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Maria Isoardo Martire della purezza

Testimoni

Centallo, Cuneo, 12 giugno 1917 – Pietraporzio, Cuneo, 20 aprile 1944

Giovane maestra assegnata a disagiate scuole di montagna, matura nei tempi della guerra una forte spiritualità e solidi principi morali. “Santità eroica è quella di colui che abitualmente esercita la virtù e all’occorrenza anche in grado eroico”, scrive come suo programma di vita. Il 20 aprile 1944, mentre sui monti del cuneese infuria la rappresaglia tedesca che semina distruzione e morte, la ventisettenne maestrina, con le idee estremamente chiare sulla virtù e sul peccato, sulla fede e sui doveri del cristiano che devono essere rispettati anche a costo della vita, resiste con tutte le sue forze alla violenza di un ufficiale tedesco e viene uccisa nella sua scuola. Il suo ricordo continua a vivere ad oltre 60 anni dalla morte come quello di “un’altra Maria Goretti”: decorata della Medaglia d’Oro della Pubblica Istruzione, al suo nome sono state intitolate alcune scuole elementari e continua ad essere commemorata con periodiche iniziative.


Era una ragazza dalle idee chiare e dal sorriso luminoso, che amava la montagna e si dedicava con passione all'insegnamento.
Maria Isoardo nasce a Centallo il 12 giugno 1917 ed a vent'anni è già per i monti, insegnante elementare in sedi disagiate ed in scuolette fuori dal mondo, dove si fa conoscere come una maestra "molto buona e alla buona".
Nel periodo più brutto della 2^ guerra mondiale (cioè quello che fa seguito alle tragiche giornate dell' 8 settembre 1943) Maria è assegnata alle scuole di Pietraporzio. Non è così ingenua da ignorare i pericoli che può correre, ma non per questo è disposta a venir meno al suo dovere. Così, mentre cerca di rassicurare la mamma che a Pietraporzio "tutto è tranquillo" (questa pietosa bugia è del 16 aprile 1944, appena quattro giorni prima della morte), cerca come sempre di "fare tutto ciò che piace a Gesù", anche in mezzo alle difficili condizioni in cui è chiamata a vivere.
Il 20 aprile 1944 è una giornata tragica per il paese di Pietraporzio: scorribande di soldati, mitragliatrici tedesche puntate un po' ovunque, case minuziosamente perquisite, la fuga per i boschi dei pochi giovani e dei pochi soldati italiani rimasti, l'incendio di quattro case come rappresaglia per il ritrovamento di alcune armi.Anche la scuola viene perquisita, tré mitragliatrici sono puntate contro di essa, ma le maestre svolgono regolarmente, come ogni giorno, le loro lezioni. Anzi, alle 11,30, per la pausa-pranzo, accompagnano ad uno ad uno i piccoli alunni alle loro case per evitare loro qualsiasi pericolo. Dopo averli messi al sicuro, si fermano nei pressi delle case alle quali i tedeschi hanno appiccato il fuoco, per dare una mano nell'opera di spegnimento. Sono questi gli ultimi gesti di carità di Maria: assicurarsi dell'incolumità dei suoi alunni e prestarsi generosamente per alleviare le sofferenze e i disagi di chi si era visto incendiare la propria abitazione.
Al rientro nella scuola le due maestre hanno un'amara sorpresa: un militare tedesco le ha seguite, si è introdotto nelle stanze in cui abitano e, appena esse ne varcano la soglia, si chiude la porta alle spalle. A chiave. Le sue attenzioni sembrano concentrarsi sulla collega, che riesce a divincolarsi ed a fuggire, anche perché Maria è venuta in suo aiuto. Ma è quest'ultima che ora, da sola, deve affrontare la furia e la violenza dell'uomo, che parla francese e forse è anche ubriaco. Nessuno è testimone di quanto avviene nel chiuso della scuola, ma è facile immaginare la lotta che Maria deve sostenere: è la storia che si ripete, ogni volta che l'uomo vuole sopraffare sul più debole. Dall'esterno sentono il rumore di uno sparo e qualcuno assiste poi alla fuga del militare per i monti.
Quando i più coraggiosi riescono a penetrare nella scuola, per Maria non c'è più nulla da fare: la ritrovano supina, in una pozza di sangue, con il capo trapassato da un proiettile. Dalle deposizioni dei testimoni e dal rapporto dei carabinieri è possibile intuire il dramma che in quella stanza si è consumato: da un lato la violenza feroce del militare, dall'altra la ferma resistenza di quella donna di 27 anni, che aveva le idee chiare. Soprattutto sulla virtù e sul peccato, sulla fede e sui doveri del cristiano, che dovevano essere rispettati. Anche a costo della vita.
Una sola cosa è certa, sulla base della posizione in cui venne rinvenuto il cadavere e delle macchie di sangue a forma di impronte digitali sparse un po' ovunque: sul corpo di Maria, fino a che fu in vita e cosciente, quell'uomo non potè prevalere.
In modo "eroico", secondo il programma di vita che si era imposto, aveva mantenuto fede a quei principi nei quali credeva e per i quali era vissuta. Una vita lunga appena 27 anni, giocati tutti per Dio, in un costante allenamento, per poter giungere preparata all'ultima decisiva scelta, che fece dire ad alcune sue colleghe che molto bene l'avevano conosciuta: "Maria non rubò a Dio la palma gloriosa del martirio, ma la conquistò con lo sforzo continuo e con il sacrificio quotidiano delle piccole rinunce".


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2006-12-11

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