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Beato Ferdinando Saperas Aluja Religioso clarettiano, martire

13 agosto

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Alió, Spagna, 8 settembre 1905 – Tárrega, Spagna, 13 agosto 1936

Fernando Saperas Aluja, nato nei pressi di Tarragona, fu molto religioso sin dall’infanzia. Entrò tra i Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, fondati da sant’Antonio Maria Claret, come religioso fratello: professò i primi voti il 15 agosto 1929. Fu impegnato prevalentemente come cuoco, poi come portinaio. Nonostante i suoi superiori apprezzassero la sua abnegazione e la sua fedeltà ai doveri quotidiani, non lo ammisero alla professione perpetua. Con la guerra civile spagnola, la comunità di Cervera, cui lui apparteneva, fu dispersa: fratel Fernando dovette fuggire, ospite in una casa amica. I persecutori lo raggiunsero mentre cercava un altro rifugio e cercarono di obbligarlo a tradire i suoi impegni religiosi, soprattutto quello relativo alla castità. Alla fine fu ucciso presso il cimitero di Tárrega, il 13 agosto 1936, mentre perdonava i suoi aggressori. La sua causa fu inserita nel gruppo denominato «Jaime Girón e 59 compagni», accomunati dall’essere membri della comunità clarettiana di Cervera. Il processo informativo fu aperto nella diocesi di Solsona l’11 febbraio 1948 e concluso il 26 dicembre 1954. Col decreto del 13 settembre 2006, la causa fu inclusa in un più ampio elenco che contava in tutto 109 potenziali martiri, tutti Clarettiani. Fratel Fernando fu indicato come capogruppo insieme a Mateo Casals Mas, religioso sacerdote, e Teófilo Casajús Alduán, religioso scolastico (ossia in formazione verso il sacerdozio), rappresentanti dei tre modi di appartenenza alla congregazione. La beatificazione di tutti e 109 è stata celebrata il 21 ottobre 2017, nella basilica della Sagrada Familia a Barcellona, sotto il pontificato di papa Francesco.



Infanzia
Fernando (in catalano Ferran) Saperas Aluja nacque ad Alió, in provincia e diocesi di Tarragona, l’8 settembre 1905, figlio di José Saperas, muratore, ed Escolástica Aluja. Fu battezzato nella parrocchia di San Bartolomeo Apostolo nel suo villaggio due giorni dopo la nascita. Alcuni anni più tardi, invece, ricevette il Sacramento della Cresima.
Compì gli studi elementari nella scuola del paese, distinguendosi più per il suo comportamento che per il suo profitto. Nel 1912 suo padre morì e la madre, per badare ai tre figli (Juan, dieci anni, Fernando, sette, e Román, quattro) e visto che non disponeva di beni di fortuna, s’improvvisò venditrice ambulante, finché non poté comprare un negozio di pescheria a Valls e vi si trasferì.

In cerca di un lavoro
Fernando maturò una notevole devozione: appena poteva, andava in chiesa e prestava molti servizi al parroco, anche come chierichetto. A tredici anni gli fu affidata, insieme al fratello Juan, la cura di alcuni appezzamenti di terra acquistati dalla madre.
Tuttavia, dato che i lavori agricoli gli costavano molta fatica, la madre cercò un lavoro più adatto a lui. Per un paio d’anni, quindi, il ragazzo lavorò come cameriere in due alberghi a Valls, ma anche lì non durò molto: le sue mani si screpolavano per via dell’acqua e in più il suo comportamento era parecchio diverso da quello dei suoi colleghi.

Schernito dai coetanei
Tornò quindi a casa, poi, aiutato da suo fratello Juan, trovò lavoro nel negozio del signor Alejo Montaner, che lo accolse come un padre. Fernando non perse la sua religiosità e restava fedele ai suoi doveri cristiani. Tutto questo suscitava le prese in giro dei suoi coetanei, che lo chiamavano “beato” (in spagnolo corrisponde, in senso dispregiativo, ai nostri “bigotto” o “paolotto”).
Dopo tre anni tornò in famiglia, anche perché doveva prestare servizio militare. Anche allora dovette subire lo scherno di tutti: in casa gli davano del fannullone perché non lavorava, fuori continuavano a chiamarlo “beato” perché andava spesso in chiesa.

Il tempo del servizio militare
Nel 1925 andò in caserma per iniziare il servizio militare; fu inviato a Barcellona l’anno seguente. Dato che aveva un buon fisico, fu inviato in Cavalleria, la cui caserma non era molto lontana dal Santuario del Cuore di Maria, retto dai Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, detti Clarettiani dal nome del loro fondatore, sant’Antonio Maria Claret.
L’ambiente militare non era di suo gradimento, per le conversazioni grossolane degli altri soldati. In compenso, Fernando fece amicizia col cappellano militare, che probabilmente intercedette per lui presso il colonnello. Fu quindi scelto come suo assistente, il che comportava vari incarichi, compreso portare a scuola i figli del suo superiore.

