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> Home > Sezione Venerabili > Venerabile Marcello della Vergine del Carmelo (Boldizsár Marton) Condividi su Facebook Twitter

Venerabile Marcello della Vergine del Carmelo (Boldizsár Marton) Sacerdote carmelitano

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Kiskomárom (oggi Zalakomár), Ungheria, 9 settembre 1887 - Budapest, Ungheria, 29 maggio 1966

Papa Francesco l'ha dichiarato Venerabile il 9 dicembre 2013.



Un anno prima della sua morte, Padre Marcello scriveva “Ave Maria in coelum Asumpta. Offro la mia morte per la gloria del Padre, per la consolazione di Gesù, per il diletto della mia Madre Immacolata”.
Scriveva anche che era stata la “piccola via” di Santa Teresa di Gesù Bambino  ad insegnargli l’atteggiamento da tenere davanti a Dio-Amore che si dona in Cristo Gesù. Si tratta di una completa auto donazione del bambino che dà tutto se stesso con fiducia. Ma il modello più compiuto Padre Marcello lo trova in Maria  ed è, per mezzo di Lei che l’amore trinitario lo afferra e gli fa sperimentare  la stessa vita d’amore. Nel suo diario afferma “nella mia vita spirituale non poteva esserci alcun posto per il mio “Io”. Esso fu definitivamente annientato perché interamente dato a Dio …..Senza di me non potete fare nulla così pure senza la Madre. Per questo l’Uomo-Dio ci ha lasciato come testamento sulla croce “ecco tua madre”. …. è dunque possibile essere autodidatti? L’ideale dell’uomo cristiano può essere soltanto questo solo la Vergine Madre mi educa” (dalla scheda scritta da padre Marcello il 15 agosto 1965).
E ancora si può ben constatare come questo scritto steso poco tempo prima di morire, trovava riscontro con quanto padre Marcello provava già nei primi anni della sua vita in cui egli aveva ricevuto in dono gratuitamente la dolce presenza di Maria. Quindi egli afferma che da piccolo senza cercarla l’ebbe in dono. Ma questa felicità però non durò e infatti, dopo averla trovato, la perse per poi ritrovarla in età adulta. Ma le circostanze in cui padre Marcello riprende il suo cammino affianco alla Madonna, sono molto più difficili. Infatti per 15 anni visse fuori dal proprio convento a causa della persecuzione religiosa ed alloggiò in un piccolo ripostiglio dietro la chiesa carmelitana di Budapest. Egli soffriva di gravi infermità ed era incapace di provvedere a se stesso. Doveva dipendere ed essere accudito. Ma la cosa che lo faceva più soffrire era soprattutto l’incomprensione dei confratelli che non l’accettavano e non lo stimavano. Era veramente una condizione penosissima ma in tutto questo Padre Marcello visse certamente la rassegnazione e la serenità ma più ancora la felicità, quella del bambino che si sentiva amato o del giovane sposo che condivideva l’amore con  la propria amata.
Se si esamina la sua vita alla luce della fede, si può ravvisare che ci si trova di fronte all’incarnazione concreta dello spirito delle beatitudini. Infatti padre Marcello fu sedotto dalla Bellezza dell’Amore (Cristo) riflessa sulla Vergine Immacolata. Accogliendola nella sua vita anch’egli assorbe via via quelle che sono le caratteristiche del Regno di Dio. Rinascendo nello Spirito, riscopre quella infanzia spirituale tipica del bambino evangelico.
Sembrava che le delusioni lo travolgessero ma la Madre del Bell’Amore continuò ad essergli fedele e padre Marcello scoprirà la presenza di Maria nella sua vita convertendosi gradualmente attraverso la delicata pedagogia della Madonna che si manifestò attraverso vari avvenimenti. Lo colpì una partecipazione alla Passione di Cristo dove, nel vedere Gesù deriso e umiliato, esclamò che la scena non era rimasta solo nella sua memoria ma soprattutto nella sua anima e nel suo cuore. Successivamente un’attrazione forte a ritirarsi per essere con Dio solo e diceva: “ Volevo rimanere in incognito nel silenzio, nel deserto perché Dio potesse parlare al mio cuore”. Così accettò una proposta di fare un ritiro nel convento di Modling dove per 40 giorni poté comprendere fino in fondo che solo Dio basta e dove, purificandosi ulteriormente, realizzò che la celeste sapienza della povertà di spirito diventasse la sua stessa vita. Così ritrovò il Bell’Amore che aveva sperimentato nella sua giovinezza e scoprì che “dobbiamo lasciare che Gesù viva in noi a qualunque prezzo. A costo del nostro Io “. Comprese in  questo ritiro che era chiamato a vivere la vita del Bell’Amore sotto il manto della Vergine del Carmelo e all’età di 38 anni lasciò tutto per entrare definitivamente proprio nel Carmelo. Dopo la sua ordinazione venne nominato maestro dei novizi e in questo ruolo si espresse meravigliosamente come padre, madre, fratello, direttore spirituale, insegnante nei confronti dei suoi allievi. Ma scoprì anche le esigenze forti del Bell’Amore e la grande difficoltà di identificarsi al modello di Gesù dovendo patire le prove delle incomprensioni e delle calunnie.  