Home . Onomastico . Emerologico . Patronati . Diz.Nomi . Ricerca . Ultimi . Più visitati




Newsletter
Per ricevere i Santi di oggi
inserisci la tua mail:


E-Mail: [email protected]


> Home > Sezione Testimoni > Giuseppina Durando Condividi su Facebook Twitter

Giuseppina Durando Terziaria francescana

Testimoni

Torino, 19 febbraio 1848 - 4 aprile 1915


Inquadramento storico
Giuseppina Durando nacque a Torino il 19 febbraio 1848, un anno carat­terizzato da numerosi eventi storici che segnarono l'età risorgimentale. Il 1848, infatti, iniziato tra agitazioni e fermenti rivoluzionari scoppiati soprattutto in Francia e nell'Impero austro-ungarico, determinò in Italia l'insorgere delle famose "Cinque giornate di Milano" contro il governo austriaco; la concessione in Piemonte da parte di re Carlo Alberto dello "Statuto", ossia di una legge che garantiva alcuni fondamentali diritti, come la libertà di associazione e di stampa; lo scoppio della seconda guerra di indipendenza contro l'Austria, che si concluse negativamente l'anno successivo con la battaglia di Novara.

Infanzia e adolescenza
Battezzata dunque in quel 1848, pochi giorni dopo la nascita, nella chie­sa cattedrale di San Giovanni Battista, Giuseppina Durando crebbe buona e generosa d'animo, ma delicata e debole di salute. Malaticcia fin dall'infanzia, trascorse parte della sua adolescenza nella casa paterna di Viù. Qui, secondo alcune testimonianze dei paesani, quando usciva di casa era accompagnata da un misterioso cane sempre pronto a proteg­gerla, che poi improvvisamente spariva quando lei rientrava tra le mura domestiche.

