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Beato Bernardo Francesco de Hoyos y de Seña Sacerdote gesuita

29 novembre

Torrelobatón, Spagna, 21 agosto 1711 - Valladolid, Spagna, 29 novembre 1735

Bernardo Francisco de Hoyos y de Seña nacque il 21 agosto 1711 a Torrelobatón, in Castiglia, figlio di nobili genitori. A nove anni fu inviato al collegio dei Gesuiti di Medina del Campo, proseguendo gli studi a Villagarcía de Campos. Manifestò il desiderio di entrare nella Compagnia di Gesù, ma non gli venne permesso inizialmente, per via della sua fragile salute. L’11 luglio 1711 cominciò il noviziato, terminato il quale tornò a Medina del Campo per gli studi filosofici. Il 3 maggio 1733, quando era ormai allievo degli studi teologici al collegio Sant’Ambrogio di Valladolid, gli arrivò una lettera dal confratello Agustín de Cardaveraz, che gli domandava di copiare alcuni brani del libro «De cultu Sacratissimi Cordis Iesu», scritto in latino da padre Joseph Gallifet. Bernardo cominciò l’opera: si sentì tanto conquistato da quel che leggeva, da decidere che avrebbe diffuso il più possibile la devozione al Sacro Cuore di Gesù. Alcune intuizioni spirituali profonde lo condussero a stilare un piano in sette punti, che compresero anche la scrittura de «Il Tesoro nascosto», il primo libro in lingua spagnola sui fondamenti teologici di quella devozione. Bernardo fu ordinato sacerdote il 2 gennaio 1735; nel giugno dello stesso anno, predicò la prima novena pubblica al Sacro Cuore organizzata in Spagna. Due mesi dopo il suo arrivo al collegio di Sant’Ignazio a Valladolid, si ammalò di tifo: morì il 29 novembre 1735, a ventiquattro anni. È stato beatificato in Plaza de Colón a Valladolid il 18 aprile 2010, sotto il pontificato di papa Benedetto XVI. I suoi resti mortali, sepolti nella chiesa del collegio di Sant’Ignazio a Valladolid, sono andati dispersi dopo la riconversione in chiesa parrocchiale.



Nascita e famiglia
Bernardo Francisco de Hoyos y de Seña nacque il 21 agosto 1711 a Torrelobatón, in Castiglia, a circa venticinque chilometri da Valladolid. Era figlio di don Manuel de Hoyos Bravo e di doña Francisca de Seña de Castro, nobili e molto religiosi.
Fu battezzato sedici giorni dopo la nascita, nella chiesa di Santa Maria a Torrelobatón. I genitori vollero chiamarlo Bernardo in onore di san Bernardo di Chiaravalle, la cui memoria cade il 20 agosto, mentre il parroco propose di metterlo anche sotto il patrocinio di san Francesco Saverio, una statua lignea del quale, molto venerata dagli abitanti del paese, era presente in chiesa.

I primi anni
Bernardo ricevette la Cresima il 23 maggio 1720, sempre al suo paese, dove ricevette anche la prima educazione scolastica. Poiché ebbe ottimi risultati, fu inviato dai genitori al collegio dei Santi Pietro e Paolo di Medina del Campo, retto dai padri Gesuiti, per gli studi di “infima grammatica”.
Tuttavia, quando frequentava già gli studi secondari, venne a sapere che a Madrid avrebbe potuto essere educato ancora meglio. A quel punto, senza dire nulla a nessuno, salì su di un’asinella e si mise in viaggio da solo; aveva appena dieci anni. A Madrid abitava un fratello del padre, che lo accolse e lo indirizzò a Villagarcía de Campos, in un altro collegio dei Gesuiti.

