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Abbé Franck Quoex

Testimoni

Bonneville, Savoia, 21 giugno 1967 - Losanna, Svizzera, 2 gennaio 2007


Era giovane e pieno di vita, traboccante di entusiasmo e di amore a Gesù, coltissimo, affascinante... E Dio, geloso di lui, se l’è preso con se a 39 anni, martedì 2 gennaio 2007, festa del Nome di Gesù. Un cancro implacabile lo ha consumato, nonostante la giovane età.
Don Franck Quoex, della diocesi di Vaduz (Liechtenstein), era, prima di tutto, per quelli che ebbero l’onore di avvicinarlo, un prete di grande delicatezza, elegante e discreto, fedele all’amicizia, di una gentilezza squisita. Soprattutto era un liturgista incomparabile della Liturgia romana tradizionale, della sua storia e del suo cerimoniale, un professore ricercato e oggi rimpianto. La sua breve vita era tutta incentrata sulla Liturgia.

Giorni brevi, intensi
Nato il 21 giugno 1967 a Bonneville in Alta-Savoia, da un’antica famiglia, amava definirsi più savoiardo che francese, segno della sua duplice cultura, il meglio della Francia e dell’Italia. Nel 1989, raggiunge il giovane Istituto di Cristo-Re, Sommo Sacerdote, prima a Moissac, poi a Gricigliano (Firenze). Di questo Istituto, sarà l’emblematico cerimoniere e professore di Liturgia.
Il 21 giugno 1992, a 25 anni, è ordinato sacerdote, secondo il rito tridentino, dal Cardinal Pietro Palazzini. Cominicia allora i suoi studi di teologia all’Angelicum a Roma, assicurando insieme il ministero pastorale nella Città eterna, città che più di ogni altra era cara al suo cuore, che sarà la passione della sua vita e dove avrebbe voluto morire.
Don Quoex era interamente "romano", nel suo significato più nobile: ciò che faceva dire ai suoi amici che "egli era il piu romano dei preti francesi".
Nel maggio 2001, egli sostiene brillantemente, nella prestigiosa università romana, la sua tesi di dottorato sul tema: "Gli atti di culto nella storia della salvezza, secondo S. Tommaso d’Aquino". Questo tema originale e ricco, gli permetterà di sviluppare i suoi talenti di teologo e di storico del culto.
La tesi di dottorato, di cui don Quoex preparava la pubblicazione, fu all’epoca notata con giudizio lusinghiero dall’allora Cardinal Ratzinger al quale era stata mandata. Nei suoi ultimi anni, don Quoex riprese l’argomento della sua tesi in parecchi importanti articoli in diverse riviste come la Revue thomiste ("Expositio Missae de la Somme de Theologie") e Sedes Sapientiae, cui affidò cinque grandi articoli.
Dal 2001, egli è sempre più chiamato per colloqui, ricerche scientifiche, per insegnamento. Fino alla sua malattia, era professore di Liturgia al Seminario internazionale S. Pietro di Wigratsbad e al convento S. Tommaso d’Aquino de Chémeré-le-Roi. Stava anche per essere nominato, qualche giorno prima della sua morte, professore all’Università pontificia S. Croce a Roma, per l’inizio 2007.
Si specializza nella storia della Liturgia romana durante l’alto Medio-Evo e in particolare nello spazio dei Franchi. In questo ambito, scrive articoli di storia della Liturgia per la rivista Aevum (Università del Sacro Cuore di Milano). Partecipa a diversi colloqui e seminari di studio come quello di musicologia medioevale della Fondazione Ars antica a Genova, il colloquio sul canto gregoriano a Subiaco... Altro suo tema prediletto è la Lirurgia papale e nel 2005 riceve le felicitazioni del S. Padre Benedetto XVI al quale ha fatto giungere un importante studio su questo argomento.

