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Beato Francesco Castore Sojo López Sacerdote e martire

13 settembre

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Madrigalejo, Spagna, 28 marzo 1881 – Ciudad Real, Spagna, 13 settembre 1936

Francisco Cástor Sojo López nacque a Madrigalejo, in provincia di Cáceres e diocesi di Plasencia, il 28 marzo 1881. Entrò a undici anni nel Collegio delle Vocazioni di Plasencia, dove conobbe la Fraternità dei Sacerdoti Operai Diocesani del Cuore di Gesù. Fu ordinato sacerdote il 19 dicembre 1903; l’anno successivo compì la prima consacrazione nella Fraternità. Dedicò la sua intera vita alla formazione dei futuri sacerdoti a Plasencia, Badajoz, Segovia, Astorga e Ciudad Real. Le sue doti artistiche, specie nel campo della musica religiosa e profana, erano notevoli, ma non paragonabili alla sua religiosità. Presentì come certa e imminente la propria morte, anche a causa della persecuzione religiosa inasprita dopo lo scoppio della guerra civile spagnola. Venne fucilato nei pressi di Ciudad Real nella notte tra il 12 e il 13 dicembre 1936. La sua causa di beatificazione e canonizzazione, iniziata a Ciudad Real, venne unificata a quelle di altri tre Sacerdoti Operai Diocesani martiri nella stessa persecuzione. Tutti e quattro vennero beatificati a Tortosa il 30 ottobre 2021, sotto il pontificato di papa Francesco. La loro memoria liturgica cade il 25 ottobre. I resti mortali di don Francisco Cástor sono venerati nel Tempio dell’Espiazione a Tortosa, dove riposano anche il fondatore, don Manuel Domingo y Sol (beatificato nel 1987) e, in un apposito mausoleo, altri ventisette Beati della stessa Fraternità, anch’essi martiri in Spagna nel corso del XX secolo.



Infanzia e vocazione
Francisco Cástor Sojo López nacque a Madrigalejo, in provincia di Cáceres e diocesi di Plasencia, il 28 marzo 1881; fu battezzato il 1° aprile. Quand’era ancora molto piccolo, si trasferì con la famiglia a Guadalupe, località di cui, a lungo, fu considerato originario.
A undici anni entrò nel Collegio delle Vocazioni di Plasencia, fondato e diretto da don Esteban Ginés, il quale affidò quella struttura alla Fraternità dei Sacerdoti Operai Diocesani del Cuore di Gesù, dove lui stesso entrò. Don Esteban si assunse l’incarico di formare il novello seminarista, trattandolo con tenerezza e affetto paterno.

Nella Fraternità dei Sacerdoti Operai Diocesani
Contagiato dallo spirito sacerdotale del suo educatore, Francisco espresse il desiderio di entrare a sua volta nella Fraternità: nel 1896 scrisse al fondatore, don Manuel Domingo y Sol (beatificato nel 1987). L’anno seguente venne destinato al Seminario Minore di Gesù, Maria e Giuseppe a Lisbona, come ausiliare dei Sacerdoti Operai. Vi rimase per due anni scolastici, tornando a Plasencia per l’anno 1899-1900, in tempo per terminare gli studi.
Ricevette la tonsura e gli Ordini Minori l’8 giugno 1900. Tornò a Lisbona nell’ottobre dello stesso anno, ma per breve tempo: a causa delle minacce di alcuni gruppi sovversivi, i Sacerdoti Operai dovettero lasciare il Portogallo nel marzo 1901.

L’ordinazione sacerdotale
Per ottenere la licenza di Teologia venne mandato a Toledo, dove rimase per due anni: nel primo, dal 1901 al 1902, fu prefetto di disciplina nel Seminario diocesano; nel secondo, dal 1902 al 1903, come economo del Collegio delle Vocazioni.
Fu ordinato sacerdote a Plasencia il 19 dicembre 1903 e incardinato nella diocesi di Toledo. Celebrò la sua Prima Messa nel santuario di Nostra Signora di Guadalupe: don Esteban Ginés tenne l’omelia. Sua madre svenne mentre, come d’uso per i novelli sacerdoti, gli baciava le mani, mentre lui, emozionato al pari di lei, le prendeva con esse il volto.

