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Coro angelico dei Cherubini

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I Serafini bruciano, i Cherubini brillano. Almeno è questo che vuole suggerire l’etimologia ebraica del nome Kerubim, i “Brillanti”. Essi brillano dell’intelligenza stessa di Dio che contemplano e adorano incessantemente. Il loro ruolo è quello di trasmettere agli angeli la scienza divina. Illuminare, conoscere è la loro felicità. Essi si muovono nella Verità come loro elemento e, siccome la natura umana è incapace di concepire intellettualmente questa verità sublime, se non per fede, i Cherubini sono guardati come gli angeli della fede.
Il serpente dell’Eden, servo di Lucifero, ostinato nel vedere nel Creatore un abominevole tiranno, spinge Eva a cogliere e a mangiare la mela dell’albero della conoscenza del bene e del male. Il castigo commisurato alla disobbedienza della prima coppia: Adamo ed Eva sono banditi dall’Eden. Sono i Cherubini che Dio pone all’entrata del giardino interdetto. Gli angeli della conoscenza diventano i custodi dei segreti di Dio.
Protettori dei segreti del loro Re ma, in seguito, strumenti privilegiati delle sue rivelazioni, che si fanno per intelligenza: tale è il significato delle immagini dei Cherubini posti intorno all’Arca dell’Alleanza da Mosè, e questo allorché il giudaismo vieta per principio ogni rappresentazione.
“Tu farai due Cherubini d’oro, li farai alle due estremità del propiziatorio […)] I Cherubini avranno le ali piegate verso l’alto e proteggeranno il propiziatorio con le loro ali fronteggiandosi” (Es 25,18-21).
Il Libro di Samuele dirà che Yahvè troneggia sui Cherubini. È dunque naturale che Ezechiele li identifichi con gli strani animali della sua visione che tirano il carro di Yahvè.
Questa descrizione surrealista di mostri metà umani metà animali dai quattro volti e quattro ali è di fatto quella di divinità secondarie protettrici dei santuari che i babilonesi ponevano all’entrata dei loro templi. Questi geni benefici si chiamavano Karibus. Da questa radice, effettivamente accostabile a Kerubim, alcuni commentatori hanno tratto conclusioni contrastanti. Smaniosi di ridurre gli angeli del cristianesimo a delle sopravvivenze di una mitologia pagana recuperata dall’ebraismo dell’Esilio, hanno arditamente preteso che Cherubini e Karibus non fossero che un tutt’uno, dimenticando solamente che si incontrano dei Cherubini nell’Antico Testamento ben prima dell’epoca della deportazione a Babilonia.