Spiritualità di Giuseppina Durando
Tornata a Torino, a ventun anni Giuseppina cadde gravemente ammala­ta in seguito a frequenti sbocchi di sangue. Ricoverata per tre lunghi mesi in ospedale, improvvisamente un giorno guarì. Ristabilitasi, trovò lavoro presso una sartoria, ove si distinse tra le compagne per le sue doti di umiltà e di bontà, che ispiravano confidenza e fiducia.
Dopo la morte del padre, Giuseppina lasciò la famiglia e si recò a vivere dapprima in una piccola soffitta di via dei Fiori, presso la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, e poi in via San Quintino, di fronte alla chiesa dei Santi Angeli Custodi. Trascorreva il suo tempo fra il lavoro e la pre­ghiera, soprattutto di adorazione eucaristica.
Fu in questi anni che divenne terziaria francescana. Nella chiesa di San Tommaso, officiata per circa quattro secoli dai francescani, incontrò le sorelle Teresa e Giuseppina Comoglio, anch'esse iscritte al Terz'Ordine di San Francesco, con le quali intrecciò una affettuosa amicizia contrasse­gnata da intensi momenti di vita spirituale. Con loro iniziò a pregare a lungo nella cappella di Nostra Signora del Sacro Cuore, interna alla chiesa di San Tommaso, ove è tuttora venerata una statua della Madonna solennemente incoronata nel 1880 dall'arcivescovo di Torino mons. Gastaldi. La devozione alla Madonna del Sacro Cuore era cominciata nel 1854 in Francia, a Issoudun, una cittadina della diocesi di Bourges. Qui, due giovani sacerdoti avevano iniziato a pregare la Madonna affinché li aiutasse a fondare una congregazione di "Missionari del Sacro Cuore di Gesù". L'aiuto divino venne, e la Vergine fu eletta patrona e protettrice della nuova associazione che, nel giro di pochi anni - precisamente nel 1864 -, innalzò a Nostra Signora del Sacro Cuore un santuario che diven­ne rapidamente centro di un'intensa devozione.
Introdotto in Italia, il culto di Nostra Signora del Sacro Cuore fiorì in modo particolare proprio a Torino, nella chiesa francescana di San Tommaso. Qui, nel 1899 venne eretta una cappella laterale, coronata da splendide immagini di angeli e santi, nella quale fu solennemente collo­cata la statua della Madonna che stringe tra le braccia il Bambino Gesù, sul cui petto brilla il Sacro Cuore.
Intorno a questa bella statua della Vergine - che i torinesi iniziarono a chiamare "Madonna dei disperati" proprio per le tante insperate grazie ricevute per sua intercessione, grazie testimoniate dai numerosi ex-voto a forma di cuore che "tappezzano" la volta della cupola dell'altare -sorse ben presto una confraternita, cioè un'associazione di fedeli desi­derosi di rendere omaggio alla Vergine con le preghiere e la frequente partecipazione all'Eucaristia. In questa cappella si trovavano spesso a pregare Giuseppina Durando e le sorelle Comoglio, come pure Paolo Pio Perazzo, il "ferroviere santo" (1846-1911). Quest'ultimo, accanto alla sua attività di capostazione a Porta Nuova, svolse nella sua vita un'intensa azione di apostolato eucaristico, facendosi animatore di Congressi Eucaristico-Mariani e fondando - sempre nella chiesa di San Tommaso, ove il suo corpo è tuttora sepolto presso l'altare del Crocifisso - l'arci-confraternita dell'Adorazione quotidiana. Essa continua ancora oggi a radunare fedeli convinti che «nell'adorazione eucaristica - come si legge in un recente bollettino dell'arciconfraternita stessa - il cristiano apprende il modo di esplicare il suo umile e silenzioso servizio a Dio e ai fratelli».
Oltre che a San Tommaso, Giuseppina Durando era solita pregare anche nella chiesa di Santa Maria di Piazza, dove si recava animata dagli stessi desideri di san Pier Giuliano Eymard: da una parte rendere gloria a Cristo, Signore dell'universo; dall'altra vivificare il prossimo nel contat­to con la sua presenza. Senza dubbio, ella conosceva e aveva meditato a fondo le seguenti parole del santo, pubblicate dai padri Sacramentini nei loro bollettini mensili: «Adorare è l'atto più grande... Adorare è par­tecipare alla vita dei Santi del Cielo, che lodano, benedicono la bontà, l'amore, la gloria, la potenza dell'Agnello immolato per la salvezza degli uomini e la gloria di Dio... Adorare è l'atto sovrano che da sé solo sosti­tuisce gli atti di tutte le virtù, possiede la virtù di tutte e ne è il fine2».
Così, un giorno, mentre pregava intensamente dinanzi al SS. Sacra­mento, Giuseppina ricevette l'ispirazione di accettare la proposta che poco tempo prima le era stata fatta da un anziano signore, anch'egli ado­ratore eucaristico, di andare a vivere in una sua piccola proprietà alla Crocetta, precisamente al n. 29 di corso Peschiera. Incoraggiata anche dalle parole di Giuseppina Comoglio, ella accettò la proposta di questo signore, Alberto Bonifacio, un ex-capitano dell'esercito in pensione, e si trasferì nella sua nuova abitazione.
Qui, ben presto fu conosciuta come "la santa della Crocetta", per il molto bene che fece in tutti gli anni in cui visse in questo quartiere della città.
Venute a conoscenza della sua vita di preghiera e sacrifici, molte per­sone, soprattutto ammalate, cominciarono a recarsi da lei per ricevere conforti sia fisici che spirituali. Giuseppina aveva per tutti parole di con­solazione e, grazie ad un dono particolare del Signore, riusciva a dia­gnosticare perfettamente diversi tipi di malattie, per le quali suggeriva opportuni rimedi, tanto che si verificavano numerose insperate guarigioni. La sua fama crebbe tanto che dalle circostanti campagne cominciaro­no anche a venire contadini che le portavano i loro animali ammalati, affinché li guarisse. Caritatevole verso tutti, Giuseppina non si stancava di prodigarsi per il bene di tante persone di ogni condizione sociale: molti poveri, ma anche nobili e religiosi, che ricevevano da lei parole di conforto e di consolazione.