Fu prolifico di insegnamenti per la vita spirituale ma fu criticato dai suoi confratelli perché giudicato troppo esagerato, troppo pieno di devozione, soprattutto per quel che riguarda il raccoglimento e la pratica della presenza di Maria . Per padre Marcello ci fu una piccola “persecuzione” che fu però un boomerang per i suoi confratelli che rivelarono così un animo insensibile e poco praticante. Ci fu poi un’altra croce e cioè la diffamazione circa una sua presunta sifilide anche se gli esami prescritti  dai superiori erano risultati negativi. Volevano persino privarlo dell’insegnamento ma il Padre Generale lo difese e lo confermò nel suo incarico.
Padre Marcello, in questa circostanza, non si lasciò sfuggire neppure una lamentela e trattava tutti con amore. Di questa vicenda emerse qualcosa solo dal racconto di alcuni testimoni dopo la sua morte  e dalla sua autobiografia  solo alcuni versi che alludono alle sue sofferenze morali. Ma attraverso questa durissima prova Padre Marcello provò una delicatissima unione a Cristo e a sua madre. Padre  Marcello divenne poi famoso in Ungheria sia come predicatore e sia come confessore diventando direttore spirituale di varie autorità ecclesiastiche.  Il suo padre provinciale nel 1950 gli diede un mese di vacanza perché scrivesse la storia della sua vita rispondendo principalmente alla domanda di fondo e cioè quale influsso avesse avuto la Vergine Maria nella sua anima. Così egli potè meglio riscoprire se stesso volgendo indietro il suo sguardo nella sua giovinezza. Comprese scrivendo il libro “Il Bell’ Amore” con quale amore meraviglioso e con quale sollecitudine materna era stato guidato dalla Vergine Maria. Si preparavano tempi duri per la chiesa perché la dittatura comunista avrebbe chiuso di lì a poco tempo i conventi e i monasteri. Ma padre Marcello confidò nella presenza amorosa di Maria per la quale trovava la fiducia che nulla potrà ostacolare la stesura della  sua autobiografia. La soppressione degli ordini religiosi nel 1950 lo costrinse a lasciare il convento ma la sua speranza  era irremovibile e, da qualche testimonianza raccolta, si vedeva che egli mostrava una sicurezza e una certezza del tutto incomprensibile alla maggior parte dei religiosi. Fece persino un voto d’amore oramai convinto che nulla poteva separarlo dall’amore di Dio.
Padre Marcello dovette adattarsi a vivere in famiglia condividendo la stanza e dovendo praticare una povertà ancora più stretta di quella del convento. Non poteva predicare né celebrare messa (che però fece nascostamente). Padre Marcello perse il dono dell’udito che si abbassò notevolmente infliggendogli umiliazioni ancora dai confratelli. Anche se malato non si sentiva inutile, anzi cercava di essere più ricettivo alle notizie esterne, senza concentrarsi verso il suo male. Assorbiva le novità che arrivavano da Roma. In particolare scriveva nel suo diario i discorsi papali, le intuizioni dei padri conciliari circa la riforma liturgica e la rivalutazione del ruolo dei laici all’interno della Chiesa. Si sentiva negli ultimi suoi anni sempre più coinvolto con il Bell’Amore. Soprattutto, avvicinandosi il giorno della sua morte, Padre Marcello percepiva sempre più la Presenza della Vergine Maria. Il 16 maggio 1966 Padre Marcello cadde e si ruppe il collo del femore e dopo il ricovero in ospedale, provando sofferenze indicibili, morì il 29 maggio all’alba della domenica di Pentecoste, la festa dell’Amore divino e i confratelli videro in questa coincidenza un segno inequivocabile che la Santissima Trinità lo aveva finalmente accolto nel suo seno.


Autore:
Carlo Mafera


Fonte:
www.flipnews.org

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Aggiunto/modificato il 2013-12-10

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