Nella Compagnia di Gesù
Nel 1725, Bernardo era studente al terzo anno di “umanità”, ma aveva già deciso di entrare nella Compagnia di Gesù. Manifestò il suo desiderio al confessore, poi domandò il permesso ai genitori. Superate alcune difficoltà dovute alla sua salute, venne fissata la data per l’ingresso in noviziato: l’11 luglio 1736. Avrebbe compiuto quindici anni dopo un mese e dieci giorni.
Nei suoi primi anni di formazione, Bernardo ebbe una notevole attenzione per la comunione eucaristica, la pratica della penitenza, la lettura di libri spirituali, la visita ai malati e l’aiuto ai poveri. Nello stesso periodo, il 31 dicembre 1726, vennero canonizzati due giovani gesuiti, Luigi Gonzaga e Stanislao Kostka. Bernardo fu molto toccato da quell’evento, ma scelse come modello un altro giovane confratello in fama di santità, Giovanni Berchmans (beatificato nel 1865 e canonizzato nel 1888).
Al termine del noviziato, poté emettere i “voti di devozione”, primo passo per essere membro della Compagnia di Gesù. L’anno successivo fu ammesso ai voti perpetui. Non aveva ancora diciott’anni, quando gli venne concesso di rinunciare legalmente a tutti i suoi beni materiali, presenti e futuri. La beneficiaria fu sua sorella Teresa, più piccola di lui di sei anni.

La purificazione di Bernardo
In quel periodo, Bernardo si allenò alla purificazione interiore. Diede battaglia alla vanità che poteva nascondersi nel suo quotidiano di giovane scolastico (ossia di gesuita in formazione verso il sacerdozio), ma anche alla tristezza e allo scoraggiamento.
Soffrì per alcuni problemi familiari, ma anche perché i superiori, che fino ad allora lo avevano tenuto in considerazione, sembravano trascurarlo. In più, un’epidemia di peste colpì anche il noviziato: morirono un professore e uno dei suoi compagni. Bernardo raccolse i frutti della sua esperienza, particolarmente forte nell’anno 1726, nel trattato «Impeto dell’amore divino», nel quale espresse come le sofferenze siano grazie spirituali che aiutano a far maturare lo spirito.
Nell’ottobre 1728, terminato il noviziato, tornò a Medina del Campo per il triennio degli studi filosofici. Si distinse per l’intelligenza e la dedizione allo studio, a tal punto che, nel giugno 1731, discusse la tesi conclusiva a poco meno di vent’anni. Passò quindi al collegio Sant’Ambrogio di Valladolid per il quadriennio degli studi teologici.

Una lettera da Bilbao
Il 3 maggio 1733 gli arrivò una lettera da parte del confratello Agustín de Cardaveraz, ordinato prete poco prima e destinato al collegio gesuita di Bilbao, a cui era stato chiesto di predicare in occasione della festa del Corpus Domini.
A padre Agustín venne in mente di aver visto, nei suoi anni a Valladolid, un testo intitolato «De cultu Sacratissimi Cordis Iesu», scritto in latino da padre Joseph Gallifet e pubblicato nel 1726. L’autore era stato allievo di padre Claude de la Colombière (canonizzato nel 1992), il quale a sua volta era diventato il confessore delle Visitandine di Paray-le-Monial, compresa suor Margherita Maria Alacoque (canonizzata nel 1920), che gli riferì le rivelazioni del Sacro Cuore di Gesù da lei ricevute.

La scoperta della devozione al Sacro Cuore
Bernardo andò subito a cercare il libro, lo portò in camera e si mise a copiare i paragrafi che gli aveva chiesto il confratello. Così descrisse quello che gli avvenne: «Io, che non avevo mai sentito una cosa simile, cominciai a leggere l’origine del culto del Cuore di Gesù, e sentii nel mio spirito un movimento straordinario, forte, dolce e non impetuoso, per cui andai subito davanti al Signore Sacramentato a offrirmi al suo Cuore, per cooperare per quanto potevo, almeno con le preghiere, all’estensione del suo culto.
Non potei scacciare da me questo pensiero finché, mentre adoravo il mattino seguente (4 maggio) il Signore nell’ostia consacrata, mi disse chiaramente e distintamente che voleva per mio mezzo estendere il culto del suo Cuore sacrosanto, per comunicare a molti i suoi doni...». Fino ad allora, in effetti, la devozione al Sacro Cuore di Gesù era praticamente sconosciuta in Spagna, mentre la festa era celebrata ancora solo in qualche località della Francia.