Funzioni dei Cherubini
Questa funzione di custodi dei siti sacri affidata ai Cherubini spiega perché la mistica tedesca Mechthild Taller afferma che essi proteggono i grandi santuari della cristianità e che quattro di loro circondano sempre il sovrano pontefice. In conclusione Cherubini, dal nome singolare Kerubh.
Gli studiosi differiscono ampiamente sul significato e l’origine di questa parola. Sembra che originariamente fosse una parola assira alla quale venne dato più tardi un significato definito dagli Ebrei. Gli Assiri, i Persiani e gli Egiziani rendevano grande onore alle divinità protettive, chiamate in acadiano Kuribu, o Karubu (la probabile origine di Kerubh e Kerubhim), raffigurate come tori alati, leoni o sfingi alate, con corpo animale e volto umano di proporzioni colossali. Queste divinità protettive erano i comuni custodi di templi e tombe, dove si possono ancora vedere simili statue.
Tra queste divinità pagane e l’ebraico Kerubh, Kerubhim, non c’è niente in comune eccetto forse il nome, e una somiglianza di doveri, ma di un ordine maggiore. Nella Sacra Scrittura, i Cherubini vengono rappresentati come custodi celesti e protettori di luoghi e oggetti sacri. I Cherubini sono i primi fra tutti gli altri angeli ad essere menzionati nella Bibbia: “E il Signore Dio… pose davanti al giardino dell’Eden i Cherubini, e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita”.
Sappiamo che il Signore comandò a Mosè di porre l’immagine di due Cherubini sul Tabernacolo, come custodi e protettori: “Farai due Cherubini d’oro, sulle due estremità del coperchio. Un cherubino a una estremità e un cherubino all’altra estremità. Essi copriranno le due estremità del coperchio, avranno le due ali stese di sopra, proteggendo con le ali il coperchio: saranno rivolti l’uno verso l’altro e le loro facce saranno rivolte verso il coperchio posto sulla parte superiore dell’arca”. Qui la Scrittura ci dà una descrizione dell’immagine dei Cherubini fatti d’oro, mentre il riferimento della Genesi era rivolto agli spiriti celesti stessi, i veri Cherubini. In entrambi i passaggi essi vengono rappresentati come spiriti protettivi e custodi di oggetti sacri del tempio.
Un altro specifico dovere dei Cherubini sembra quello di essere i reggitori del trono dell’Onnipotente Dio. Parlando di Dio, gli scrittori sacri spesso lo descrivono seduto sui Cherubini: “Tu che siedi sui Cherubini, rifulgi”. Ancora: “Il Signore regna, tremino i popoli; siede sui Cherubini, si scuota la terra”. Il profeta Isaia si rivolge al nostro Signore usando tre dei più comuni titoli riservati a una divinità: “O Signore degli eserciti, Dio di Israele, che siedi sui Cherubini”.
Davide descrive i Cherubini come il cocchio vivente di Dio: “Ed Egli [Dio] cavalcava un Cherubino e volava, si librava sulle ali del vento”. Inoltre, fu secoli più tardi che quest’idea dei Cherubini come un cocchio vivente di Jahvè divenne più elaborata. L’autore del libro dell’ Ecclesiaste ci dice che “fu Ezechiele che ebbe la visione gloriosa, che gli venne mostrata sul cocchio di Cherubini”.
L’intero capitolo 10 di Ezechiele tratta di questa visione: “Io guardavo, ed ecco sul firmamento che stava sopra il capo dei cherubini, vidi come una pietra di zaffiro, e al di sopra appariva qualcosa che aveva la forma di un trono. Ed egli parlò all’uomo vestito di lino e disse: Va’ fra le ruote che sono sotto il Cherubino e riempi il cavo delle mani di carboni accesi che sono fra i Cherubini, e spargili sulla città […] Il fragore delle ali dei Cherubini giungeva fino al cortile esterno, come la voce di Dio Onnipotente quando parla […] E apparve sotto le ali dei Cherubini qualcosa che aveva la forma di una mano d’uomo. Guardai ancora, al fianco dei Cherubini vi erano quattro ruote, una ruota al fianco di ciascun cherubino, e quelle ruote avevano l’aspetto del topazio […] E quando i Cherubini si muovevano, le ruote avanzavano con loro. E quando i Cherubini spiegavano le ali per sollevarsi da terra, le ruote non si allontanavano dal loro fianco. Quando essi si fermavano, anche le ruote si fermavano; quando si alzavano, anche le ruote si alzavano con loro perché lo spirito di quegli esseri era in loro. E la gloria del Signore uscì dalla soglia del tempio e si fermò sui Cherubini […] Erano i medesimi esseri che io avevo visto sotto il Dio d’Israele lungo il canale Chebar e riconobbi che erano Cherubini. Ciascuno aveva quattro facce e ciascuno quattro ali e qualcosa simile a mani d’uomo sotto le ali”.
Una visione simile viene riportata nel capitolo primo di Ezechiele dove queste “creature viventi,” i Cherubini, sono descritti più dettagliatamente.
Come i Serafini sono popolarmente considerati gli spiriti del divino amore, così i Cherubini sono considerati gli spiriti della saggezza divina. Commentando il decimo capitolo di Ezechiele, san Gregorio Magno (540-604) definisce i Cherubini come “la pienezza della conoscenza”. “Queste sublimi armate – egli scrive – vengono chiamate Cherubini perché essi sono dotati di una conoscenza che è più perfetta poiché ad essi è permesso di vedere la gloria di Dio più strettamente”.
Anche prima di San Gregorio, Dionigi aveva sottolineato la luce della conoscenza come caratteristica dei Cherubini: “Il nome Cherubini denota il loro potere di conoscere e vedere Dio, la loro accoglienza dell’altissimo dono di luce, la loro contemplazione della bellezza della Divinità nella sua prima manifestazione. Essi sono pieni della partecipazione nella saggezza divina, e riversano abbondantemente su quelli che si trovano sotto la loro propria fontana di saggezza”.
Dei Cherubini, il beato Giovanni Ruysbroeck l’Ammirevole scrisse nel XIV secolo, nel Libro del regno degli amanti di Dio: “Poiché essi hanno la rassomiglianza con Dio, non mancano mai in virtù, e non fanno difetto a nessuno; ma al di sopra di questa rassomiglianza, essi contemplano senza interruzione, poiché possiedono l’unione”.

