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Sant' Alessandro Trapicyn Vescovo e martire

(Chiese Orientali)

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29 agosto 1862 - 8 febbraio 1938


Aleksandr Trapicyn (al secolo Aleksandr Ivanovic) nasce il 29 agosto 1862 nel villaggio Volm, governatorato di Vjalka. Inizia gli studi nel seminario teologico di Vjatka e gli termina alla Accademia teologica di Kazan’ nel 1888. Nello stesso anno si sposa e il 26 febbraio 1889 è ordinato sacerdote e destinato all’insegnamento della religione alla scuola diocesana. Nel marzo 1892 gli nasce un figlio e in giugno muore la moglie. Da quel momento padre Aleksandr pensa di entrare in monastero. Conservando lo stessi nome sarà monaco il 26 febbraio 1900 e dopo breve tempo nominato rettore del seminario teologico di Vjatka. Il 12 dicembre 1904 è consacrato vescovo a San Pietroburgo e designato ordinario della diocesi di Murom e vicario della diocesi di Vladimir. Nel giugno del 1912 ottiene la cattedra di Vologda. La sua prima preoccupazione nella nuova diocesi è la riforma spirituale dei monasteri e delle parrocchie. La fede è debole - ripete frequentemente nella sua predicazione - ed è per questo che la frequenza nelle chiese è in crisi, soprattutto nelle città. Con la rinascita della fede riprende vigore nelle parrocchie anche l’opera caritativa. Vengono riattivati pure i consigli parrocchiali. La media dei partecipanti alle riunioni non superava il 10% dei votanti.
Nel 1917 si apre il Concilio della Chiesa ortodossa russa al quale il vescovo Aleksandr prende parte attiva e nel medesimo tempo inizia la persecuzione contro la Chiesa e i fedeli di tutte le confessioni. La profanazione delle reliquie dei santi, organizzata dal partito per dimostrare che tutto era falsità, perché molti dei corpi non erano incorrotti, infuriava particolarmente nella diocesi del vescovo Aleksandr. Egli non teme di reagire energicamente protestando nella predicazione e richiamando il regime al rispetto della libertà, soprattutto quando la commissione comunista entra nelle chiese durante la celebrazione della Divina Liturgia, scoperchia le urne dei santi e inscena dimostrazioni ‘scientifiche’ per dimostrare che Dio non esiste. Le parole del vescovo non sono tenute in considerazione dai capi comunisti, ma la stragrande maggioranza del popolo è solidale con il suo vescovo.
Nel 1923 i comunisti arrestano il vescovo Aleksandr accusato di promuovere proteste conto il regime. Viene condannato a sei mesi di lager. Scontata la pena non gli è permesso di ritornare nella propria diocesi. Gli viene assegnata la cattedra di Simbirsk e dopo tempo quella di Simferopol’. Uno dei metodi meno brutali di persecuzione era quello di costringere i vescovi a cambiare frequentemente sede ed impedire così che la loro prolungata presenza determinasse il consolidarsi della fede. Questo avveniva soprattutto per i vescovi più zelanti. Per i vescovi collaboratori (purtroppo non erano pochi anche perché la nomina dei vescovi dipendeva concretamente dal partito che sceglieva le persone più disposte al compromesso) la vita era, almeno per un cero tempo, relativamente tranquilla; alla fine anche loro venivano eliminati. A Simferopol’ il vescovo Aleksandr rimase nove mesi per passare poi alla diocesi di Samara.
Agli inizi degli anni trenta, nella diocesi di Samara, le autorità sovietiche incominciarono a chiudere molte chiese e ad arrestare in massa i sacerdoti. Il vescovo Aleksandr prevedendo che in breve tempo i preti ufficialmente ammessi sarebbero scoparsi, incominciò a ordinare segretamente uomini semplici e devoti fra il popolo fedele perché fosse almeno parzialmente assicurata l’amministrazione dei sacramenti. Questi preti clandestini celebravano nei propri appartamenti all’insaputa del regime. Questo, evidentemente era considerato un grave delitto.
Nell’estate del 1933 il vescovo Aleksandr viene arrestato e accusato di aver ordinato segretamente dei sacerdoti destinati a combattere il potere sovietico. Il 29 ottobre è condannato a tre anni di confino nella provincia di Ekaterinburg. Scontata la pena il vescovo trova alloggio (ormai non poteva sperare di ottenere una cattedra) a Simbirsk e poi a Samara. Il 30 ottobre 1937 è nuovamente arrestato assieme a 23 sacerdoti e due fedeli. Tutti accusati di propaganda anticomunista. Nessuno si dichiarò colpevole nonostante le torture.
Il 21 dicembre 1937 il vescovo Aleksandr è condannato alla pena capitale. L’8 febbraio 1938 viene fucilato.


Autore:
Padre Romano Scalfi


Fonte:
www.culturacattolica.it

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Aggiunto/modificato il 2020-05-01

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