La «Grande Promessa»
Undici giorni dopo, nella festa dell’Ascensione, il 14 maggio, Bernardo si trovava con gli altri scolastici nel presbiterio della cappella del collegio, a lato dell’altare. «Dopo la Comunione, ebbi la stessa visione del Cuore... Mi diede a intendere che le ricchezze di questo Cuore non erano date da gustare per me solo, ma anche perché tramite me le gustassero altri. E chiedendo questa festa specialmente per la Spagna, in cui pare non si abbia neppur notizia di essa, mi disse Gesù: “Regnerò in Spagna e con più venerazione che altrove”».
Quell’espressione fu poi definita la «Grande Promessa», proprio come una delle rivelazioni del Sacro Cuore a suor Margherita Maria. Costituiva un impegno perché Bernardo facesse conoscere il culto al Sacro Cuore in tutto il territorio spagnolo, che comprendeva all’epoca anche l’America Latina e le Filippine.

Un piano in sette punti
Il giovane religioso si sentì inadeguato a un compito così grande. Ne parlò solo con padre Juan de Loyola, il suo direttore spirituale, il quale chiese a propria volta aiuto a padre Agustín de Cardaveraz. Allo stesso tempo, accettò di essere sottoposto per due mesi, nel maggio e nel giugno 1730, all’inchiesta ordinata da padre Villafañe, il superiore provinciale.
Cominciò la sua missione consacrandosi, il 12 giugno 1733, al Sacro Cuore. Stese quindi un piano in sette punti: cercare l’approvazione da parte dei Gesuiti più influenti della Provincia; scrivere libri che esponessero in modo chiaro quella devozione; diffondere stampe e disegni; insieme a questi, divulgare una novena; ottenere che i sacerdoti incaricati delle missioni al popolo parlassero del Sacro Cuore; far sì che i vescovi spagnoli facessero richiesta formale al Santo Padre affinché in Spagna, come altrove, si celebrasse la festa del Sacro Cuore con Messa e Ufficio propri; che re Filippo V in persona si rivolgesse al Papa perché la festa venisse concessa in Spagna e nelle colonie.
Bernardo attuò il piano non da solo, ma lavorando insieme ad alcuni confratelli, sia sacerdoti sia compagni di studi. Formarono quindi il “Gruppo dei Cinque”, come si chiamavano tra loro. Sapevano che avrebbero affrontato numerose difficoltà, ma si sentivano incoraggiati dal Cuore di Gesù.

«Il Tesoro nascosto»
Bernardo venne a sapere che il confratello padre Peñalosa stava traducendo un libro sul Sacro Cuore, il cui autore era padre Croisset, che l’aveva scritto in francese. La traduzione, però, tardava ad arrivare. Sempre più impaziente di compiere il secondo punto del suo piano, chiese a padre Loyola di scrivere lui stesso un libro totalmente nuovo. Inizialmente si rifiutò perché aveva molto da fare, ma alla fine si mise all’opera. Il titolo scelto fu «Il Tesoro nascosto»; era direttamente in lingua spagnola.
Il manoscritto passò la censura ecclesiastica della Compagnia di Gesù e quella della curia diocesana di Valladolid. Era sul punto di venire pubblicato, quando i superiori gesuiti chiesero di sottoporlo anche alla Santa Sede: si trattava, in effetti, di una devozione nuova. Dopo due o tre mesi circa, arrivò il responso favorevole.
Bernardo, pieno di gioia, andò a riferire la notizia al superiore provinciale, ma si sentì rispondere che nello stesso periodo era uscito un altro libro sullo stesso tema e due sembravano troppi. Di fatto, padre Calatyud, uno del “Gruppo dei Cinque”, aveva dato alle stampe un manuale di preghiere al Sacro Cuore. «Il Tesoro nascosto», invece, mirava a far comprendere anche i fondamenti teologici di quella devozione. Entrambi i libri furono riesaminati e approvati definitivamente.
Bernardo cominciò il lavoro di esame delle bozze, quando dovette accompagnare un compagno malato al suo paese, affinché si ristabilisse. Gli costò molto ubbidire, ma dopo venti giorni tornò a Valladolid e riprese la revisione.
fondamenti teologici.
Alla fine, il 21 ottobre 1734, Bernardo poté avere in mano il primo esemplare a stampa de «Il Tesoro nascosto». Lo tenne sotto il proprio abito mentre andava a ricevere la Comunione, così da offrirlo al Sacro Cuore. L’opera, nel corso dei secoli, ha avuto varie ristampe, anche se a lungo ha portato il nome di padre Loyola come proprio autore.

