Il martire Petr Pushkinskij nasce il 23 dicembre 1891 nel villaggio Barkovo, governatorato di Mosca. Nel 1913 termina brillantemente gli studi al seminario teologico di Mosca. Per un anno insegna religione nel villaggio natio. Nel 1914 si sposa con Zinaida e nello stesso anno viene ordinato sacerdote e destinato parroco nella chiesa del profeta Elia nel villaggio di Bereja. Durante la prima guerra mondale si preoccupa di allestire un lazzaretto per i soldati che combattono al fronte. Dopo il colpo di stato del 1917 si diffonde il tifo e padre Petr si prodiga con tutte le sue forze nell’assistere gli ammalati mettendo in pericolo anche la sua vita.
Nel 1918 padre Petr viene arrestato mentre accompagna al cimitero un defunto, ma è rilasciato dopo qualche giorno. Durante la guerra civile viene arruolato dai rossi che prima lo impegnano come segretario e in seguito alla politura dei cavalli. Al termine della guerra civile può ritornare al suo villaggio ed occuparsi di mansioni meno odorose e più inerenti alla sua specializzazione. Oltre agli impegni parrocchiali il vescovo Ilarion lo impegna nelle dispute aperte al pubblico con i propagandisti dell’ateismo. Naturalmente questi ultimi a conclusione del dibattito devono subirsi i fischi del popolo mentre gli applausi sono riservati al prete. Dopo di che i dibattiti vengono democraticamente sospesi e il diritto alla propaganda, come suona la Costituzione, viene riservato agli atei.
Negli anni venti scoppia la scarlattina anche nella regione di Mosca. Padre Pietro assieme al direttore dell’ospedale del luogo organizza un piano per combattere il male ed aiutare i degenti. In breve tempo l’epidemia è vinta. Sempre negli anni venti giunge un plotone delle guardie rosse per l’esproprio dei vasi sacri. I fedeli circondano la chiesa e sono disposti ad usare tutti i mezzi per impedire la profanazione. Padre Petr interviene con tutta la sua autorità ed ottiene che l’esproprio non si consumi in un bagno di sangue come era accaduto dei villaggi vicini.
La carestia infuria su tutte le regioni. Padre Petr non se la sente di vivere dell’elemosina dei fedeli che sono agli estremi. Si occupa in vari lavori artigianali, non solo per assicurare il pane alla famiglia, ma anche per aiutare le famiglie più povere. I tempi di carestia sono particolarmente ‘provvidenziali’ per i compagni che si presentano da padre Petr, gli assicurano uno stipendio più che dignitoso e gli chiedono in ricambio che smetta di fare il prete. Ai ripetuti inviti che gli provengono anche dalla capitale padre Pietro risponde sempre con le stesse parole; “Sono categoricamente contrario”. A metterlo alla prova non sono soltanto i compagni, ma anche i familiari: la sua ostinazione impedisce ai figli di far carriera, di frequentare gli studi superiori, ma soprattutto non si può vivere ogni giorno nella prospettiva di essere arrestati. I familiari, a differenza dei compagni, non chiedono che padre Petr rinneghi pubblicamente il suo sacerdozio, ma che, per il bene della sua famiglia, interrompa fino a tempi migliori, una occupazione per nulla produttiva.
Tutto si risolve il 31 luglio 1937 quando padre Petr viene arrestato. Il dolore più grande per padre Petr non è la separazione dalla famiglia e dai fedeli e neppure la prospettiva della fucilazione, conclusione normale di ogni arresto nel 1937, ma la testimonianza di un confratello, padre Viktor Ozerov, che depone contro di lui inventando le cose più inverosimili. Sotto la tortura e le minacce non aveva saputo resistere. Morirà di fame disperato assieme alla moglie nel 1942, abbandonato da tutti.
Il 9 ottobre 1937 il tribunale della Trojka condanna a morte padre Petr Pushkinskij che sarà fucilato il 13 ottobre 1937 e sepolto al poligono Butovo di Mosca in tomba comune ignota.
Autore: Padre Romano Scalfi
Fonte:
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