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Servo di Dio Giovanni Maria Schiaffino Abate

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Camogli, Genova, dicembre 1807 - 31 luglio 1888

Fondatore del Monastero di San Prospero in Camogli (GE).



Giovanni Schiaffino nacque in Camogli (nel territorio dell’Arcidiocesi di Genova) nel dicembre 1807 da Filippo Schiaffino e Maria Boggiano e fu battezzato il 6 dicembre successivo.
Il 4 luglio 1813, quando ancora non aveva compiuto 6 anni, ricevette il Sacramento della Cresima.
La famiglia era dedita al commercio marittimo, per cui anche il giovane Giovanni si trovò a solcare il mare verso i porti dell’Oriente.
Compiuti brillantemente gli studi classici a Genova, domandò ed ottenne dall’Abate di S. Gerolamo di Quarto (Genova), di entrare nella Congregazione Olivetana sulla fine del 1827.
A piedi percorse il lungo cammino da Camogli a Gubbio, dove arrivò sui primi del 1828, ed il 10 febbraio, festa di Santa Scolastica, nel Monastero di S. Pietro incominciò il noviziato.
L’11 febbraio 1831 emise la professione solenne. Poco dopo (25 marzo 1831) fu ordinato sacerdote e trasferito al Monastero di S. Gerolamo di Quarto, dove fu eletto Maestro dei Novizi.
Oltre alle occupazioni monastiche, don Giovanni si dedicava con particolare zelo ad ascoltare le confessioni nella Chiesa del Monastero, ministero in cui rifulse per tutta la durata della sua vita.
Da Quarto venne inviato a Roma in aiuto al Procuratore Generale dell’Ordine; nel frattempo si dedicava allo studio presso l’Università della Sapienza, acquistando, con laurea datagli ad honorem, il titolo di Dottore in Legge, riscuotendo una grande stima.
Nel 1845 passò da Roma a Monte Oliveto Maggiore eletto Cancelliere Generale della Congregazione.
Essendogli affidato l’Archivio della stessa, don Giovanni divenne Paleografo, decifrando e studiando codici antichi, manoscritti riguardanti risalenti epoche storiche, rintracciati anche presso altri archivi.
Nel 1848 fu mandato dall’Abate Generale dell’Ordine a Palermo a riaprire ed ordinare il Monastero di S. Giorgio, sconvolto dalla rivoluzione.
Egli riuscì a recuperare il Monastero, a ricomporvi la famiglia monastica e l’educandato per i giovani.
Terminata la missione palermitana, nel 1850, eletto Visitatore, passò al Monastero di S. Francesca Romana quale Superiore.
Nominato Postulatore nella causa del Fondatore, il Beato Bernardo Tolomei, nel novembre 1850, si fece promotore anche di un’altra causa, che gli stava sommamente a cuore, quella di San Prospero, Vescovo di Tarragona, veneratissimo a Camogli, ma non riconosciuto de iure dall’autorità vaticana.
Nel 1854 lo Schiaffino otterrà che il culto immemorabile di San•Prospero venisse ufficializzato: per l’ufficio di San Prospero compose inni e responsori e, soprattutto, più volte ne scrisse la “Vita”, curando di distinguere la figura di San Prospero vescovo di Tarragona da quella di San Prospero di Aquitania.
Nel 1853 aveva ricevuto la dignità abbaziale.
Nel 1856, al Capitolo Generale tenutosi in Monte Oliveto Maggiore, venne eletto Abate Generale.
Nelle sue visite ai Monasteri ebbe occasione di consultare diversi archivi e venne così a conoscenza di molti documenti antichi, che suscitavano il suo interesse di paleografo.
Cessò il suo Generalato nel 1859 e subito si recò a Siena proprio per poter meglio attendere ai suoi studi di paleografia, a cui si dedicò intensamente.
Tuttavia, quando seppe che si stava trattando per fondare un Monastero in Francia, non fece mancare la sua disponibilità.
Passò quindi in Francia nel Santuario di Nostra Signora dei Sette Dolori, situato a Parmenie, alle falde delle Alpi nel Delfinato.
Di là dopo qualche anno venne mandato a S. Bertrando di Comminges, nell’alta Garonna, nei pressi di Tolosa, dove fondò un altro Monastero, rimanendovi per quasi vent’anni.
La fama di eccellente paleografo lo fece salire in stima presso il Governo Francese, che volle onorarlo più di una volta, inviandogli in dono i libri che faceva stampare contenenti memorie tratte dagli Archivi di Stato.
Anche il celebre Mons. Migne, editore della Patrologia greca e latina, ebbe in onore l’Abate Schiaffino, agevolandogli l’acquisto di tutta la Patrologia.
Nell’Abate Schiaffino rimaneva però viva la devozione nei confronti di S. Prospero, Patrono della sua città nativa.
