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Beato Giovanni Barrera Méndez Fanciullo e martire

18 gennaio

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Potrero Viejo, Guatemala, 1968 circa – Segundo Centro de la Vega, Guatemala, 1980

Juan Barrera Méndez nacque a Potrero Viejo in Guatemala, nel dipartimento di El Quiché, intorno al 1968. Tutti i suoi familiari erano membri di Azione Cattolica: da loro Juan imparò a preoccuparsi dei bisogni del prossimo, sia materiali, sia spirituali. Lavorava come contadino per contribuire al sostentamento della famiglia e spiegava il catechismo e la Parola di Dio. Per via della generosità con cui visitava i bisognosi della sua frazione, iniziò a essere guardato con sospetto e a essere creduto un guerrigliero. Nel 1980, quando la Chiesa nella diocesi di Quiché stava iniziando a essere duramente perseguitata, le case di Segundo Centro de la Vega vennero attaccate da un gruppo di soldati: quasi tutti gli abitanti fuggirono, ma Juan e i suoi tre fratelli furono catturati, interrogati e torturati. Dopo l’evasione dei fratelli e di altri prigionieri, il ragazzo venne torturato ancora di più e, infine, ucciso a colpi d’arma da fuoco. Secondo fonti locali, l’accaduto si verificò il 18 gennaio 1980; Juan aveva circa dodici anni. Incluso nella causa di beatificazione che comprendeva tre Missionari del Sacro Cuore e altri sei laici della diocesi di Quiché, è stato con loro beatificato il 23 aprile 2021, sotto il pontificato di papa Francesco.



Juan Barrera Méndez nacque a Potrero Viejo in Guatemala, nel dipartimento di El Quiché, intorno al 1968, figlio di Roberto Barrera e Ana Méndez. Tutti i suoi familiari erano membri di Azione Cattolica: anche lui, in tenerissima età, iniziò a partecipare alle attività della sua parrocchia e del villaggio di Segundo Centro de la Vega.
Nonostante fosse ancora piccolo, gli piaceva partecipare alle riunioni formative per imparare la dottrina cristiana. Era un bambino vivace ma, per certi versi, quasi maturo: in lui iniziavano a germogliare i semi dell’ideale di vedere il suo villaggio condurre una vita più dignitosa, nel rispetto della pace, della giustizia e della fraternità.
A contribuire alla sua maturazione quasi precoce fu il fatto che, pur con un corpo in pieno sviluppo, lavorava come bracciante giornaliero, così da contribuire al sostentamento della famiglia. Partecipava e collaborava alla formazione cristiana della sua comunità, diventando uno dei catechisti più giovani; era già cresimato.
Partecipava ogni domenica alla Messa in parrocchia e, due volte alla settimana, seguiva le riunioni che si svolgevano nella cappella della sua frazione. I compaesani ricordano che tutti i lunedì spiegava il catechismo e la Parola di Dio; il venerdì, invece, guidava la preghiera del Rosario, a cui partecipavano soprattutto donne e altri bambini.
Gli piaceva visitare i suoi fratelli della comunità, perché l’aveva visto fare dai suoi genitori. Faceva lo stesso sia con quanti avevano bisogno della Parola di Dio, sia con quanti, invece, necessitavano di beni materiali. La sua generosità, però, gli valse di essere denunciato come guerrigliero, come accadeva a persone più adulte.
Nel 1980 l’Esercito avviò il primo massacro nel villaggio di Segundo Centro de la Vega: i soldati entrarono casa per casa e catturarono uomini, donne, anziani, giovani, legandoli mani e piedi. Testimoni oculari ricordano che uno dei soldati chiamò con la radiotrasmittente il suo centro operativo affinché il tenente inviasse ulteriori forze.
Pochi minuti dopo, arrivarono svariati elicotteri, che scaricarono altri soldati in vari punti. Gli abitanti, che conoscevano la zona meglio dei militari, fuggirono a poco a poco, evitando quindi di essere catturati. Juan e i suoi quattro fratelli, invece, non riuscirono a scappare.
Suo fratello maggiore, Jacinto, fu appeso per il collo a un albero, dopo che era stato interrogato e torturato per ottenere informazioni sull’attività della guerriglia. Quando era ormai mezzo morto, intorno a mezzogiorno, fu fatto scendere: in un attimo, gli altri due fratelli fecero in tempo a evadere insieme a lui e ad altri prigionieri.
A causa dell’evasione, i soldati presero di mira Juan, il più giovane. Lo portarono in un luogo vicino a un torrente, dove gli praticarono ferite sulle piante dei piedi, quindi lo obbligarono a camminare sulle pietre della riva, così da aumentare il suo dolore. Quindi gli tagliarono le orecchie, gli spezzarono le gambe e, alla fine, gli spararono più volte.
I membri della comunità, di notte, quando i soldati erano ormai andati via, decisero di dare sepoltura ai resti di Juan molto vicino al luogo dove fu trovato il suo corpo, ad alcuni chilometri da casa sua. Fonti locali fanno risalire l’accaduto al 18 gennaio 1980; il ragazzo aveva circa dodici anni. Quando il suo corpo fu riesumato, venne trovata, nella tasca dei pantaloni che aveva addosso al momento di essere ucciso, la sua corona del Rosario.
La fama di martirio e di santità di Juan portò a includerlo nella causa di beatificazione e canonizzazione che comprendeva tre sacerdoti Missionari del Sacro Cuore e altri sei laici della diocesi di Quiché, molti dei quali erano membri dell’Azione Cattolica Rurale; è il più giovane dell’elenco.
Il processo diocesano si svolse dal 21 luglio 2007 al 22 marzo 2013; il nulla osta fu rilasciato dalla Santa Sede il 4 settembre 2007. La convalida giuridica degli atti del processo arrivò il 17 ottobre 2014, mentre la “Positio super martyrio” fu consegnata nel 2018.
Il 23 gennaio 2020, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto con cui veniva riconosciuto il martirio di Juan Barrera Méndez e compagni, aprendo la via alla loro beatificazione.
La celebrazione si è svolta nella cattedrale della Santa Croce a Santa Cruz del Quiché, il 23 aprile 2021, presieduta dal cardinal Álvaro Leonel Ramazzini Imeri, vescovo della diocesi di Huehuetenango, come delegato del Santo Padre.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2021-04-21

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