L’ordinazione sacerdotale
Intanto, Bernardo stava concludendo il terzo anno di Teologia, al termine del quale sarebbe stato ordinato sacerdote. Doveva però chiedere la dispensa sull’età, dato che aveva ventitré anni, ma non volle che per lui si facesse un’eccezione. I superiori erano di parere contrario, così il giovane obbedì.
Il 18 dicembre 1734 fu ordinato suddiacono, il 31 dicembre diacono e infine, il 2 gennaio 1735, divenne sacerdote, con altri due compagni. Celebrò la Prima Messa il 6 gennaio 1835 nella chiesa del collegio di Sant’Ignazio a Valladolid.
Nel giugno dello stesso anno, organizzò la prima novena pubblica in onore del Sacro Cuore tenuta in tutta la Spagna, nella chiesa del collegio di Sant’Ambrogio a Valladolid: a quello scopo, fece anche realizzare un quadro del Sacro Cuore, che fu molto venerato dai fedeli durante la novena.

La morte
Pochi mesi dopo, a settembre, padre Bernardo si trasferì al collegio di Sant’Ignazio per la “Terza Probazione”, l’ultima tappa della formazione dei Gesuiti. Due mesi e mezzo circa dopo il suo arrivo, ebbe una febbre altissima: gli fu diagnosticata una forma di tifo. Morì il 29 novembre 1735, dopo quindici giorni di malattia, esclamando: «Oh, che bello abitare nel sacro Cuore di Gesù!». Aveva ventiquattro anni.
Venne sepolto nella cappella del collegio di Sant’Ignazio, ma nel 1767 re Carlo III espulse i Gesuiti dalla Spagna. L’edificio rimase chiuso per sette anni, dopo i quali fu riconvertito in chiesa parrocchiale, sotto il titolo dei Santi Michele e Giuliano. Le tombe furono aperte per collocare i resti dei parrocchiani; quelli di padre Bernardo vennero trasferiti in un altro luogo, ma da allora se ne sono perse le tracce.

La causa di beatificazione fino al decreto sulle virtù eroiche
Sempre per via dell’espulsione dei Gesuiti dal territorio spagnolo, non fu possibile cominciare a lavorare in tempi brevi alla causa di padre Bernardo. Solo il 17 ottobre 1895, alcuni giorni prima di essere creato cardinale, monsignor Antonio Maria Cascajares, arcivescovo di Valladolid, aprì il processo diocesano, che si concluse nel 1899. Nel 1902 si ebbe il decreto sugli scritti, necessario perché cominciasse la fase romana.
Il decreto sull’introduzione della causa venne emesso l’11 febbraio 1914, seguito dal decreto sull’assenza di culto, il 12 dicembre 1917. Il processo apostolico si svolse dal 1914 al 1919. Serviva però un’indagine storica, a causa dell’assenza di testimoni contemporanei di padre Bernardo.
La causa venne riesaminata molti anni dopo, a motivo della prima guerra mondiale e della guerra civile spagnola. Il 31 maggio 1961 si riunirono i Consultori Storici della Sacra Congregazione dei Riti, l’organismo competente all’epoca circa le cause di beatificazione e canonizzazione.
La “Positio super virtutibus” venne consegnata circa trent’anni dopo, nel 1990. I Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi si riunirono il 27 giugno 1995, dando voto favorevole all’esercizio in grado eroico delle virtù cristiane da parte del Servo di Dio. Anche i cardinali e i vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi, il 12 dicembre 1995, diedero parere positivo. Il 12 gennaio 1996, quindi, il Papa san Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto con cui padre Bernardo veniva dichiarato Venerabile.

