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Beato Christian de Chergé Sacerdote trappista, martire

21 maggio

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Colmar, Francia, 18 gennaio 1937 - Médéa, Algeria, 21 maggio 1996

Christian de Chergé nacque a Colmar in Francia il 18 gennaio 1937. Figlio di un militare, durante l’infanzia si trasferì in Algeria. Vi tornò durante la guerra d’indipendenza, per il servizio militare. L’incontro con un pastore musulmano e l’amicizia che ne seguì lo rese particolarmente sensibile verso le popolazioni algerine. Studiò al Seminario parigino dei Carmes, poi divenne cappellano della basilica del Sacro Cuore a Montmartre. Qualche tempo dopo, entrò nel monastero trappista di Aiguebelle, ma nel 1971 passò a quello di Nostra Signora dell’Atlante a Tibhirine, in Algeria. Fu uno dei fondatori del Ribât as-Salâm, un gruppo di confronto e dialogo islamo-cristiano. Nel 1984 venne eletto Priore del monastero. Il 24 dicembre 1993 ricevette la visita di alcuni uomini armati, che riuscì a mandare via; da allora, la vita in monastero non fu più la stessa. Padre Christian guidò allora la comunità in un lungo discernimento, che si concluse con la decisione di restare in Algeria. Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996 fu rapito insieme a cinque monaci della comunità, più padre Bruno Lemarchand, proveniente dal monastero annesso di Fès, di passaggio a Tibhirine per l’elezione del nuovo priore. Un comunicato del Gruppo Islamico Armato (GIA), datato 21 maggio 1996, annunciò la loro esecuzione. I sette monaci di Tibhirine, compresi in un gruppo che conta in tutto diciannove martiri, tutti religiosi, uccisi durante i cosiddetti “anni neri” per l’Algeria, sono stati beatificati l’8 dicembre 2018 a Orano, sotto il pontificato di papa Francesco. La memoria liturgica di tutto il gruppo cade l’8 maggio, giorno della nascita al Cielo dei primi due che vennero uccisi, fratel Henri Vergès e suor Paul-Hélène Saint-Raymond. I resti mortali di padre Christian e dei confratelli (furono ritrovate solo le teste senza i corpi) sono venerati nel cimitero del monastero di Nostra Signora dell’Atlante.



Gli anni della giovinezza
Christian de Chergé nacque a Colmar in Francia, nella regione dell’Alta Renania, il 18 gennaio 1937. Nel 1942, a cinque anni, si trasferì con la famiglia ad Algeri, perché suo padre Guy era membro dell’esercito francese. Dalla madre, invece, imparò la fede cristiana e il rispetto verso le forme di preghiera e gli atteggiamenti tipici della religione musulmana.
Rientrò in Francia nel 1945, ma già prima di allora stava cominciando a pensare alla propria vocazione. Adolescente riservato e brillante nello studio, aderì allo scoutismo. A sedici anni manifestò ai genitori il desiderio di diventare sacerdote, ma loro gli risposero di continuare a studiare.
S’iscrisse quindi alla facoltà di Lettere dell’Università della Sorbona a Parigi, mentre proseguiva a interrogarsi su quale strada prendere: se diventare gesuita o entrare in monastero. A diciannove anni, comunque, entrò nel Seminario dei Carmes per diventare sacerdote diocesano.

Il servizio militare in Algeria
Nel settembre 1958, però, Christian dovette iniziare il servizio militare. Dopo aver seguito la scuola ufficiali e senza troppe spiegazioni, venne inviato in Algeria, proprio nel periodo dei conflitti per l’indipendenza. Assegnato alla gestione amministrativa nei dintorni di Tiaret, a trecento chilometri da Algeri, si rese conto della vita della popolazione locale.
In particolare, strinse amicizia con Mohamed, un pastore che faceva da guardia campestre, padre di famiglia. Con lui poteva parlare in tutta semplicità di Dio, pur essendo consapevole di essere cristiano, mentre l’altro era musulmano. Mohamed, poi, l’interrogava sul perché i cristiani, a suo dire, pregassero così poco rispetto agli usi della sua religione.
Un giorno, Christian cadde in un’imboscata: solo l’intervento del pastore riuscì a salvargli la vita. Poco dopo, però, l’uomo venne trovato morto nei pressi del pozzo che custodiva. Questo evento segnò indelebilmente il giovane seminarista soldato: da allora fu persuaso che Dio volesse che lui lo servisse proprio in Algeria, dove un amico aveva dato la vita per lui.

