Maria Vanderlinden nacque ad Anversa, in Belgio, il 26 novembre 1912, da una famiglia benestante, e venne battezzata il giorno successivo alla nascita. Quando la sua vita e quella della madre furono messe a rischio per una causa non ben precisata, i genitori fecero un voto alla Madonna: se Maria si fosse salvata, sarebbe stata vestita sempre di azzurro e bianco, i colori tradizionalmente riferiti alla Vergine.
Sin dai suoi primi anni, la bambina mostrò una certa inclinazione verso le espressioni religiose. Appena sveglia, al mattino, pregava così: «Bambino Gesù, ti dono il mio cuore! Prendilo, ti prego, che non sia di nessun altro, ma tutto tuo!». Faceva del suo meglio per vincere i suoi difetti, come la lentezza nel vestirsi, che spesso le causava dei rimproveri.
In casa, era nota con due soprannomi: “signorina superesattissima”, che le fu affibbiato dal fratello maggiore per via della precisione con cui compiva ogni cosa, e “bottiglietta di lacrime”, per via della sua notevole sensibilità.
Durante il periodo della prima guerra mondiale, la famiglia Vanderlinden sfollò in Inghilterra, poi tornò ad Anversa. Terminato il conflitto, venne il momento per Maria di prepararsi alla Prima Comunione: per questo motivo, la mamma l’affidò alle cure delle Religiose di Nostra Signora di Sion, che le diedero i primi elementi di catechismo. Il 29 maggio 1919 fu il giorno che lei attendeva da tanto tempo.
L’indomani, Maria e i suoi fratelli si misero a fantasticare sul loro futuro. Uno di loro disse: «Veramente non sono ancora deciso: ma vorrei diventare sacerdote e insieme guidatore di treno». La bambina protestò: «Ma questo è impossibile, è assurdo, perché il sacerdote deve aver sempre le mani perfettamente bianche!».
Dall’ottobre 1919 prese a frequentare regolarmente la scuola di dottrina cristiana, facendosi notare per la sua diligenza e le sue capacità non comuni, che furono premiate con un piccolo libro, «Invito alle piccole anime». Da quel testo, Maria conobbe la vita di santa Teresa di Gesù Bambino, che da allora prese a modello.
Un giorno un’amica di famiglia regalò ai bambini una scatola di dolci: ciascuno ne prese una parte, poi la scatola venne posta sul pianoforte che si trovava in salotto. Improvvisamente, il contenitore scomparve: ben presto, si scoprì che era stata Maria. Per scusarsi, spiegò: «Mamma, le Suore ci hanno detto che dobbiamo portare giocattoli e dolci per l’albero di Natale dei bambini poveri. Ho pensato che noi riceviamo spesso dei dolci e che la scatola potevo ben portarla a Sion».
Il suo spirito era portato a rendere spesso grazie a Dio di quanto riceveva. Sul suo libretto dei canti scrisse di suo pugno:
«Mio Dio, ti ringrazio
di non essermi ancora ammalata,
di aver ricevuto un fratellino,
di poter comunicarmi di frequente,
di aver buoni genitori,
di essere in una famiglia così numerosa,
di poter frequentare un istituto di educazione così buono».
Quando aveva otto anni, così svolse il tema che le era stato assegnato a scuola, «Perché amo Gesù?»:
«Amo Gesù, perché fu adagiato in un piccolo presepio;
perché Egli morì sulla Croce per salvarci;
perché s’è fatto così piccino, per poter discendere nell’Ostia santa;
perché m’ha dato genitori così buoni e sì cari fratellini;
perché ha creato una natura così bella;
perché egli ha fatto gli uccellini che cantano così bene;
perché mi ha affidata a una scuola così buona e a una maestra così brava».