Le "bandiere eucaristiche"
All'inarca a partire dal 1913, in seguito ad un incidente al ginocchio destro che le immobilizzò completamente la gamba, Giuseppina non potè più recarsi quotidianamente nella sua parrocchia - la Beata Vergine delle Grazie della Crocetta - per ricevere la comunione quotidiana. Il Signore, però, la consolò in un modo particolare, facendole ogni giorno il dono mistico di una intensa comunione spirituale, a proposito della quale Giuseppina scrisse: «Quando innanzi all'immagine del SS. Sacra­mento faccio la santa comunione spirituale, sento la particola in bocca come quando la ricevo alla balaustra».
Sempre più immersa nel mistero eucaristico "sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale" - come si può leg­gere oggi nei testi del Concilio Vaticano II -, Giuseppina Durando aveva già ben compreso che in esso è racchiuso - per usare ancora alcune espressioni dei testi conciliari - «tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua Carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini, i quali sono in tal modo invitati e indotti ad offrire assieme e Lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create».
Consapevole del fatto che, partecipando a questo banchetto di comu­nione fraterna che rinnova l'opera della nostra redenzione, si viene intro­dotti in tutta la profondità del messaggio cristiano e si è in grado di vive­re in modo assai singolare la meravigliosa esperienza dell'amicizia con Dio, Giuseppina radunava nella sua casa altre persone, desiderose di vivere un'autentica vita cristiana. Quindi, già molti anni prima dei detta­ti del Concilio Vaticano II, esse meditavano insieme la Parola di Dio, reci­tavano i Salmi e altre preghiere della Liturgia delle Ore e, leggendo il Messale, riflettevano sui testi sacri che venivano poi proclamati durante la Messa. In tal modo, l'ascolto della Parola e la partecipazione (anche se spirituale) all'Eucaristia diventavano strettamente complementari. Giuseppina, con la sua profonda intuizione, aveva compreso che il pane della Parola chiarisce il pane Eucaristico disponendo meglio ad acco­glierlo, mentre il pane Eucaristico prolunga il pane della Parola, confe­rendogli pieno compimento. Solo così Giuseppina sentiva di raggiungere un'intima unione con il Signore.
Intorno al 1913, nel corso delle sue intense preghiere (che avveniva­no spesso in comunione spirituale con le sorelle Comogiio, ormai morte, entrambe in fama di santità), Giuseppina - sofferente nel fisico, ma arricchita sempre più da grazie spirituali - ricevette l'ispirazione di realizza­re cinque "bandiere eucaristiche" - come cinque sono i continenti - al fine di meglio diffondere il culto del SS. Sacramento.
Rivoltasi così ad una pia giovane - Clara Borello, anch'essa terziaria francescana e Guardia d'Onore del SS. Sacramento - affinché eseguisse materialmente i lavori di ricamo necessari alla realizzazione delle ban­diere, Giuseppina Durando, nei due mesi che le rimasero ancora da vivere, dedicò tutta se stessa a far conoscere i simboli eucaristici che, per ispirazione divina, volle che fossero rappresentati sulle cinque bandiere.
Fece poi dono della prima bandiera alla sua parrocchia della Crocetta, mentre offrì la seconda alla chiesa di San Tommaso, sede del-l'arciconfraternita dell'Adorazione quotidiana. Donò la terza alla chiesa di Santa Maria dì Piazza ove aveva sede l'associazione degli Adoratori notturni, che di lì a pochi anni - precisamente tra il 1920 e il 1925 -sarebbe stata intensamente frequentata dal giovane beato Pier Giorgio Frassati. La quarta e quinta bandiera furono infine donate rispettivamen­te alla cattedrale di San Giovanni Battista e alla chiesa del Sacro Cuore di via Nizza, officiata dai padri cappuccini.

1915: l'anno della morte di Giuseppina
Dopo aver realizzato queste cinque creazioni simboliche, nate dalle sue profonde preghiere, Giuseppina Durando, sempre più provata dalle sof­ferenze fisiche, cominciò ad avviarsi verso la fine della sua vita, che fu stroncata da una polmonite il giorno di Pasqua: il 4 aprile 1915.
Le sue spoglie, venerate nei primi anni dopo la sua morte da ammi­ratori e beneficati, riposano ancora oggi nel cimitero generale di Torino.


Autore:
Carla Casalegno


Fonte:
Giuseppina Durando. Vita spirituale in Santa Maria di Piazza

______________________________
Aggiunto/modificato il 2008-12-23

___________________________________________
Translate this page (italian > english) with Google

Album Immagini


Home . Onomastico . Emerologico . Patronati . Diz.Nomi . Ricerca . Ultimi . Più visitati