Sacerdote, con l’Algeria nel cuore
Nel 1961 venne congedato e poté riprendere la formazione in vista del sacerdozio. Fu ordinato il 21 marzo 1964 nella chiesa di San Sulpizio a Parigi. Avrebbe voluto subito partire per l’Algeria, ma l’allora arcivescovo coadiutore, monsignor Pierre Veuillot, gli chiese di attendere per almeno cinque anni. Di conseguenza, venne nominato cappellano della basilica del Sacro Cuore a Montmartre e direttore dell’istituto Maîtrise de Montmartre.
Allo scadere del quinquennio, ripresentò la propria richiesta, che venne accolta. Cominciò il noviziato nell’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza (i cui membri sono detti anche Trappisti) nell’abbazia di Aiguebelle, nella regione della Drôme, il 20 agosto 1969.

Nel monastero trappista di Tibhirine
Il 15 gennaio 1971 arrivò al monastero di Nostra Signora dell’Atlante a Tibhirine, seconda presenza trappista in Algeria dopo quello di Staoueli, chiuso nel 1904. Lì terminò il noviziato e fece la professione semplice.
Dal 1971 al 1973 arricchì la sua conoscenza del mondo islamico studiando presso il Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamologia (PISAI) di Roma. Rientrato in Algeria, emise i voti solenni il 1° ottobre 1976.

Il gruppo del Ribât es-Salâm
Subito dopo il suo arrivo, padre Christian riconobbe come la propria vocazione e quella del monastero stesso erano identiche: essere una presenza orante cristiana in un contesto musulmano.
Per questa ragione, insieme a padre Claude Rault e a fratel Pierre Cuperly, della Società dei Missionari d’Africa, volle iniziare un gruppo i cui aderenti avrebbero potuto riflettere sui valori comuni alle due religioni. Tra il 24 e il 27 marzo 1979 si svolse la prima riunione del Ribât es-Salâm (“Vincolo di Pace” in arabo), che trovò sede proprio nel monastero di Tibhirine. Il 31 marzo 1984 padre Christian venne eletto Priore del monastero.

Le prime minacce
La vita di preghiera dei monaci venne turbata quando le notizie di aggressioni e uccisioni cominciarono a moltiplicarsi. Il 14 dicembre 1993, a Tamesguida, vennero sgozzati dodici croati cristiani. I monaci li conoscevano perché venivano da loro a celebrare la Pasqua. L’accaduto seguiva di due settimane l’ultimatum lanciato dal Gruppo Islamico Armato (GIA), che aveva preso il potere: tutti gli stranieri dovevano lasciare l’Algeria, pena la morte.
Lo stesso giorno, ossia il 1° dicembre 1993, padre Christian cominciò a scrivere il suo testamento, intitolato «Quando si prevede un ad-Dio», che inizia con queste parole: «Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era “donata” a Dio e a questo paese».

Una visita inattesa
La notte del 24 dicembre 1993, alcuni uomini armati si presentarono alla porta del monastero e domandarono di vedere il superiore. Fratel Paul Favre-Mirille, che aveva aperto, andò a cercare padre Christian, il quale parlò col capo del gruppetto, Sayah Attiyah.
Le condizioni da lui poste, ovvero che i monaci dessero loro dei soldi, che il loro medico (fratel Luc Dochier) venisse a curare i loro malati e che dessero anche delle medicine, non vennero accettate tutte dal priore, che comunque riferì che avrebbero potuto venire al dispensario del monastero. Fece poi notare all’uomo che stavano per celebrare la nascita del Principe della Pace, ovvero il Natale di Gesù. Gli armati si allontanarono, dopo aver chiesto una parola d’ordine e aver minacciato di tornare. La parola d’ordine era “signor Christian”.