Professore specializzato in musica
Dato che aveva già la licenza in Teologia, nel settembre 1903 tornò al Collegio delle Vocazioni di Plasencia, quella volta come prefetto. Quattro anni dopo, succedette a don Esteban Ginés come direttore del Collegio. Il 12 agosto 1904 compì la prima consacrazione nella Fraternità, per la quale ebbe sempre un affetto speciale.
In tutto quel periodo, fu professore di musica con generosità assoluta, secondo il suo modo abituale di essere e di agire. Seguì vari corsi di canto gregoriano e, in più di un’occasione, durante le vacanze estive ebbe il permesso di dirigersi al monastero di Montserrat, così da perfezionare le sue conoscenze musicali.

Creatore di un clima di famiglai
Nel Collegio s’impegnò a creare un clima di famiglia, nel quale tutti si sentissero a proprio agio. Aiutava per quanto possibile i suoi collegiali, specie i più bisognosi. Accompagnò anche alcuni di essi a riconoscere la vocazione nella Fraternità dei Sacerdoti Operai.
Per parecchi anni lavorò in pessime condizioni materiali, ma riuscì a rendere solenni la celebrazione del venticinquesimo anniversario di fondazione del Collegio e la “festa del Riservato”, una ricorrenza nella quale i Collegi istituiti da don Manuel Domingo y Sol, fondatore della Fraternità (beatificato nel 1987) ricordano l’arrivo del Santissimo Sacramento nelle proprie cappelle.

A Badajoz, Plasencia e Astorga
Nel 1918 ebbe l’incarico di amministratore nel Seminario di Badajoz, che tenne per cinque anni, fino a quando la Fraternità cessò il proprio lavoro là. Nel 1923 tornò quindi a Plasencia, ma nel Seminario diocesano, come prefetto degli alunni. Con gli altri Sacerdoti Operai, si occupò della trascrizione a macchina degli scritti del fondatore, voluta del rettore del Seminario, don Pedro Ruiz de los Paños (beatificato nel 1995).
Il suo ritorno a Plasencia durò appena un anno: il Direttore generale della Fraternità, infatti, pensò di poter contare su di lui per il Seminario di Segovia. Ebbe un’immediata intesa con i centonovanta allievi, durata per i due anni della sua permanenza; gli costò molto andarsene.
Nel 1926, dunque, venne nominato Direttore del Collegio delle Vocazioni di Astorga. I lavori che avviò, come le migliorie nell’edificio o la costituzione di una biblioteca di libri spirituali, contribuirono a far sentire tutti come in casa propria. Rimase ad Astorga fino al 1933, quando il Collegio delle Vocazioni fu unificato al Seminario Maggiore.

A Ciudad Real, non solo come economo
Arrivò quindi, nello stesso anno, al Seminario di Ciudad Real, come economo. Anche in quel caso, si dedicò anima e corpo al compimento della sua missione, impiegando tutti i mezzi a propria disposizione per una dedizione integrale agli allievi.
Non si limitò ai conti, ma cominciò immediatamente a impartire lezioni di musica, che considerava un vero elemento formativo, agli studenti di Filosofia e a quelli di Teologia. Del resto, era un eccellente interprete e instancabile cultore musicale, sia nell’ambito religioso sia in quello profano, versato sia nella composizione che nella direzione e come suonatore d’organo.
Amò con ardente affetto la Fraternità dei Sacerdoti Operai Diocesani. S’impegnò a essere un Operaio modello per il suo disinteresse, il suo spirito di religiosità e di sacrificio, la sua umanità senza limiti e la sua vita interiore non comune, basata su una multiforme mortificazione corporale.

Il martirio come prospettiva sempre più concreta
Già nel 1931, quando la situazione politica spagnola stava per lasciare il passo alla Repubblica, scrisse a un confratello: «Tuttavia non siamo ancora arrivati a meritare un Operaio martire e dev’essere invidiabile la gloria del primo».
Dal 26 giugno al 5 luglio 1936 partecipò agli Esercizi Spirituali a Tortosa, guidati da don Pedro Ruiz de los Paños, diventato Direttore generale della Fraternità: ogni giorno teneva una predicazione speciale sullo spirito di sacrificio, incoraggiando gli esercitanti a offrirsi per il martirio.
In una di quelle prediche affermò: «Nella Fraternità si prega e si lavora molto. Sono contento degli Operai. Ci manca solo il sangue del martirio. C’è bisogno di Operai martiri». Erano presenti trenta Sacerdoti Operai: ventidue di essi sarebbero stati uccisi nei giorni e mesi seguenti, nel corso della persecuzione religiosa che si accompagnò alla guerra civile spagnola.

