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Beato Giovanni Battista Saverio Loir (Gianluigi da Besançon) Sacerdote e martire

19 maggio

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1720 - 1794

Martirologio Romano: Nel braccio di mare antistante Rochefort in Francia, beato Giovanni Battista Saverio (Giovanni Ludovico) Loir, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e martire, che, durante la rivoluzione francese, imprigionato quasi ottuagenario in una galera per il suo sacerdozio, fu trovato morto inginocchiato.


Tra gli oltre 800 preti e religiosi ammassati sui famigerati "pontons de Rochefort" ormeggiati presso l'isola d'Aix nel 1794 c'erano anche diversi frati cappuccini. Avrebbero dovuto essere deportati alla Guyane, ma i velieri inglesi che incrociavano le coste francesi impedirono questo viaggio. Così su questi prototipi "campi di morte" galleggianti molti lasciarono miseramente la vita per amore della fede. Questo sacrificio è stato riconosciuto come grazia di martirio il primo ottobre 1995 da Giovanni Paolo II per Giambattista Souzy, vicario generale de La Rochelle e i suoi 64 compagni, tra i quali i cappuccini Gianluigi di Besançon, Protasio di Sées e Sebastiano di Nancy, dei quali ora vogliamo brevemente narrare la storia.
Giambattista (era questo il suo nome di battesimo) era nato l'11 marzo 1720 a Besançon (Doubs) da Gianluigi Loir ed Elisabetta Juliot, sesto di una nidiata di otto figli e venne battezzato nello stesso giorno. Il padre, parigino, era direttore e tesoriere della Zecca di Borgogna a Besançon e nel 1730 fu eletto direttore della stessa a Lione, dove venne ad abitare con tutta la famiglia e dove il figlio Giambattista fece i suoi studi, anche se non si conosce quasi nulla della sua fanciullezza. Si sa però che a vent'anni, nel mese di maggio 1740, si fece cappuccino nel grande convento della città e prese con l'abito il nome di fra Gianluigi. Professò il 9 maggio 1741. A Lione i cappuccini abitavano in due conventi, uno intitolato a San Francesco e detto "grand couvent", fondato nel 1575, nel quartiere Saint-Paul, l'altro costruito nel 1622, dedicato a S. Andrea e detto del "Petit Forez". In queste due case il futuro martire trascorse la maggior parte della sua vita religiosa. Almeno due volte esercitò l'ufficio di superiore, una volta nel convento di S. Andrea dal 1761 al 1764, e una seconda volta nel grande convento di S. Francesco fino al 1767. Oltre questa notizia, gli archivi tacciono.
Un abate che allora lo conobbe rilasciò questa significativa testimonianza: "Dotato di tutte quelle virtù che lo potevano rendere raccomandabile, egli non volle mai accettare nessuna carica, dicendo di essere entrato nell'Ordine non per comandare, ma per obbedire, non per dominare, ma per essere sottomesso. Dedicandosi con umiltà alla salvezza delle anime, esercitò il ministero della confessione con frutto e sembrava in questo infaticabile. Non c'era missione organizzata dai suoi frati, nella quale egli non prestasse il suo zelo. Il popolo semplice e i poveri erano i suoi prediletti; ma anche le persone di riguardo e importanti che si davano alla pietà si sentivano attratte dalla nobile urbanità e affabilità della sua figura maestosa e aggraziata. Sarebbe difficile numerare le conversioni da lui operate e le anime riportate a Dio in tutte le classi sociali".
Aveva 74 anni quando i rivoluzionari francesi obbligarono i preti e i religiosi, nel 1791, a prestare giuramento scismatico della costituzione civile del clero. Padre Jean-Louis si trovava nel convento di S. Francesco quando l'Assemblea Costituente aveva ordinato l'inventario delle persone e dei beni di ogni casa religiosa. Egli aveva dichiarato di voler restare nell'Ordine. Ma verso ottobre lasciò Lione e si ritirò nel Bourbonnais a Précord, nel castello dove abitava la sua sorella Nicole-Elisabeth col figlio Gilbert de Grassin e dove anche due nipoti suore domenicane avevano trovato rifugio. Una soffiata di qualche malevolo e sospettose dicerie causarono una perquisizione ordinata dal Direttorio il 3 febbraio 1793, e anche se il risultato fu nullo, il 30 maggio tutti gli abitanti del castello vennero trasportati a Moulins, dove 66 preti "insermentés", refrattari, erano stati reclusi parte nelle prigioni e parte nell'antico monastero Sainte-Claire.