Apostolo della Liturgia
Non era solo un intellettuale puro, era un maestro, un apostolo della Liturgia, un incomparabile cerimontere. Questa l’immagine da lui lasciata al grande pubblico: seppe formare e ispirare una generazione di discepoli, che oggi dirigono le celebrazioni liturgiche nella maggior parte degli Istituti tradizionali, 1à dove si celebra, in piena comunione con la Chiesa, l’antica Liturgia Romana. La sua sconfinata cultura gli permetteva di spiegare i riti liturgici, di comunicare l’amore per la Litrugia, là dove Gesù, Sacerdote e Vittima, continua oggi il suo sacerdozio che non tramonta.
Storico e teologo, anche esteta nel senso più nobile della parola, era convinto che "la perfetta bellezza della Liturgia permette di intravvedere la suprema bellezza di Dio". Di lì, la cura tutta particolare: per ritrovare le forme più nobili e più eleganti dei paramenti sacri: per la gloria di Dio! Così fu il primo a realizzare, con l’aiuto del celebre paramentista di Verona, Piero Montelli, delle opere che si ispirano al periodo della Riforma cattolica a Roma, che era ai suoi occhi l’apogeo della Liturgia cattolica. Il suo gusto della perfezione lo spingeva a disegnare lui stesso i candelieri, gli altari, facendoli realizzare dai migliori artigiani d’Italia, con l’aiuto dell’araldista romano Maurizio Bettoia.
Nel 2005, egli aveva già fondato con alcuni amici e discepoli la Società Barbier de Montault, che ha come fine di far conoscere la persona, 1’opera e lo spirito di Mons. Xavier Barbier de Montault (1830-1901). Questo prelato romano, archeologo, liturgista, canonista e araldista, era stato nella sua epoca un modello di eccezionale erudizione ecclesiastica. In una Francia impregnata di neo-gallicanesimo, Mons. de Montault era stato il propagatore instancabile dello spirito, della liturgia e dei costumi romani. Egli lasciò un’opera colossale, distinguendosi per il suo gusto e la sua spiritualità profondamente romani. Don Quoex, primo presidente di questa Società, era un discepolo esemplare di colui che il B. Pio IX chiamava "il più liturgista degli archeologi e il più archeologo dei liturgisti".
Non volendo tenere solo per se stesso il frutto delle sue ricerche e desiderando partecipare con il suo proprio stile al rinnovamento liturgico, don Quoex aveva programmato di fondare un’altra Società per lo studio e la promozione delle tradizioni e delle arti liturgiche (SEPTAL).
L’idea, originale e appassionante, era di raccogliere così degli specialisti della pittura, della scultura, dell’architettura, della musica, dei paramenti e dell’oreficieria religiosa, di liturgisti, dei filosofi,degli storici dell’arte, dei teologi del culto, dei biblisti e dei patrologi nell’ottica tradizionale romana.
Desideroso di unire la formazione e la ricerca, egli pensava alla pubblicazione della Cahiers (=Quaderni) per tramettere il frutto dei suoi studi. Eccellente pedagogo, egli si augurava che gli articoli riuniti, fossero scientifici, precisi inediti, senza tuttavia essere riservati a pochi, ma aperti a tutte le anime, assetate di preghiera e di unione con Dio.
La sua idea dominante era di comunicare al più grande numero di anime la certezza che la Liturgia contiene e realizza oggi il Sacrificio di Gesù, dal Quale la grazia santificante e ogni bene scaturisce dal suo Cuore divino per la Chiesa e per il mondo. La Liturgia pertanto deve condurre alla contemplazione, all’adorazione, all’intimità con Dio per mezzo di Gesù Sacerdote e Ostia, soprattutto in questo nostro tempo che prima di Dio afferma l’uomo e la comunità degli uomini, mentre è vero oggi e sempre che l’uomo è, in quanto adora: Adoro, ergo sum!

La bellezza del Cristo
La vita e l’opera dell’Abbé Quoex suppone la fede e l’amoroso rapimento di tutto l’essere in Gesù Cristo. La Liturgia e la bellezza suprema, l’archetipo della poesia, perché essa è teofania del Verbo fatto carne, splendore del divino Poeta. Per questo, l’impegno per la Liturgia deve diventare impegno dottrinale, dogmatico, mosso non solo dall’amore di quanto oggi è messo in dubbio e posto da parte, ma anche per amore del popolo di Dio avido del sacro e dei gesti sublimi di cui si tenta di privarlo.
Pertanto, don Quoex era innanzitutto un sacerdote, un pastore di anime, un direttore spirituale. Il ricordo che ha lasciato nei diversi luoghi di apostolato, Roma, Strasburgo e dopo il 2004, Ginevra, Losanna e Neuchâtel , dimostra che la sua missione sacerdotale era quanto a lui importava di più.
Seppe toccare le anime con la sua intelligenza, la sua cultura, ma soprattutto per la sua bontà cortese e la sua delicata carità. Ed è da prete vero, che egli è andato incontro a Dio, il 2 gennaio 2007, all’ospedale d’Aubonne, in Svizzera. Gli amici che lo hanno vegliato notte e giorno per un mese, fino al suo ultimo respiro, testimoniano di lui: "È morto come un santo. Dopo qualche mese di malattia implacabile e un’agonia di un mese, grandi sofferenze e una grande generosità interiori, brevi parole delicate, pianti velati e appena abbozzati, scusandosi di essere di peso... Sempre ha bevuto la preghiera come un’acqua di salvezza. Amava specialmente la preghiera di Gesù. Quante volte, ci ha chiesto, al primo mattino, dopo una notte dl sofferenze: "Aiutatemi ad alzarmi, voglio celebrare la Messa"!
Occorreva allora dirgli che non poteva più alzarsi, e che la Messa lui la diceva con Gesù, l’Uomo dei dolori, prima di dirla in Cielo, questa bella Liturgia del Cielo di cui egli ci aveva così bene parlato un giovedì santo... Si è spento dolcemente questa mattina, festa del Nome di Gesù. Chi lo vegliava, dopo avergli cantato qualche istante prima l’inno Jesu, dulcis memoria e recitato le Lodi, e avergli detto: "Don Franck non si può nascere, ma si può morire innocenti", gli si è avvicinato e gli ha ancora detto: "È la festa del Nome di Gesù. Tu vai a celebrarla lassù, la Liturgia del Cielo è più bella che quella che hai descritto. Va’, don Franck, la porta del Cielo è aperta per te".
Aveva 39 anni di vita e 15 anni di sacerdozio.
Alla Messa di trigesima, il 1° febbraio 2007, nella chiesa di S. Eugenio a Parigi, si è detto di lui "Insegnare e dirigere le anime, ecco due funzioni sacerdotali che trovano il loro compimento nel più alto compito del sacerdote: santificare le anime con i Sacramenti e l’offerta del S. Sacrificio della Messa. Il sacerdote è sacrificatore: colui che sta all’altare per offrire a Dio il sacrificio della croce per la salvezza delle anime. Ma per essere uniti a Cristo, occorre essere sacerdote e vittima, perché così è stato Lui, Cristo, sacerdote e vittima del suo sacrificio. Cosi è stato in tutta la vita, don Franck Quoex, sacerdos et hostia.


Autore:
Paolo Risso

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Aggiunto/modificato il 2009-06-28

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