Nel pieno della persecuzione
Terminati gli Esercizi, don Francisco Cástor rientrò a Ciudad Real, dove fu colto, in pieno periodo di vacanze, dalla persecuzione religiosa. Insieme a lui si trovava don José Pascual Carda Saporta, rettore del Seminario.
Il 23 luglio, una folla di fuorilegge assaltò il Seminario: i due sacerdoti si videro obbligati a uscirne, affrettandosi a portare via e a nascondere in un luogo sicuro il Tabernacolo, i calici, i paramenti sacri e gli oggetti di maggior valore.
Non trovando rifugio in case di amici per timore di rappresaglie, ripararono nell’Hotel Francese, situato di fronte al palazzo episcopale: in quel modo, affacciandosi alla finestra, potevano comunicare col vescovo, monsignor Narciso de Estenaga y Echeverría.
Poco dopo l’assassinio di quest’ultimo, il 22 agosto (fu beatificato nel 2007), don José decise di tornare a Villarreal, suo paese di nascita, munito di salvacondotto. Venne però catturato il 26 agosto, appena arrivato alla stazione di Villarreal, e ucciso il 4 settembre nei pressi di Oropesa (fu beatificato nel 1995).
Don Francisco, quindi, rimase all’Hotel Francese insieme al claretiano padre Francisco García y García de Castro. Una delle donne che l’incrociò in quei giorni dichiarò poi di non averlo mai visto perdere la serenità e molto disposto al martirio.

Il martirio
Il 12 settembre, a mezzogiorno e mezzo, arrivarono alcuni armati all’albergo: prelevarono i due sacerdoti e un giovane garzone di diciott’anni, José Delgado. Lungo il tragitto, arrestarono anche don Fermín Isasi Gronda, penitenziere della Cattedrale.
Trascorsero il resto del giorno nel Seminario, trasformato in prigione improvvisata. Nella notte tra il 12 e il 13 settembre vennero assassinati nella zona occidentale di Ciudad Real, non lontano dal santuario di Alarcos, vicino a un abbeveratoio artificiale. Vennero seppelliti in un fosso all’entrata del cimitero di un villaggio chiamato Valverde.

Il percorso verso la beatificazione
L’inchiesta diocesana della sua causa di beatificazione e canonizzazione, per l’accertamento del suo martirio, si svolse a Ciudad Real dal 21 maggio 1998 all’11 dicembre 2003; gli atti dell’inchiesta vennero convalidati dalla Congregazione delle Cause dei Santi il 24 novembre 2006.
Il 30 marzo 2009 la medesima Congregazione concesse l’unificazione della sua causa con quelle di altri tre Sacerdoti Operai, don Millán Garde Serrano, don Manuel Galcerá Videllet e don Aquilino Pastor Cambero, morti durante la medesima persecuzione.
La “Positio super martyrio”, unica, venne presentata nel 2009. I Consultori Teologi, nel loro Congresso del 28 aprile 2016, diedero parere positivo. I cardinali e i vescovi membri della medesima Congregazione, nella Sessione Ordinaria del 22 settembre 2020, riconobbero che la morte dei quattro Sacerdoti Operai fu un autentico martirio. Il 29 settembre 2020 papa Francesco autorizzò quindi la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto sul martirio dei quattro Sacerdoti Operai.

La beatificazione
La Messa con il Rito della Beatificazione venne quindi celebrata il 30 ottobre 2021 nella cattedrale di Nostra Signora Santa Maria a Tortosa, presieduta dal cardinal Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come delegato del Santo Padre. La memoria liturgica dei quattro Beati venne quindi fissata al 25 ottobre.
Il 25 giugno 2021, i resti mortali di don Francisco vennero riesumati dal cimitero di Ciudad Real, dov’erano stati sepolti nel 1939, quindi sottoposti a ricognizione canonica e traslati, tre giorni dopo, nel Tempio dell’Espiazione di Tortosa, dov’erano già venerati quelli del fondatore e, precisamente nel mausoleo dei martiri, quelli degli altri ventisei Beati Sacerdoti Operai martiri nel XX secolo. Anche quelli di don Millán hanno ricevuto identica collocazione, mentre quelli di don Manuel e don Aquilino sono rimasti nella cattedrale di Baeza.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2021-10-30

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