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San Petroc Abate

4 giugno

VI secolo

Emblema: Bastone

Martirologio Romano: In Cornovaglia, san Petroc di Galles, abate.


Parecchie chiese del Devon ed in Cornovaglia portano il nome di San Petroc (o Pedrog), il cui culto è assai antico e ben radicato, nonostante scarseggino fonti scritte sul suo conto, ritenute tardive ed assai leggendarie.
Probabilmente Petroc era un principe gallese, figlio di un re o di un capo tribù, e William Worcestre ne parlò come di un sovrano della Cumbria, visitando il suo sepolcro nel XV secolo. Petroc si trasferì nel sud dell’isola britannica con alcuni compagni e si stabilì nel monastero di Lanwethinoc, così denominato dal nome del fondatore Wethinoc, ed in seguito conosciuto come Petrocstowe, l’odierno Padstow, con il diffondersi del santo oggi festeggiato. Altri due luoghi, Little Petheric e Trebetheric, portano questo nome. La “Vita” medioevale, redatta nell’abbazia di Saint-Méen e forse copiata da una più antica del priorato di Bodmin, racconta che Petroc ed i suoi compagni studiarono per vent’anni in Irlanda, come asserito anche dalla “Vita” di San Kevin. Terminato il periodo di formazione, s’imbarcarono all’estuario del fiume Camel, giungendo a stabilirsi a Lanwethinoc. Qui Petroc condusse per trent’anni una vita molto austera, interrotta solamente da un pellegrinaggio a Roma ed a Gerusalemme.
Di ritorno dal lungo pellegrinaggio, disse ai suoi monaci che la tormenta che colpiva la regione sarebbe terminata il giorno seguente, ma poiché il vento e la pioggia non cessarono, pensò di essere stato troppo presuntuoso nel credere che lo Spirito Santo l’avesse ispirato. Riprese allora la strada per Gerusalemme, in segno di penitenza, ed in questo secondo viaggio raggiunse secondo Nicholas Roscarrock “l’Oceano orientale”, forse il golfo di Aqaba.
Una “Vita” più antica, scritta da Giovanni di Tynmouth, che gli Acta Sanctorum classificano quale “vita suspecta”, narra che arrivò sino in India, ove in riva la mare vide volteggiare sopra di lui un globo splendente che lo trasportò in un’isola ove trascorse ben sette anni. Trascorso tale periodo il medesimo globo lo riportò dove lo aveva prelevato e sulla spiaggia trovò un lupo a custodire il bastone e la pelle di pecora che aveva lasciato lì. Non si possono però non notare molti parallelismi tra questa storia e parecchi racconti mitologici classici.
Ritornato infine in Cornovaglia, Petroc occupò il suo tempo con la preghiera e compiendo opere di carità. Crebbe così la sua fama di santità e molte leggende folcloristiche della Cornovaglia sorsero sul suo conto: guarì parecchi ammalati, salvò la vita ad un cervo durante una caccia e convertì il cacciatore ed i suoi assistenti, ammansì un mostro locale ed ordinò un medicamento per un drago presentatosi a lui con una scheggia in un occhio.
Particolari più convincenti sono contenti in un’altra versione della sua vita, proveniente dall’abbazia di Saint-Méen e scritta da un canonico di Bodmin: essa è inclusa in un manoscritto del XIV secolo scoperto a Ghota in Germania nel 1937 e conosciuto come “Vita di Ghota”. Da essa si apprende che Petroc fece edificare una cappella ed un mulino presso Little Petherick, ove aveva stabilito una seconda comunità monastica. In seguito si ritirò in un luogo remoto sul Bodmin Moor, ma nuovamente alcuni fratelli non resistettero ad unirsi a lui.
Rendendosi conto dell’approssimarsi della fine della sua vita, decise di visitare per un’ultima volta Little Petherick e Lanwethenoc. Lungo il cammino, verso metà strada gli mancarono le forze e morì nella casa di un certo Rovel, forse nel luogo su cui oggi sorge la fattoria di Treravel.
La festa di San Petroc, ancora oggi citata in data odierna dal Martyrologium Romanu, ricorreva sin dai più antichi calendari delle contee occidentali, così come nel Salterio di Bosworth e nel Messale di Roberto di Jumièges, essendo infatti anche ricordato nel calendario di Sarum. Le città di Exeter e Glastonbury rivendicano le sue reliquie.
Alla fine del X secolo i monaci si trasferirono a Bodmin, ormai divenuto il centro del culto del santo, ma le sue reliquie vennero trafugate da un certo Martino, canonico del priorato di Bodmin che, nascosto il bottino sotto l’abito, lo portò all’abbazia di Saint-Méen in Bretagna. Il priore di Bodmin fece allora appello al re Enrico II, che ordinò immediatamente la restituzione del maltolto.
Secondo Roger de Hoveden “il sopraccitato priore di Bodmin, ritornando in Inghilterra con gioia, riportò il corpo del beato Petroc in uno scrigno d’avorio”. Le reliquie furono allora prese in custodia a Winchester da Walter di Coutances, custode del sigillo reale, ed il re stesso insieme con tutta la corte si prostrarono dinnanzi ad esse. Il reliquiario suddetto, dopo vari trasferimenti, trovò infine collocazione dal 1970 nel British Museum.


Autore:
Fabio Arduino

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Aggiunto/modificato il 2006-05-24

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