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Beata Maria Edelburgis (Julianna) Kubitzki Martire

20 febbraio

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Dąbrówka Dolna, 9 febbraio 1905 - Żary, Polonia, 20 febbraio 1945

Julianna Kubitzki nacque il 9 febbraio 1905 a Dąbrówka Dolna, presso Namysłów, al confine tra l’Alta e la Bassa Slesia, in una famiglia di contadini. A ventiquattro anni, chiese di entrare nella congregazione delle Suore di Santa Elisabetta. Iniziò il noviziato canonico il 23 aprile 1930, assumendo il nome di suor Maria Edelburgis. Professò i voti perpetui nel 1936. Fu infermiera nella casa di Żary fino al giorno in cui la comunità fu costretta a lasciarla perché l’Armata Rossa era entrata nei territori slesiani. Obbligate a stare in una taverna, consolarono le donne e le ragazze che erano nello stesso luogo e che erano state violentate dai soldati, ma anche loro subirono la stessa sorte. Suor Maria Edelburgis morì nel tentativo di difendersi da un’ulteriore violenza, uccisa a colpi di pistola, il 20 febbraio 1945; aveva da poco compiuto quarant’anni. Insieme ad altre nove Suore di Santa Elisabetta, vittime della violenza e della persecuzione da parte dei soldati, fu beatificata l’11 giugno 2022 nella cattedrale di San Giovanni Battista a Breslavia, sotto il pontificato di papa Francesco. La memoria liturgica delle dieci suore ricorre l’11 maggio, giorno della nascita al Cielo della religiosa scelta a capo del gruppo, suor Maria Paschalis Jahn.



Julianna Kubitzki nacque il 9 febbraio 1905 a Dąbrówka Dolna, presso Namysłów, al confine tra l’Alta e la Bassa Slesia (oggi nella diocesi di Opole), in una famiglia di contadini composta da altri sette figli, ovvero tre femmine e quattro maschi; il più giovane di essi si consacrò a Dio. Fu battezzata cinque giorni dopo la nascita. Perse la madre quando aveva sette anni; il padre si risposò.
Il 31 luglio 1929, a ventiquattro anni, chiese di entrare nella congregazione delle Suore di Santa Elisabetta. Dopo alcuni mesi di postulandato, iniziò il noviziato canonico il 23 aprile 1930, assumendo il nome di suor Maria Edelburgis. Nel 1936 professò i voti perpetui.
Seguì quindi un corso per infermiere, così da essere pronta a svolgere questo servizio nella casa di Żary, dove le Suore di Santa Elisabetta erano presenti dal 1926. Le consorelle e i malati riconobbero che era davvero portata per quel genere di attività, dotata com’era di un carattere gentile e sensibile, nonché da sempre abituata al lavoro di fatica.
Il 13 febbraio 1945, l’Armata Rossa invase i territori slesiani, all’epoca parte della Germania. Il giorno dopo, le suore furono costrette a lasciare la loro casa. Sotto il tiro delle mitragliatrici, s’incamminarono in fila, dirette alla taverna Lufft a Mühlplatz.
Nello stesso luogo, i soldati inviarono altre donne e ragazze. Per tutta la notte entrarono e uscirono, prelevando molte di loro. Le suore tentarono di proteggerle, ma non ci riuscirono sempre. Molto spesso, poterono unicamente consolarle, abbracciandole e accogliendo il loro pianto.
La mattina dopo, poterono uscire dalla taverna, anche se non avevano più un posto dove tornare: il convento, infatti, era stato requisito e adibito a magazzino. Trovarono rifugio nella canonica, dove si trovavano già più di cinquanta persone, ma non durò molto.
I soldati russi osservavano con particolare attenzione le suore, tanto che esse, credendo che fosse per via dell’abito religioso, accettarono di cambiarlo con vestiti secolari, seguendo il consiglio del parroco don Max Schubert.
Nella notte tra sabato 17 e domenica 18 febbraio, i soldati presero tre suore, ovvero suor Maria Edelburgis, suor Maria Veronika e una terza suora (i testimoni non hanno saputo affermare con chiarezza se fosse suor Maria Julianna o suor Maria Pankratia) assieme ad altre giovani, trattenendole fino alle 4 del mattino. Per giorni interi continuarono a infierire, ma suor Maria Edelburgis non era disposta ad accettarlo: «In nessun caso sopporterò oltre, dovesse anche costarmi la vita», confidò a don Schubert.
Nel primo pomeriggio di martedì 20 febbraio, un gruppo di soldati fece irruzione nella canonica, cominciando a sparare e dirigendosi al piano superiore, dove stavano le suore. Suor Maria Edelburgis e suor Maria Julianna, per sfuggire alle loro mire, si erano mescolate agli anziani nascosti nella cosiddetta camera del vescovo, camuffandosi da anziane donne.
Il travestimento fu scoperto: un soldato ubriaco afferrò suor Maria Edelburgis, che lottò con tutte le forze per liberarsi dalla stretta dell’aggressore. Non si lasciò spaventare neanche dalle minacce di morte: svenne solo quando fu picchiata in testa con la canna della pistola del soldato.
Ripresasi, continuò a lottare: «Appartengo a Dio! È Lui il mio Signore! Vattene! Lasciami!». A quel punto il soldato, sbeffeggiato dai compagni perché non riusciva a sopraffarla, le sparò diversi colpi, a distanza ravvicinata: uno la raggiunse al ventre, uno alla testa. Appena fu ferita al ventre, esclamò: «O Gesù mio!».
Molte persone accorsero al sentire gli spari: tra di esse don Schubert, che aveva con sé gli Oli Santi. Poté quindi amministrare gli ultimi Sacramenti a suor Maria Edelburgis, che morì tra le braccia di suor Julianna. Dopo di lei, nessun’altra suora fu più violentata.
Il suo corpo fu rivestito dell’abito religioso e, coperto da un velo nero, rimase tre giorni sul pavimento della stanza dov’era morta. Il 23 febbraio 1945 venne sepolta senza bara nel giardino presso la canonica, di fronte alla porta principale della chiesa.
Suor Maria Edelburgis e altre nove Suore di Santa Elisabetta, vittime della violenza e della persecuzione da parte dei soldati, per la fama di martirio e di segni che da sempre le aveva circondate, furono beatificate nella cattedrale di San Giovanni Battista a Breslavia l’11 giugno 2022, nella Messa presieduta dal cardinal Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come inviato di papa Francesco.
La loro memoria liturgica ricorre l’11 maggio, giorno della nascita al Cielo della religiosa scelta come capo del gruppo, suor Maria Paschalis Jahn.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2022-06-20

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