Vocazione tra i Clarettiani
Nel tempo libero, Ferdinando partecipava alle funzioni religiose nel Santuario del Cuore di Maria. Fu lì che iniziò a pensare alla vocazione religiosa, ma c’era un ostacolo: era troppo avanti con gli anni per mettersi a studiare. Uno dei Clarettiani, padre Soteras, gli spiegò che non gli servivano studi speciali: avrebbe potuto entrare come fratello coadiutore, ossia come religioso incaricato di aiutare i confratelli sacerdoti nei servizi domestici.
Fernando chiese del tempo per pensarci, ma il padre sacrestano, Jaime Puig, notò la sua devozione e commentò che, secondo lui, il giovane non era fatto per restare nel mondo. Lui rispose che stava pensando seriamente a entrare tra i Clarettiani, ma aveva paura della reazione che avrebbero avuto i suoi familiari.
Alla fine decise: non terminò neppure il servizio militare che andò a casa e confidò alla madre la sua scelta. Sia lei, sia il fratello Juan, non furono favorevoli, ma alla fine cedettero di fronte alla sua determinazione.

Il cammino verso la consacrazione
Nell’autunno 1928, quindi, Fernando si diresse a Vic, sede del noviziato; prima d’iniziarlo, però, seguì il postulandato per i religiosi fratelli. Il 21 dicembre scrisse ai familiari: «Per me preoccupatevi. La vita religiosa mi mette per bene alla prova, grazie a Dio. E… che duri! Raccomandatemi al Signore perché mi conservi la vocazione e di perseverare in questa Congregazione sino alla morte».
Vestì l’abito religioso il 14 agosto 1929 e iniziò il noviziato. Nell’anno che lo separò dalla professione, a cui partecipò anche sua madre, Fernando si dimostrò gran lavoratore, dotato di un carattere forte ma controllato, a volte capace di modi bruschi, ma sostanzialmente tenace.

Primi incarichi
Il suo primo incarico, a una settimana esatta dalla professione religiosa, fu quello di cuoco presso il postulandato di Alagon, che ospitava più di cento ragazzi. Dato che era alle prime armi, dovette impiegare una gran dose di pazienza, ma le difficoltà aumentarono, tanto che gli fu chiesto un periodo di pausa.
Così, il 13 ottobre 1930, cambiò destinazione: a Cervera, come aiuto-cuoco e incaricato del cibo per i malati. Con la proclamazione della Repubblica, il 14 aprile 1931, fu scelto come portinaio in quanto era uomo di poche parole e dal contegno serio. Negli intervalli liberi dai servizi di quella vasta comunità, recitava il Rosario completo.

Una breve malattia
Agli inizi del 1934 fu destinato a Mas Claret, una fattoria che serviva sia da luogo di vacanza per i Missionari, sia per fornire alimenti alla comunità di Cervera. Fratel Fernando si dedicò alla cura degli animali domestici, ma si prestava anche ai lavori di ampliamento della casa.
Il 29 maggio dello stesso anno cadde da una scala a mano, fratturandosi tibia e perone. Sopportò pazientemente le prime cure che gli furono prestate e anche l’operazione cui fu sottoposto. Appena possibile, però, rientrò a Cervera: perché avesse meno problemi, venne nominato aiutante del fratello calzolaio.

Non ammesso ai voti perpetui
In tutti i rapporti dei superiori emergono lodi al suo comportamento e alla sua fedeltà ai propri doveri. Tuttavia, nell’estate del 1936, fratel Fernando seppe di non essere stato ammesso ai voti perpetui, che avrebbe dovuto professare il mese seguente.
Tra l’uscita dalla congregazione o l’aggiunta di un ulteriore anno di prova, il Governo Provinciale scelse la seconda soluzione. Fratel Fernando accettò, certo di doversi sottoporre a ogni sorta di sacrificio, pur di restare fedele alla sua vocazione.

Nella persecuzione della guerra civile spagnola
Il 21 luglio 1936, due giorni dopo l’inizio della guerra civile spagnola, alla comunità di Cervera arrivò telefonicamente, da parte del sindaco della città, di lasciare nel giro di un’ora l’edificio dell’ex università, che dal 1887 era la loro casa. Usciti dalla porta del giardino, i Clarettiani si divisero: 21 si rifugiarono nell’ospedale o presso famiglie amiche, mentre gli altri (15 Padri, 44 Scolastici, 25 Fratelli e 38 Postulanti) salirono su alcuni autobus inviati dal Municipio.
Fecero per dirigersi verso Solsona, ma i rivoluzionari di quella città non li accolsero. Così, ormai di notte, i mezzi fermarono a San Ramon, presso il cui convento dei Mercedari vennero accolti i fuggitivi. Trascorsero lì la notte, poi, al mattino seguente, fu celebrata la Messa: alcuni rinnovarono i voti religiosi, mentre altri li professarono per la prima volta.
Il mattino del 23 luglio si dispersero di nuovo. Gli Scolastici e alcuni Fratelli si avviarono verso Mas Claret, una fattoria a sette chilometri da Cervera, già luogo di vacanze per i Missionari. Arrivati a destinazione, si dispersero nuovamente. Fratel Fernando proseguì da solo fino a Montpalau, dove trovò ospitalità dal signor Ramón Riera. Lì dava lezioni di catechismo ai figli del padrone di casa, lavorava come trebbiatore con gli altri uomini e guidava la preghiera del Rosario.
Dato che alla casa era annesso un piccolo bar pubblico, dava una mano anche lì e spesso interveniva per impedire le bestemmie: «Se mi uccidono, sia lodato Dio!... Coloro che ci perseguitano sono poveri disgraziati, per i quali io penso solo a pregare. E a me costa molto poco perdonarli», commentò una volta, mentre il padrone di casa cercava di frenare il suo zelo.

