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Beato Pietro Paolo Oros Sacerdote e martire

Festa: 28 agosto

Biri, Ungheria, 14 luglio 1917 – Sil’ze, Unione Sovietica, 28 agosto 1953

Petro Pavlo Oros nacque il 14 luglio 1917 a Biri, attualmente in Ungheria. Trascorse l’infanzia e la prima adolescenza spostandosi di villaggio in villaggio con la sua famiglia. Nel 1937 entrò nel Seminario Teologico di Uzhorod, seguendo l’esempio di suo padre e di suo nonno materno, sacerdoti uxorati del clero greco-cattolico. Fu ordinato sacerdote celibe il 28 giugno 1942 per l’Eparchia greco-cattolica di Mukachevo, la cui giurisdizione copriva gli attuali Stati di Ucraina, Ungheria, Slovacchia e Romania. Quando la Transcarpazia, nel cui territorio ricadeva la sua parrocchia di ministero, venne occupata militarmente dall’Unione Sovietica, la Chiesa greco-cattolica fu duramente perseguitata. Nel 1946 gli fu assegnata la parrocchia di Bilky, nel distretto di Irshava. Due anni dopo, padre Petro Pavlo cominciò a essere sempre più oggetto di pressioni affinché passasse alla Chiesa Russa Ortodossa: la sua risposta fu costantemente negativa. Proseguì il ministero clandestinamente, quando ogni manifestazione e attività fu proibita alla Chiesa greco-cattolica. Il 28 agosto 1953, nei pressi della stazione ferroviaria di Sil’ze, fu ferito a morte da un poliziotto russo. Fu beatificato a Bilky il 27 settembre 2025, sotto il pontificato di Leone XIV.