Il miracolo per la beatificazione
Come possibile miracolo per ottenere la sua beatificazione è stato preso in esame il caso di Mercedes Cabezas Terrero, che a quindici anni cominciò a essere gravemente malata. Tre anni dopo, le venne diagnosticato un tumore maligno nei pressi dell’appendice e dell’ovaio sinistro, che le vennero estirpati. Non fu possibile intervenire, invece, sulle altre forme tumorali situate nell’intestino e nel peritoneo.
Mercedes ricevette per due volte la Comunione in forma di Viatico. L’ultima volta, il 30 marzo 1946, fu visitata dal gesuita padre Antonio Flores, che le suggerì di chiedere l’intercessione di padre Bernardo, cui lei era molto devota. Lo stesso giorno cominciò una novena, ma non migliorò. Il 20 aprile, con un filo di voce, chiamò sua madre per dirle di cominciare un’altra novena.
Nella notte tra il 21 e il 22, Mercedes ebbe una crisi violenta, tanto da essere considerata in fin di vita. Il suo parroco, don Adolfo Bueno, accorse per portarle l’Unzione degli Infermi e per suggerirle le preghiere dei moribondi. La malata non riusciva nemmeno a baciare il crocifisso che il sacerdote le porgeva.
Nel momento in cui stava per spirare, mentre il parroco, in chiesa, celebrava la Messa per lei, sentì una strana sensazione di benessere in tutta la persona. Quando si riprese, dichiarò di essere stata guarita per intercessione di padre Bernardo e domandò di poter essere visitata da un medico. Il tumore non aveva lasciato cicatrici né altri segni, come se non ci fosse mai stato.
Anni dopo, Mercedes fondò la congregazione delle Operaie Missionarie del Sacro Cuore, dedite all’educazione dei bambini poveri e dei disabili, nonché all’assistenza dei moribondi. Morì nel 1993 a Santander, per cause estranee alla precedente malattia. Anche per lei è stata aperta la causa di beatificazione e canonizzazione: è Venerabile dal 2017.

L’inchiesta sul miracolo e la beatificazione
L’inchiesta diocesana sul presunto miracolo si svolse dall’11 novembre 1947 all’8 ottobre 1949 e venne convalidata il 1° marzo 1996, tre mesi dopo la promulgazione del decreto sulle virtù eroiche.
Il 13 marzo 2008 si riunirono i Consultori Medici della Congregazione delle Cause dei Santi, che si pronunciarono circa l’impossibilità di spiegare, con le conoscenze mediche del tempo, la guarigione di Mercedes. Il 7 luglio dello stesso anno, i Consultori Teologi confermarono il nesso tra l’accaduto e l’intercessione di padre Bernardo. Anche i cardinali e i vescovi della Congregazione si espressero a favore.
Il 17 gennaio 2009, ricevendo in udienza monsignor Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Benedetto XVI autorizzò la promulgazione del decreto con cui la guarigione di Mercedes era riconosciuta come miracolosa e ottenuta per intercessione del Venerabile Bernardo Francesco de Hoyos.
Il rito della beatificazione è stato celebrato il 18 aprile 2010 in Plaza de Colón a Valladolid, presieduto da monsignor Amato come delegato del Santo Padre. La memoria liturgica del nuovo Beato venne fissata al 30 novembre, giorno esatto della sua nascita al Cielo.

Il Santuario della Grande Promessa
Dopo l’espulsione dei Gesuiti, anche la chiesa del collegio di Sant’Ambrogio a Valladolid divenne chiesa parrocchiale, intitolata a Santo Stefano. Un grave incendio avvenuto il 27 novembre 1869 distrusse tutte le opere d’arte in essa contenute, ma non danneggiò la struttura architettonica: l’anno successivo venne già riaperta.
Nel 1933, in occasione del bicentenario della Grande Promessa, Remigio Gandásegui y Gorrochátegui, arcivescovo di Valladolid, cominciò a promuovere l’idea di trasformare la chiesa in un Tempio Espiatorio Nazionale del Sacro Cuore di Gesù. Papa Pio XI concesse l’approvazione in un documento inviato il 12 agosto 1933, ma il progetto tardò a compiersi.
Il 15 giugno 1941, dopo alcuni interventi di rifacimento dell’edificio, l’arcivescovo Antonio García y García consacrò la chiesa, col nome di Santuario Nazionale della Grande Promessa. Con la bolla del 12 maggio 1964, il Papa san Paolo VI concesse l’erezione del Santuario a Basilica Minore. Oggi è un centro di spiritualità, in cui continuano a essere vissuti e diffusi gli insegnamenti del Beato Bernardo de Hoyos.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2019-08-13

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