Guida nel discernimento, con invincibile speranza
I monaci erano salvi, ma non al sicuro. Si sentivano come presi tra due fuochi: da una parte quelli che chiamavano “fratelli della montagna”, ovvero gli islamisti, e i “fratelli della pianura”, ovvero i militari e le forze di sicurezza dell’esercito algerino.
Padre Christian soffriva per questo, ma allo stesso tempo si sentiva sorretto da una speranza che definiva «invincibile». Il 1° gennaio 1994 completò il suo testamento, che fu reso pubblico dopo la sua morte, d’accordo con i suoi familiari, sulle pagine del quotidiano «La Croix».
Guidò quindi i confratelli in un discernimento comunitario, culminato con la decisione di restare nel monastero, anche se le autorità comunali volevano che si trasferissero nella vicina città di Médéa. Col passare del tempo, li aggiornava sui ripetuti omicidi che avevano coinvolto molti religiosi, compresi alcuni membri del Ribât.

Il rapimento e il martirio
Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996, venne rapito insieme a cinque monaci della comunità, più padre Bruno Lemarchand, proveniente dal monastero annesso di Fès, di passaggio per l’elezione del nuovo priore.
Altri due, padre Amedée Noto e padre Jean-Pierre Schumacher, insieme a un ospite del monastero, scamparono al rapimento. Dopo un mese, un comunicato del Gruppo Islamico Armato (GIA) riferì che i rapiti erano ancora vivi, ma conteneva la minaccia di sgozzarli se non fossero stati liberati alcuni terroristi detenuti.
Il 30 aprile venne consegnata all’ambasciata di Francia ad Algeri un’audiocassetta, sulla quale erano registrate le voci dei sette monaci, a cominciare da padre Christian. Non ci furono altre notizie fino al 23 maggio: un ulteriore comunicato, il numero 44, datato 21 maggio, riferì che ai monaci era stata tagliata la gola.
Il 30 maggio le loro spoglie vennero ritrovate sul ciglio della strada per Médéa. Si trattava, però, solo delle teste: i corpi rimasero introvabili. Le esequie dei sette monaci si svolsero il 2 giugno 1996 nella basilica di Nostra Signora d’Africa ad Algeri, insieme a quelle del cardinal Léon-Étienne Duval, arcivescovo emerito di Algeri, morto per cause naturali.
I resti mortali di padre Christian e dei confratelli vennero sepolti nel cimitero monastico di Tibhirine, ma una sua lettera è esposta in un altare laterale della chiesa di San Bartolomeo all’Isola a Roma, Santuario dei Nuovi Martiri.

La causa di beatificazione e canonizzazione
I sette trappisti di Tibhirine sono stati inseriti nella causa che contava in tutto diciannove candidati agli altari, tutti religiosi, uccisi dal 1994 al 1996, nel corso dei cosiddetti “anni neri” per l’Algeria. La loro inchiesta diocesana si è svolta ad Algeri dal 5 ottobre 2007 al luglio 2012.
Il 26 gennaio 2018 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo al martirio dei diciannove religiosi. La loro beatificazione è stata celebrata l’8 dicembre 2018 nel santuario di Nostra Signora di Santa Cruz a Orano, presieduta dal cardinal Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come inviato speciale del Santo Padre.
La memoria liturgica di tutto il gruppo, compresi quindi anche i sette monaci, cade l’8 maggio, giorno della nascita al Cielo dei primi due che vennero uccisi, fratel Henri Vergès e suor Paul-Hélène Saint-Raymond.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2018-12-15

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