Il 12 giugno 1921 Maria ricevette la Cresima, dalle mani del cardinal Mercier, Arcivescovo di Malines. Nove giorni dopo, il 21 giugno, venne assalita da forti dolori articolari e febbre, lei che prima d’allora aveva avuto una salute robusta. Il primo motivo per cui offrire le sue sofferenze fu la conversione di suo nonno materno, che da vent’anni aveva abbandonato la pratica religiosa, e per il quale pregava sin dal giorno della Prima Comunione. Provando una gran consolazione, lo vide riaccostarsi all’Eucaristia accompagnato dai figli e dai nipoti.
il 25 giugno, dato che sembrava in pericolo di vita, Maria ricevette i Sacramenti, paralizzata dal dolore. Dopo il rito, la madre le chiese: «Vuoi andare in paradiso o vuoi guarire?». La sua risposta fu: «Come vuole Gesù Bambino!». Ripeté quelle stesse parole ogni volta che i dolori la tormentavano di più.
Una notte di particolari patimenti, fece una domanda: «Mamma, perché mai ci tocca soffrire più di notte che di giorno?». «Perché la maggior parte dei peccati si commettono proprio di notte: per questo motivo i frati e le monache si alzano nel cuore della notte a pregare. È giusto che anche i bambini malati offrano al buon Dio i dolori della notte, per placare la sua giustizia». Dopo alcuni istanti di riflessione, Maria concluse: «Ho capito... voglio patire volentieri, perché i peccatori vadano in Paradiso!».
Nei pochi momenti di tregua dal male, la mamma leggeva alla figlia alcuni brani della vita di santa Teresa di Gesù Bambino. Ogni tanto si fermava, perché pensava che lei, a causa della sua giovane età, non arrivasse a comprendere quanto le veniva letto. Però Maria, che ascoltava con attenzione, esclamava: «Ti prego, mamma, leggi ancora, leggi avanti... capisco tutto! ».
Quelle letture facevano naturalmente pensare alla mamma di chiedere l’intercessione della santa di Lisieux per ottenerle la guarigione, ma la risposta di Maria era invariabile: «Sarà come vuole Gesù».
Alle sofferenze fisiche si aggiungeva la nostalgia del periodo in cui stava bene, ad esempio quando le capitò fra le mani una vignetta che raffigurava dei bambini che giocavano. La mamma consolò il suo strazio, ma la piccola rispose: «Oh, se giocherei volentieri! Ma se il Bambino Gesù mi vede più volentieri a letto, allora sono contenta anch’io».
Ci fu un lieve miglioramento nelle sue condizioni, così venne portata nella villa di campagna del nonno. Tutti erano speranzosi, tranne il padrone di casa, che commentò dispiaciuto: «La poverina è venuta qui a morire». Maria poté perfino alzarsi dal letto e compiere qualche passeggiata, ma venne nuovamente presa dalla malattia.
Il 28 novembre il medico affermò che la morte era vicina. La madre fece per dirglielo, ma lei rispose: «Mamma, lo so già che sono molto ammalata!». A quelle parole, la signora cadde in ginocchio accanto al letto. Improvvisamente, il volto di Maria apparve quasi trasfigurato: «Mamma», esclamò, «io rimiro il cielo!». «Che cosa hai veduto?», domandò. «Oh, non lo posso dire... vorrei andare in cielo!». Rimase nella villa fino al 23 dicembre.
L’8 gennaio 1924 avvenne una grave ricaduta: per tutta la notte Maria fu tormentata da una tosse insistente e vegliata dalla madre. Il mattino dopo, confidò alla madre: «Mamma, ho uno strano presentimento in cuore... non l’ho mai avuto! Credo che oggi me ne andrò in paradiso... Presto, un sacerdote! Dov’è il babbo?».
Nel mezzo dell’agonia, invocò il Signore: «Vieni, Gesù Bambino! Voi non sapete quanto io soffro! Gesù, accetto tutto! Non farmi patire troppo a lungo! Buon Gesù, vieni presto!». Raccolse le ultime forze e distese le braccia ed emise le sue ultime parole, simili a quelle della sua amata santa Teresa: «Gesù Bambino, vieni subito! Gesù... Maria... Giuseppe... io... ti amo... più di tutto... al mondo». Era il 10 gennaio 1924.
La storia di Maria Vanderlinden e di tanti altri piccoli amici di Gesù, quasi tutti sconosciuti o dimenticati ai nostri giorni, fu sintetizzata dalla scrittrice Maria Schmidtmayr nel libro «Bambini Santi».
Autore: Emilia Flocchini
|