Apparizioni dei Cherubini
L’iconografia medievale rappresenta i Cherubini vestiti di blu, o anche tutti blu – ali, abito, volto e mani -, come mostra i Serafini tutti rossi, come dei carboni ardenti. Ma è sotto la forma di adolescenti vestiti di bianco, con ali d’oro, che appaiono a Santa Camilla Battista da Varano (1458-1524), clarissa di Camerino, svelando per lei le astuzie del demonio, difendendola con le loro spade di fuoco contro gli assalti diabolici, consolandola quando è lasciata mezza morta sul quadrato della sua cella, tanto è stata molestata. Con i Serafini, intervengono ugualmente per realizzare nell’anima sua le misteriose operazioni dell’amore unitivo: “Due angeli vennero a me, vestiti di quell’abito d’un bianco splendente che avevo visto prima portato dal benedetto Gesù. Essi avevano delle ali d’oro. Uno di essi prese l’anima mia dal lato destro, l’altro, dal lato sinistro e, innalzandomi nell’aria, mi deposero ai dolcissimi piedi crocifissi del Figlio di Dio fatto uomo. Essi mi tennero così per più di due mesi, quasi continuamente. Mi sembrava di camminare, parlare e far quello che volevo, priva dell’anima mia. Questa era là dove la tenevano quei due angeli, che mai la lasciarono”.
Alla fine di quest’esperienza, la santa clarissa è istruita da quegli spiriti celesti: «Essi mi dichiararono che erano così intimi con Dio, che Dio non stava né poteva stare senza di essi, né essi senza Dio. Mi spiegarono come essi, i Serafini, erano così uniti ai Cherubini, e i Cherubini così uniti ai Serafini, che gli uni non potevano mai andare senza gli altri verso l’anima. Ed essi dissero: “È ben vero che, in tale anima, i Cherubini esercitano la sovranità, e in talaltra, sono i Serafini. Ma nell’anima tua, noi, Serafini, esercitiamo la sovranità, così tu risenti più fuoco che luce”».
Così ella comprende subito che sono un Serafino e un Cherubino ad essere intervenuti: “Tale era la verità poiché, benché la luce che ho detto precedentemente ricevuta, sia stata grande e incomprensibile, io ebbi nondimeno tre volte più fuoco che luce. Così io credo, ora, che quei due angeli che mi tennero così lungamente ai piedi della Croce erano un Cherubino e un Serafino”.
Misteriose creature presso Ezechiele, adolescenti d’una rara bellezza presso Santa Camilla Battista da Varano, i Cherubini – quale che sia la forma che rivestono – sembrano dover intervenire nei momenti più importanti della vita interiore dei loro protetti, il che spiega l’attitudine austera che vede in loro Mechthild Thaller:” I Cherubini sono le spade di Dio. Essi sono rivestiti di pura e scintillante luce; il loro volto è serio; esso offre una certa rassomiglianza con quello di San Michele. Sono cinti di fuoco; la loro destra tiene una spada di fuoco. La loro corona è fatta di raggi di sole”.
L’impressionante “personaggio celeste” – non un fanciullo, sicuramente – che, il 5 agosto 1918, operò la transverberazione di Padre Pio, era un Cherubino? Il santo cappuccino non lo precisa: “Sentivo i nostri ragazzi in confessione nella serata del 5, quando, di colpo, fui pieno d’un estremo terrore alla vista di un personaggio celeste che si presentò alla vista della mia intelligenza. Egli aveva in mano una specie di strumento, simile a una lunghissima lama di ferro dalla punta ben affilata, e pareva che del fuoco uscisse da quella punta. Vedere tutto ciò ed osservare quel personaggio lanciante con tutte le sue forze quella lancia nell’anima mia, fu una sola e stessa cosa. Con grande pena emisi un lamento, mi sentii morire. Dissi al ragazzo (che confessavo) di ritirarsi, poiché stavo male e non sentivo più la forza di continuare. Quel martirio durò, senza interruzione, fino al mattino del 7. Quello che soffrii durante quel periodo così doloroso, non saprei descriverlo. Non smettevo di vedere le mie viscere strappate e tratte fuori di me da quello strumento, e tutto era messo a ferro e fuoco. Da quel giorno, io sono stato ferito a morte. Sento nel più intimo dell’anima mia una piaga sempre aperta, che non smette di farmi languire”.

