Marysia), nata il 16 settembre 1942.
Quando inizia la sistematica deportazione verso i campi di concentramento degli ebrei presenti sul territorio polacco, riescono a salvarsi solo quelli che riescono a farsi ospitare e nascondere dai vicini di casa: le ricerche di questi ultimi anni stanno facendo emergere episodi di autentico eroismo di almeno seimila polacchi, che a rischio della loro vita hanno nascosto e salvato gli ebrei, malgrado i tedeschi minaccino di giustiziare chiunque dia loro copertura od ospitalità.
Anche a Markowa si continua ad esercitare questa grande opera di carità cristiana verso gli ebrei. I coniugi Ulma in casa loro nascondono non una ma ben otto persone, approfittando di abitare lontano dal centro abitato e quindi, almeno in teoria, meno esposti alle perquisizioni.
Si pensa che il “Giuda” di turno sia stato il poliziotto di origine ucraina Włodzimierz Leś, che per lungo tempo aveva riscosso il “pizzo” da una delle famiglie ebree ospitate dai coniugi Ulma, al punto da riuscire in pochi mesi a succhiarne l’intera proprietà, salvo poi rivelarne ai superiori il nascondiglio, quando questa è stata nell’impossibilità di continuare a pagare.
Così la mattina del 24 marzo 1944 i nazisti circondano la casa degli Ulma e riescono facilmente a catturare gli otto ebrei in essa ospitati, giustiziati tutti con un colpo alla nuca. Poi è la volta dei padroni di casa, colpevoli di averli nascosti: Józef e Wiktoria vengono crivellati di colpi sulla porta di casa, davanti ai loro bambini e a molti testimoni costretti ad assistere all’esecuzione e per i quali deve servire come monito.
Il pianto disperato dei sei figli, la maggiore dei quali ha otto anni, mentre la più piccola ne conta appena uno e mezzo, infastidisce i nazisti, che rivolgono le armi contro la nidiata, sterminandola tutta. «Vi abbiamo tolto il fastidio di dover pensare a loro», dicono in tono beffardo agli atterriti compaesani, che in una manciata di minuti si sono visti sterminare sotto gli occhi ben 16 persone; anzi, 17, perché Wiktoria era al settimo mese della sua settima gravidanza.
Sepolti nel luogo dell’eccidio dai compaesani, costretti a scavare le fosse, dieci mesi dopo vengono esumati di nascosto e a rischio di rappresaglie per dare loro più degna sepoltura nel cimitero parrocchiale di Markowa: si scoprì quindi che la creatura era quasi nata.
Józef e Wiktoria Ulma, nel 1995, vennero riconosciuti “Giusti tra le Nazioni”. Nel 2003 la diocesi di Przemyśl ne iniziò il processo di beatificazione, includendoli nel gruppo inizialmente composto da 122 martiri polacchi della II guerra mondiale, capeggiati dal sacerdote Henryk Szuman. Nel corso della fase diocesana, fu deciso di aggiungere i sei bambini, a motivo della fede dei genitori. Il processo dei 122 potenziali martiri si è concluso il 24 maggio 2011 nella diocesi di Pelplin.
Nel marzo 2017, la Congregazione delle Cause dei Santi ha acconsentito alla richiesta di monsignor Adam Szal, arcivescovo di Przemyśl, nel cui territorio sono vissuti e morti gli Ulma, e ha autorizzato lo scorporo della loro causa da quella collettiva. Il loro cammino verso gli altari è quindi diventato autonomo, in attesa che sia certo quanto in molti, non solo in Polonia ormai, ritengono: che questa famiglia abbia in modo eccezionale testimoniato l’amore fino al martirio.
Autore: Gianpiero Pettiti
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