Nell'elenco degli ecclesiastici che non avevano prestato giuramento figurava anche padre Loir, classificato "ci-devant capucin".
La sua età l'avrebbe risparmiato da ulteriori sofferenze se non fosse stato per il terribile accordo ateistico della fine del 1793, che permetteva tacitamente l'eliminazione di questi anziani ecclesiastici, che, infatti, furono trasportati, molti di loro ammalati, in tre spedizioni diverse, fino a Rochefort P. Jean-Louis lasciò Moulins il 2 aprile 1794, nella terza spedizione, con 26 deportati, canonici, curati, trappisti, cappuccini, altri francescani e fratelli delle Scuole Cristiane. Lungo il tragitto, su carri scortati da gendarmi e da guardie nazionali, vennero compatiti e aiutati dalla gente. Giunsero a Rochefort verso la fine di aprile. Perquisiti di ogni cosa, vennero ammassati su due vascelli ormeggiati in quella costa di mare.
Il vascello sul quale p. Jean-Louis venne trasferito si chiamava "Deuz-Associés". Il capitano e la sua ciurma erano gente da galera. Sul naviglio erano letteralmente ammucchiati più di 400 deportati in stato pietoso, vita di lager ante litteram. Una gavetta lurida serviva per il pasto di dieci persone che dovevano accontentarsi di carne avariata, di merluzzo, di fave grosse, attingendo il cibo in piedi, senza piatti né bicchieri né forchette, stretti stretti fra loro, servendosi di un cucchiaio di bosso. Era il supplizio della fame, al quale si aggiungevano altri terribili tormenti di carattere igienico-sanitario, senza rimedi, e gli insulti di quei marinai aguzzini. Ma il tormento più tremendo erano le ore notturne. Un fischietto annunciava l'ora del riposo. Quella massa umana, con molti vegliardi e ammalati, veniva costretta ad ammucchiarsi sotto coperta, nella stiva, come acciughe in un barile, e la notte era un inferno, con un'ultima raffinata crudeltà, anticipatrice delle camere a gas: quei galeotti spandevano acri vapori facendo scoppiare con palle infocate un barilotto di catrame: un metodo usato per purificare l'aria, ma che provocava nei prigionieri un tremendo sudore e tosse fino alla morte per soffocamento per i più deboli. E in quello stato venivano bruscamente mandati all'aria aperta sul ponte del vascello e tutti dovevano strisciare come vermi e il tremendo contrasto faceva loro stridere i denti per i brividi di freddo.
Tuttavia la pena più grande era di non poter tenere né breviario né altri libri di pietà e neppure di poter pregare insieme. Ciò nonostante c'era chi aveva potuto nascondere un breviario, o un vangelo o gli oli santi e qualcuno anche le ostie consacrate. E in quella cloaca infetta quei martiri si scambiavano i sacramenti che li fortificavano ad affrontare la morte con gioia.
Queste erano le sofferenze di p. Jean-Louis. Ma il suo carattere vivace e allegro infondeva coraggio ai compagni di sventura. Uno dei sopravvissuti testimoniò che il cappuccino, "pur essendo un venerabile vegliardo, era diventato la gioia di tutti. Egli infatti cantava ancora come un giovane di trent'anni cercando così di alleviare le nostre sofferenze, nascondendo le sue che lo stavano terribilmente consumando. Egli morì serenamente come aveva sempre vissuto. Infatti il mattino del 19 maggio 1794, i deportati, al risveglio sotto coperta, trovarono questo eccellente religioso morto in ginocchio al suo posto, e nessuno avrebbe pensato che soffrisse qualche malattia. Dopo essersi levato, si era inginocchiato a pregare e così era spirato. Vedendolo in questa umile posizione, accanto al palo della sua amaca, sembrava davvero che pregasse, ed era morto nell'atteggiamento di supplica come la S. Scrittura ci rappresenta i patriarchi dell'Antica Legge nell'atto di spirare".
Egli fu il primo dei 22 cappuccini che morirono a Rochefort.


Fonte:
Santa Sede

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Aggiunto/modificato il 2006-10-29

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