I Cherubini e la liturgia
La storia della salvezza è la storia dell’attività salvifica di Dio per l’umanità. Nel Vecchio Testamento questo mistero aveva una dimensione spazio-temporale, nella misura in cui l’Arca dell’Alleanza, Gerusalemme e persino l’intera Terra Promessa sono repliche e controparti della realtà celestiale. All’interno di queste dimensioni gli angeli sono figure importanti, sono messaggeri speciali e i ministri di Dio. Grande è la dignità attribuita ad essi: sono i “figli di Dio” (Gb 1,6; 2,1; 38,7; Sal 29,1; 89,7), i “santi” (Gb 5,1; 15,15; Sal 89,6. 8), sono membri della corte divina e persino sono definiti con un titolo generico della divinità “Elohim”. Gli angeli e seguono gli ordini divini. Forse ci si avvicinerebbe di più alla realtà della situazione dicendo che i nomi riflettono e sono essi stessi una conseguenza del ruolo e della funzione che essi assolvono nel rapporto di Dio con l’uomo.
Poiché il punto focale dell’interesse sta nel contatto di Dio con l’uomo, non sorprende che solo pochissimi testi trattino della liturgia angelica davanti a Dio. Dove si fa menzione della preghiera agli angeli, ciò di solito è in relazione con la liturgia dell’uomo.
Liturgicamente, per lo stesso fatto che l’acme dell’intera liturgia dell’Antico Testamento era centrata sulla sacra propiziazione tra i Cherubini, è implicito che i Cherubini stiano in qualche relazione con la liturgia. È vero che nell’Arca dell’Alleanza erano semplici figure dorate, ma figure plasmate precisamente secondo il modello celeste mostrato a Mosè sulla montagna (cfr. Es 25,40; Eb 8,5). Per questa ragione essi sono importanti dal punto di vista teologico; specie se si considera quanto pochi fossero gli oggetti presenti nel Sancta Santorum.
Certamente essi non sono presenti per ricevere venerazione, ma piuttosto per renderla. Il biblista statunitenseWilliam Heidt associa questa presenza con la loro funzione di vigilanza sui sacri misteri del Giardino dell’Eden (cfr. Gn 3,24). E afferma: “Nel tabernacolo di Israele e nel tempio continuano a svolgere il loro ruolo di adorazione e di vigilanza nel Sancta Sanctorum”.
In un’epoca più tarda le figure del tempio scolpite lasceranno il posto alla missione spirituale di Ezechiele che vede i Cherubini come i custodi del carro della gloria divina (cfr. Ez 1,15-28; 9,3; 10,4). Infatti essi custodiscono Dio stesso (10,20). In queste visioni, tuttavia, non si tratta di adorazione e preghiera. Israele e Giuda si sono corrotti (cfr. Ez 8,3-17), si sono dimostrati indegni della presenza della gloria divina. Per questa ragione la gloria divina ha abbandonato il tempio (cfr. Ez 10,18-22; 9, 3) e Gerusalemme (Ez 11,22-25). Per la stessa ragione, nello stesso atto della dipartita, Dio ordinò mediante i Cherubini una severa purificazione del tempio e di Gerusalemme. Più tardi, dopo che il tempio fu ripristinato, la gloria di Dio ritornò sul tempio sulle ali dei Cherubini (cfr.. Ez 43,3) allo scopo di convivere ed essere onorato dagli eletti.
La relazione dei Cherubini con la liturgia non è ulteriormente specificata nel Vecchio Testamento. La funzione liturgica dei Cherubini in unione con l’uomo sarà portata a buon fine nell’Apocalisse dove i quattro esseri viventi, oltre a supervisionare le purificazioni in qualche maniera (cfr. Ap 15,7; 6,1. 3. 5. 6. 7), godono di una funzione guida nella liturgia celeste (cfr. Ap 4-5; 7,11; 19,4).


Autore:
Don Marcello Stanzione

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Aggiunto/modificato il 2018-09-13

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