Petro Pavlo Oros nacque il 14 luglio 1917 a Biri, vicino Máriapócs, al tempo parte dell’Impero Austro-Ungarico e attualmente in Ungheria. Era il secondogenito di Ivan Oros, sacerdote greco-cattolico, e di Erzybet Rakovski, figlia di Kyrylo Rakovski, anche lui sacerdote greco-cattolico.
A poco più di un anno, il 9 novembre 1918, perse il padre: la madre portò quindi lui e il fratello maggiore Ivan nel villaggio di Bereznyki, nel distretto di Svalyavskyi, dove suo padre era parroco. Nel 1921, la donna si risposò con Tibor Dudinsky, notaio, e si trasferì coi bambini a Keretsky, un villaggio vicino.
Morta anche la madre nell’aprile 1926, Ivan e Petro Pavlo, che ormai aveva nove anni, vennero mandati a vivere a Skotarske, nella famiglia di padre Olexandr Sabov, la cui moglie, Anna Oros, era la sorella del nonno paterno, nonché la madrina di Petro Pavlo. Un nuovo trasferimento avvenne quando padre Olexandr andò in pensione, quindi la famiglia andò a vivere a Mukachevo, oggi in Ucraina.
Nel 1927, i due ragazzi furono mandati nel villaggio di Skotarske a vivere con la sorella minore del nonno paterno, che aveva a sua volta undici figli. Petro Pavlo completò la scuola elementare in paese, continuandoli dalla quinta elementare nel ginnasio di Khust. Dopo aver superato gli esami finali nel 1937, a marzo dello stesso anno entrò nel Seminario Teologico di Uzhorod: aveva infatti intuito di avere la vocazione al sacerdozio, seguendo anche gli esempi della sua famiglia. Anche suo fratello prese la stessa strada.
Petro Pavlo fu ordinato sacerdote celibe il 28 giugno 1942, dal vescovo Oleksandr Stoyka, nella chiesa di Domanyn. Apparteneva quindi al clero dell’Eparchia greco-cattolica di Mukachevo, la cui giurisdizione copriva gli attuali Stati di Ucraina, Ungheria, Slovacchia e Romania. Il suo primo incarico fu nel villaggio di Velyki Komyaty, nel distretto di Vynohradiv, quindi in un altro villaggio, Maly Komyaty.
Padre Petro Pavlo, come quasi tutti i sacerdoti di quel tempo, padroneggiava molte lingue: l’ungherese, sua lingua madre, l’ucraino, il francese, ma anche le lingue necessarie per i sacerdoti, ovvero il latino e la lingua rutena, nella quale celebrava la Divina Liturgia, ovvero l’Eucaristia di rito bizantino. Nel 1943, nel pieno della seconda guerra mondiale, seguì un corso per cappellani militari a Barca, presso Košice, quindi rientrò nella sua parrocchia.
L’anno seguente, la Transcarpazia, territorio che comprendeva anche il suo villaggio, venne occupato dall’Armata Rossa, annesso alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina e, infine, all’Unione Sovietica. La Chiesa greco-cattolica divenne subito oggetto di persecuzione: i suoi membri venivano minacciati, arrestati, mandati in Siberia (fu questo il destino di padre Ivan Oros junior) o uccisi.
Padre Petro Pavlo continuò il suo ministero senza abbattersi. Nel 1946 gli fu assegnata la parrocchia di Bilky, nel distretto di Irshava, ma due anni dopo cominciò a essere sempre più oggetto di pressioni affinché passasse alla Chiesa Russa Ortodossa: la sua risposta fu costantemente negativa.
Nel 1949 tutte le attività pastorali vennero fermate per legge e tutte le chiese greco-cattoliche furono chiuse; la stessa Eparchia greco-cattolica di Mukachevo venne soppressa. Padre Petro Pavlo continuò quindi il ministero clandestinamente, in tutta la valle di Boržavska.
Si muoveva di notte, perché era estremamente pericoloso viaggiare di giorno: andava di villaggio in villaggio, celebrava la Liturgia, confessava, battezzava, celebrava matrimoni, seppelliva e, soprattutto, proclamava il Vangelo. 
Faceva del suo meglio per portare la pace e invitare al rispetto di ogni persona. Era così generoso che, a volte, gli accadeva di donare un paio di scarpe che a sua volta aveva appena ricevuto, oppure una giacca, alla prima persona che incontrava e che ne aveva bisogno. 
Alimentava il suo impegno con preghiere prolungate, penitenze e rigorosi digiuni: come gli antichi asceti orientali, mangiava solo una volta al giorno. Teneva al sicuro l’Eucaristia nella sua stanza o in una grotta, o in una capanna d’estate. Esortava i confratelli sacerdoti clandestini come lui a essere fedeli alla Sede Apostolica e a non cedere alle pressioni delle autorità.
Restava fedele alla preghiera del Rosario, che l’aveva accompagnato fin dalla giovinezza, e insegnava a pregarlo sia ai bambini che agli anziani. Quando iniziò a vivere in clandestinità, prese con sé un'icona della Vergine Maria di Czestochowa, che collocava su un altare improvvisato in ogni casa in cui celebrava la Liturgia. Il suo saluto ricorrente era: «Siano lodati Gesù e Maria!».
Più volte fu fermato dalla polizia e sottoposto a interrogatori, in cui non mancavano le percosse. Dalle sue labbra non fu mai udita una parola di odio, nemmeno contro chi gli stava facendo del male. In uno di questi interrogatori, un agente del KGB gli domandò: «Tu, che sei così giovane, credi davvero in Dio?». Lui replicò: «Non solo credo in Lui, ma anche lo amo».
A fine maggio 1953 subì un nuovo arresto a Uzhorod. Nove giorni dopo, fu rilasciato, promettendogli che avrebbe potuto muoversi liberamente, lavorare e ottenere un passaporto. Commentò: «Non sono contento di questo. Avrei preferito restare in prigione, perché la gente lì aspetta la Parola di Dio».
Quando gli fu chiesto se fosse stato picchiato, rispose: «No, non mi hanno picchiato; anzi, ho tenuto degli esercizi spirituali per loro. I comandanti venivano e facevano domande sulla religione: qual è la differenza tra noi e gli ortodossi, cos'è l'Eucaristia, la Confessione, eccetera, e io spiegavo tutto». A uno degli ufficiali regalò un Rosario e gli insegnò a pregare.
Il 14 luglio 1953, padre Petro Pavlo compì 36 anni. Durante un ritiro spirituale predicato ad alcuni sacerdoti, confidò che sarebbe stato il suo ultimo ritiro. Pochi giorni dopo, il 28 agosto 1953, secondo il calendario ortodosso festa della Dormizione di Maria, corse ad assistere un moribondo. Nei pressi della stazione ferroviaria nel villaggio di Sil’ze, fu ferito mortalmente da un poliziotto: il proiettile entrò dal mento, attraversò il collo e uscì dalla spalla.
La sua fama di martirio, unita a una certa fama di segni, perdurò anche durante gli anni del regime. Solo alla caduta dell’Unione Sovietica fu possibile procedere a recuperare i suoi resti mortali, che alcuni sapevano essere sepolti nel territorio della stazione di polizia della città di Irshava: il 28 agosto 1992 trovarono nuova sepoltura in una cappella, appositamente costruita, vicino alla chiesa nel villaggio di Bilky.
Il nulla osta per l’avvio della sua causa di beatificazione e canonizzazione, volta ad accertare il martirio in odio alla fede, fu rilasciato nel 2010. L’inchiesta eparchiale si svolse nell’Eparchia di Mukachevo dal 20 dicembre 2013 al 23 giugno 2014, ottenendo il decreto di convalida il 28 novembre 2014.
Il 10 novembre 2020 si riunirono i Consultori Storici, data la natura di causa antica o storica. Presentata la Positio super martyrio nel 2021, i Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi, nel loro Congresso Peculiare del 27 maggio 2021, si pronunciarono a favore dell’effettivo martirio da parte di padre Petro Pavlo. Il 21 giugno 2022, nella Sessione Ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi membri della stessa Congregazione, fu emesso un analogo parere positivo.
Il 5 agosto 2022, ricevendo in udienza il cardinal Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto sul martirio di padre Petro Pavlo. La data della sua beatificazione, la prima nella storia della Transcarpazia, ebbe due spostamenti: il 27 agosto 2023 non poté essere tenuta a causa della guerra tra Russia e Ucraina. Venne quindi fissata al 3 maggio 2025, ma alla morte di papa Francesco risultò sospesa, come tutte le beatificazioni, fino alla decisione del nuovo Pontefice. 
Alla fine si tenne sabato 27 settembre 2025, a Bilky, con la celebrazione presieduta dal cardinal Grzegorz Ryś, arcivescovo metropolita di Łódź e membro del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2025-09-24

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