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Ermengarda Golling Fanciulla

Testimoni

Terezín, Repubblica Ceca, 18 agosto 1915 – Vienna, Austria, 20 ottobre 1924

Ermengarda Golling, nata a Theresienstadt (oggi Terezín) da una famiglia benestante di origini viennesi, soffrì a lungo per alcuni maltrattamenti subiti dal padre, ma ebbe un carattere gioioso pur nelle avverse condizioni economiche della sua famiglia, provata dalla guerra e da alcuni dissesti finanziari. Il giorno della sua Prima Comunione, il padre, che aveva smesso di trattarla duramente, prese la decisione di riaccostarsi ai Sacramenti. Morì, all’età di nove anni, il 20 ottobre 1924 nella sua casa di Vienna, a causa di un’infiammazione cardiaca, poco dopo aver ricevuto per l’ultima volta l’Eucaristia.



Ermengarda Golling nacque il 18 agosto 1915 a Theresienstadt, in Boemia (oggi Terezín, in Repubblica Ceca). La madre vi si era trasferita da Vienna, insieme agli altri figli Otto, Ida ed Erika, perché il marito doveva prestare servizio nell’esercito: si era infatti nel periodo della prima guerra mondiale.
Nell’estate 1917 la famiglia tornò a Vienna, ma le condizioni di vita erano molto difficili. Ermengarda, di appena due anni, seguiva la madre di stanza in stanza, supplicandola a mani giunte: «Prego, mamma, pane!». Dato che i bambini si ammalarono e il padre era in guerra sul fronte meridionale, nel mese di ottobre venne deciso il trasferimento a Cilli (oggi Celje, in Slovenia).
Un giorno il signor Golling fece una sorpresa alla famiglia, ma Ermengarda non lo riconobbe e si nascose in un angolo: scambiando il suo timore per maleducazione, lui la picchiò. Di conseguenza, ogni volta che veniva in licenza, notava che la piccola correva a nascondersi, oppure stava in disparte.
A quel punto il padre adoperò un sistema eccessivamente severo: spesso le proibiva di sedersi a tavola quando si pranzava e le concedeva di mangiare non più di un pezzo di pane, in un angolo della stanza da pranzo. La mamma, però, si accorse che la bambina soffriva. Ad aiutarla era anche un’amica di famiglia, che spesso la invitava a casa sua e la rifocillava come poteva.
Spesso la mamma la conduceva in chiesa e le indicava Gesù presente dietro la porta del Tabernacolo. Ermengarda osservava fissamente la porticina dorata, ma, non vedendo venir fuori Gesù, un giorno, uscita di chiesa, esclamò: «Mamma, ho guardato fisso fisso la porticina dorata, ma non l’ho veduto il Bambino Gesù». A quel punto, le spiegò che Gesù è presente nell’Ostia e, vedendo come la figlia seguiva le sue parole, restò meravigliata.
Nei mesi estivi del 1919 la signora e i bambini cambiarono nuovamente casa, andando a vivere a Ried, nel bacino del fiume Inn. Ermengarda venne iscritta all’asilo, incontrando l’affetto delle suore che lo tenevano e dell’anziano servo del convento, che consolava a modo suo.
Le cose belle l’attraevano, ma ancora di più quelle che riguardavano Dio. Un giorno, sentendosi lodare per i suoi begli occhi, domandò a una delle suore: «Ha piacere il buon Dio se si hanno gli occhi belli?”. «Il buon Dio guarda il cuore», le fece osservare la religiosa. «Oh sì», rispose, «allora devo stare molto attenta per avere un bel cuore».
Un’altra volta, passando davanti a una bella casa in compagnia di un’altra suora, le chiese: «Le piacerebbe abitare in questa casa?». «No, cara: io non amo che il convento», fu la sua risposta. Dello stesso parere era la piccola: «Oh, anch’io! Mi piace stare soltanto dove abita il buon Dio... Come tutto è bello sotto gli occhi del buon Dio!».
Il regolamento dell’istituto prescriveva che le educande partecipassero alla Messa tutte le mattine, alle sei e mezza, tranne le più piccole. Ermengarda, però, non si dava pace: «Voglio fare un sacrificio per amore del buon Dio!», diceva; alla fine, le fu concesso.
Nel marzo 1921 la signora Golling venne a sapere che il nonno (non è dato sapere se paterno o materno), che non aveva ancora visto la più piccola delle nipoti, era in fin di vita: di conseguenza, prese con sé Ermengarda e la condusse nel paese dove viveva l’anziano, nella provincia dell’Eger. Ben presto la bambina familiarizzò con lui e gli fu accanto quando ricevette gli ultimi Sacramenti. Il 19 aprile 1921 il nonno morì sospirando i nomi di Gesù e Maria. Il suo contegno fu così sereno da far esclamare a Ermengarda, che continuava a stare nella camera funeraria senz’alcuna paura: «Ora il nonno è già in paradiso».
La morte del nonno gettò la mamma in uno stato di profonda depressione, tanto che non rimandò la bambina dalle suore. Un giorno, per cercare di consolarla il più possibile, esauriti i baci e le carezze intonò un canto: la donna fu così rasserenata da voler accompagnare la sua voce col suono del liuto e tornò a sorridere.
