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Juan Donoso Cortés Laico

Testimoni

1809 - 1853


Lo spagnolo Juan Donoso Cortés (1809-1853) è stato uno dei più aspri critici della modernità e, in particolare, dei sui riflessi nell'ambito della teoria e della prassi politiche. In realtà, egli, al tempo degli studi universitari condotti a Salarnanca e a Siviglia, aveva maturato idee di stampo liberale e progressista, leggendo le opere di autori come Locke, Condillac; Rousseau e Voltaire. Tuttavia, in breve tempo, il suo liberalisrno si attenuò, finché negli anni 1847-48, in concomitanza con vicende strettamente personaii (la coerente testimonianza di un amico cattolico e la pia morte di un fratello) ed esperienze politiche (le rivoluzioni esplose in tutta Europa, di cui egli poté valutare di persona gli effetti in qualità di ministro plenipotenziario della Spagna a Berlino), si convinse dell'erroneità dette dottrine moderne e dell'unica e piena verità del cattolicesimo Da quel momento, Donoso dedicò tutte le sue energie a denunciare gli errori del pensiero moderno e ad affermare l'insostituibile ruolo del cattolicesimo al fine di preservare l'Europa dal Caos e dalla tirannide. La testimonianza più completa delle sue concezioni, improntate a un rigido tradizionalismo cattolico, è la Lettera da lui inviata nel 1852 al cardinal Fornari che gli aveva chiesto un giudizio sui principali errori filosofici e teologici dell'epoca: tale scritto, che verrà utilizzato da Pio IX al momento della redazione del Sillabo, sì presenta come un testo logicamente rigoroso e assai penetrante, capace di cogliere con grande lucidità i gravi limiti dell'ideologia liberale e di quella socialcomunista che si stavano affermando in Europa.
Donoso Cortés fu un uomo di successo, deputato, oratore forbito, consigliere di re e regine, diplomatico, filosofo, le sue opere si diffusero rapidamente e interessarono uomini del calibro di Ranke e Schelling. Tutto ciò non lo distolse dall'impegno di vivere profondamente e seriamente la fede cristiana, mediante la preghiera, l'ascesi e la carità, finché la morte lo colse appena quarantaquattrenne a Parigi il 3 maggio del 1853.
Donoso Cortés appare dominato da un'unica ansia, quella dì rendere testimonianza alla verità senza cedimenti e accomodamenti, e ciò, più volte, lo spinge a sposare posizioni estreme; ma sicuramente non gli mancano ottime capacità di analisi e di comprensione della realtà, che lo fanno apparire quasi un profeta in grado di prevedere gli sviluppi della storia e della cultura europee incamminate sulla strada dell'ateismo e della secolarizzazione. Seguace di Sant'Agostino, Donoso giudica pessimisticamente la natura umana e critica con durezza l'ottimismo razionalistico che crede nella bontà innata dell'uomo, nella rettitudine degli istinti, nella positiva autosufficienza della ragione, nel progresso illimitato. Al centro delle riflessioni donosiane sta il concetto di ordine divino, considerato il fondamento sia del creato che della Storia; la natura e l'umanità sono sorrette a un complesso di leggi che le governano e il cui sovvertimento è causa dei mali che affliggono il mondo: secondo Donoso, l'erroneità delle ideologie liberali, socialiste e comuniste deriva proprio dal tatto che esse non riconoscono e non rispettano tale ordine, che invece il cattolicesimo accetta e incrementa, affermandosi così come l'unica dottrina autenticamente valida e apportatrice di salvezza.
Donoso sottolinea il grande valore della libertà umana, che raggiunge la pienezza quando si conforma ai comandi divini mentre si perverte nel momento In cui compie il male: il peccato originale, che per primo alterò l'ordine voluto da Dio, continua a condizionare negativamente i singoli uomini e la storia nella sua interezza; coloro che non si rendono conto di tale drammatica evidenza e che negano la terribile forza del peccato non sono in grado di capire né l'uomo né le vicende storiche che, agli occhi del pensatore spagnolo, sono caratterizzate da un titanico scontro tra bene e male. Figlie del peccato sono le rivoluzioni, che infrangono l'ordine politico, come il peccato infrange l'ordine etico; figlio del bene è l'ordine, che dunque deve essere restaurato perché ciò è nei piani stessi di Dio: "Quest'ordine - scrive Donoso - consiste nella superiorità gerarchica della fede sulla ragione, della grazia sul libero arbitrio, della Provvidenza divina sulla libertà umana, della Chiesa sullo Stato; e, per dirla tutta in una sola volta, nella supremazia di Dio sull'uomo… Solamente nella restaurazione di codesti eterni principi nell'ambito religioso e dell'ordine politico e sociale dipende la salvezza delle società umane… Questi principi non possono essere riattivati se non da chi li conosce, e nessuno li conosce se non la Chiesa cattolica".
Muovendosi in questo contesto, Donoso difende a spada tratta l'istituto farniliare, la struttura gerarchica della società, il potere e l'autorità che lo esercita, e cerca sempre le profonde motivazioni teologiche che sorreggono queste sue certezze politiche, convinto com'è che gli errori dei moderni derivino dal misconoscimento delle basilari verità religiose predicate dal cattolicesimo.
Non immune da qualche esagerazione e viziato da un eccesso dì radicalismo, il pensiero di Donoso Cortés trova una chiara giustificazione nella situazione storica in cui si colloca, ovvero quella di un'Europa che si sta scristianizzando e che viene travolta dalle rivoluzioni.
Innegabili restano peraltro l'autenticità della passione religiosa di Donoso e la sua notevole acutezza nell'analizzare la realtà sociale e politica.


Autore:
Maurizio Schoepflin

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Aggiunto/modificato il 2009-09-26

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