La cattura
Il 12 agosto lasciò Montpalau e s’incamminò verso la proprietà di un altro amico, il signor Miguel Bofarull, che aveva nascosto due giumente coi loro puledri, parte del bestiame della fattoria di Mas Claret. Stava quasi per arrivare, quando notò un’auto sospetta ferma di fronte alla casa e cambiò direzione.
I miliziani, che erano arrivati per prelevare i cavalli, catturarono sia il padrone di casa, che in seguito rilasciarono, sia fratel Fernando. Iniziarono subito a provocarlo a bestemmiare, ma lui si oppose, svelando la sua identità di religioso.

«Questo no! Sono un religioso!»
Arrivati al luogo della prigionia, Juan Casterás e i suoi uomini passarono alle minacce fisiche, rivolte in particolare contro la castità di fratel Fernando. La sua reazione fu decisa e ripetuta: «Questo no! Fate di me quello che volete, ma lasciate che il mio seme mi muoia dentro».
I persecutori, allora, decisero di portarlo in una casa di prostituzione, per vedere se cedesse di fronte alle donne. Di fronte al suo rifiuto, un altro miliziano, detto Pepito, insinuò: «Senti, se tuo padre e tua madre si fossero comportati come te, dovresti sapere che tu non saresti al mondo». Con una risposta tanto pronta quanto sorprendente, data la grave circostanza, il prigioniero disse: «Mio padre e mia madre erano sposati. E io sono un religioso!».
Perfino le prostitute di Tárrega, dalle quali fu trascinato, presero le sue difese: fratel Fernando, infatti, tenne gli occhi bassi, restando raccolto in preghiera. La tenutaria del bordello, una certa Carmen, fu la prima a opporsi, seguita dalle sue compagne.

Il perdono e il martirio
Ben oltre le 21 del 12 agosto 1936, fratel Fernando fu spinto in un’automobile e portato presso il cimitero di Tárrega. Mentre lo obbligavano a porsi con la schiena contro il muro accanto alla porta, chiese il permesso di parlare: «Perdonali, Signore, perché non sanno quello che fanno». Poi ripeté: «Io vi perdono! Io vi perdono!».
«Di cosa ci perdoni?», domandò Juan Casterás, prima di dare ordine ai suoi di sparare. «Viva Cristo Re! Viva la Religione!», gridò il condannato, mentre i colpi lo raggiunsero in pieno petto. Fu il comandante a dargli il colpo di grazia. Nel mezzo dell’agonia, fratel Fernando invocava: «Madre! Madre!»; forse pensava alla sua madre terrena, o forse alla Madonna.

La causa di beatificazione
La congregazione clarettiana ha sempre considerato fratel Fernando martire della castità, ma di fatto la sua causa, per accertare il martirio in odio alla fede, fu inserita nel gruppo denominato «Jaime Girón e 59 compagni», accomunati dall’essere membri della comunità clarettiana di Cervera.
Il processo informativo fu aperto nella diocesi di Solsona l’11 febbraio 1948 e concluso il 26 dicembre 1954. Il decreto sugli scritti si ebbe il 22 giugno 1966, mentre la convalida del processo informativo porta la data del 3 giugno 2000.
Col decreto del 13 settembre 2006, la causa fu inclusa in un più ampio elenco che contava in tutto 109 potenziali martiri, tutti della stessa congregazione. Fratel Fernando fu indicato come capogruppo insieme a Mateo Casals Mas, religioso sacerdote, e Teófilo Casajús Alduán, religioso scolastico (ossia in formazione verso il sacerdozio), in rappresentanza delle tre vocazioni presenti tra i Clarettiani.

Il riconoscimento del martirio e la beatificazione
La “Positio super martyrio”, consegnata nel 2006, fu esaminata dai consultori teologi della Congregazione delle Cause dei Santi dieci anni dopo, l’8 febbraio 2016. La valutazione positiva fu confermata dalla riunione dei cardinali e dei vescovi membri della medesima Congregazione.
Il 21 dicembre 2016, ricevendo in udienza il cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui fratel Fernando Saperas Aluja e i suoi 108 compagni e confratelli sono stati riconosciuti martiri in odio alla fede cattolica.
La loro beatificazione è stata celebrata il 21 ottobre 2017, nella basilica della Sagrada Familia a Barcellona. A presiedere il rito, in qualità d’inviato del Santo Padre, il cardinal Amato.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2017-10-26

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