A scuola Ermengarda compiva rapidi progressi ed era particolarmente portata per il disegno. Aveva da poco imparato a sillabare, quando provò a leggere le parole che trovò scritte sotto un’immagine del Crocifisso: «Chi sta in croce è l’amor mio». Non capiva cosa significasse, così se lo fece spiegare dalla mamma: allora capì che doveva amare davvero Gesù. Prese tanto sul serio quel concetto che, perfino quando giocava con le sue bambole, parlava loro di Lui. Quando il padre venne a visitare la famiglia, non era più in collera con Ermengarda, tanto da trovar piacere nel sentirla leggere e nel vederla crescere.
Infine, arrivò il momento di tornare a casa. La piccola provò tanto dolore nel separarsi dalle maestre e dalle compagne che, appena partita da Ried, rimase affacciata al finestrino del treno che la portava via da lì finché riusciva a vedere il campanile della chiesa; quando non lo vide più, si rintanò a piangere in un angolo.
Appena arrivati a casa, i Golling trovarono che il loro appartamento era stato devastato. Nel bel mezzo di tanta desolazione, Ermengarda prese a correre in giro e, battendo le mani, esclamava: «Come siamo ricchi!». A quelle parole, i genitori non poterono fare altro che ridere.
Con la ripresa della vita quotidiana, venne anche il momento per Ermengarda di prepararsi alla Prima Comunione. La mamma iniziò a insegnarle delle giaculatorie e a pregare il Rosario, di cui la bambina recitava un mistero al giorno, ma soprattutto le suggeriva come fare quando avrebbe finalmente accolto Gesù nel suo cuore.
La famiglia, finalmente riunita, andò a trascorrere le vacanze estive in una villa a Rosenburg, sul fiume Kamp. Ma le difficoltà dovettero ricominciare: a causa della svalutazione monetaria, i Golling persero tutte le loro sostanze. Un giorno Ermengarda si accorse che la mamma aveva pianto per quel motivo e la consolò: «Mamma, era povero anche Gesù Bambino!».
Il 28 maggio 1924 la piccola compì la sua Confessione sacramentale, chiedendo perdono di tutte le sue mancanze. Durante la notte che la separava dalla tanto attesa Prima Comunione, non riuscì a dormire: la mamma la sorprese a pregare seduta sul letto.
L’indomani mostrò una volta di più la sua generosità nell’avvicinarsi a una compagna lasciata in disparte dalle altre: la prese per mano e le disse di venire con lei. In quel giorno tanto solenne capitò un altro evento felice: il signor Golling si decise, dopo vent’anni, a riaccostarsi ai Sacramenti. Per tutto quel giorno Ermengarda non giocò né con le bambole né con le amiche, ma rimase a riflettere sul dono grande che aveva ricevuto.
Nel mese di agosto, la piccola ebbe un forte attacco di angina, il che fece rinviare da parte del padre il suo ritorno a scuola. La sera dopo il suo ritorno a Vienna, mentre stava accompagnando con una danza una parente che suonava il pianoforte, improvvisamente si portò le mani al cuore e cadde svenuta sul divano di casa.
Il giorno dopo voleva andare a scuola, ma la madre non glielo permise. Improvvisamente le uscì il sangue dal naso: il medico, accorso, le diagnosticò un’infiammazione cardiaca avanzatissima. I genitori tentarono tutti i rimedi disponibili all’epoca per alleviare le sue sofferenze, incluso un congegno che le forniva acqua fresca di continuo. Qualsiasi cosa facesse, sia nel nutrirsi sia nel prendere le medicine e, in particolare, quando i dolori la tormentavano, esclamava: «Per amor di Gesù!».
La madre andava ogni giorno a Messa e si comunicava: quando la figlia la vedeva tornare, esprimeva il desiderio di tornare a ricevere Gesù una volta guarita. Al vedere la sua insistenza, la signora le riferì che Lui stesso sarebbe venuto da lei: così, il 19 ottobre, il suo desiderio si avverò.
Il giorno successivo, ormai prossima a morire, Ermengarda chiese perdono a tutti i suoi familiari e promise alla mamma che avrebbe pregato per loro. Quando il padre le chiese quale fosse stata la cosa che le dava più gioia, rispose: «La santa Comunione». Il fratello Otto corse a chiamare un sacerdote, così da poterle dare il Viatico. Pochi istanti dopo, la bambina spalancò le braccia e, col sorriso sulle labbra, morì.
Un’amica di famiglia, tempo dopo, riferì alla signora Golling di aver visto in sogno Ermengarda, che le raccomandava di andare a fare la Comunione. In un tentativo di spiegazione, le chiese da quanto tempo non ricorreva ai Sacramenti: la sua interlocutrice le rispose che era da più di dieci anni. La signora l’accompagnò personalmente da un padre gesuita, cosicché, in un certo senso per mezzo della bambina, ritornò in grazia di Dio.
La storia di Ermengarda Golling e di tanti altri piccoli amici di Gesù, quasi tutti sconosciuti o dimenticati ai nostri giorni, fu sintetizzata dalla scrittrice Maria Schmidtmayr nel libro «Bambini Santi».


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2014-01-23

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