Sul principio del 1880 diede quindi ordine che si mettesse mano ai lavori del nuovo Monastero di S. Prospero in Camogli, da edificarsi nel luogo in cui il Santo pellegrino Arcivescovo di Tarragona si era addormentato nel Signore, appoggiando il capo ad una pietra della pubblica strada.
Nell’autunno del medesimo anno, causa la rivoluzione, l’Abate Schiaffino, tra il dispiacere di molti, abbandonò la Francia e tornò a Camogli sua patria.
Nel 1883 prese dimora nel nuovo Monastero di S. Prospero insieme al padre Ildefonso M. Giorgi, al P. Giuseppe M. Apicella, ed al Conv.so Fra Mauro Peccianti.
Il 31 luglio 1888 cessò la sua vita terrena per entrare in quella eterna.
Eccezionale fu la partecipazione di clero e popolo al funerale.
Desideroso di essere sepolto in S. Prospero, i suoi Monaci gli prepararono un monumento di marmo.
Trascorsi i 20 anni voluti dalla legge, il corpo fu esumato e trasportato alla Parrocchia di Camogli, ove si tennero solennissime esequie.
Dalla Parrocchia, con straordinario concorso di popolo, fu trasportato alla Chiesa del Monastero e tumulato a fianco dell’Altare Maggiore nel marmoreo monumento, preparato dai suoi Monaci, il 16 ottobre 1909.
Anni dopo, il sarcofago fu spostato in fondo alla navata.
Dei suoi numerosi scritti possiamo ricordare una storia della Chiesa (Institutiones Historiae Ecclesiasticae), memorie di storia camogliese, un Commentario al Corpus Iuris Canonici, opere spirituali ed ascetiche (Le tre ore d’agonia di Cristo, Norme di vita spirituale, Della disciplina dei chierici, Della disciplina dei novizi), Il Vescovo San Prospero, destinato alla pubblicazione presso i Bollandisti, con la trattazione (che si cita separatamente) I Vandali nelle Gallie e nella Spagna. In Francia, scrisse una Vita di San Bertrando. L’archivio di Monte Oliveto conserva inoltre numerose lettere.
Ma le “opere” più meritevoli e durature di questo monaco sono piuttosto da ricercarsi nella sua vita esemplare, apparendo addirittura eroica se si considerano le difficoltà che dovette affrontare.
Basti ricordare, oltre alla fondazione, in un periodo di violente persecuzioni anticlericali, del Monastero in S. Prospero in Camogli, la fermezza con cui tenne le redini di tante situazioni spinose, soprattutto della turbolenta, ma indispensabile fondazione francese, così come la sua granitica fedeltà alla Congregazione, in tempi di tradimenti e di defezioni, la sua onestà e oculatezza nell’amministrare i beni della Congregazione e l’instancabile ministero di confessore (che non tralasciò neppure – come racconta don Antonio Oneto – alla notizia della morte di un fratello), di medico delle anime, ed anche – empiricamente ma efficientemente, pare – dei corpi.
Persistente e radicata è la fama di santità dell’Abate Schiaffino, in particolare nella città di Camogli e nella sua Congregazione religiosa.
La sua beatificazione e, come si auspica, la successiva canonizzazione, gioveranno a tutta la Chiesa, che nell’Abate Giovanni Schiaffino, potrà trovare non solo un potente intercessore, ma anche uno straordinario esempio di virtù religiose ed umane, temprate dalle ardue difficoltà in cui condusse la sua esistenza terrena, e che non valsero a diminuire il suo amore a Dio e ai fratelli.
Secondo la migliore tradizione della famiglia benedettina, l’amore per gli studi, e in particolare per quelli storici, non ha mai distratto l’Abate Giovanni dai doveri pastorali del suo tempo, ed anzi ha rappresentato la solida base della sua multiforme attività, tesa alla salvaguardia della vita religiosa in un’epoca di forti contrasti e di avversione nei confronti della stessa, nonché al prudente consiglio e alla guida spirituale delle anime che accorrevano a lui.
Il suo personale altissimo prestigio, acquisito con i suoi meriti di studioso e di religioso, si riverberava sulle istituzioni che in lui trovavano un dotto e saggio esponente.
Alla Chiesa di oggi si presenta così la figura di un religioso che ha saputo coniugare, pur in circostanze storiche non favorevoli, fermezza di principi, intraprendenza apostolica, carità pastorale, valori che oggi, in un mondo secolarizzato e sempre più indifferente, appaiono quanto mai necessari.
Il paterno sorriso dell’Abate Giovanni sarà per i sacerdoti e i religiosi di stimolo a rafforzare la propria preparazione e dedizione al ministero, nonostante le difficoltà, e per tutti segno di conforto e di sollievo.


Autore:
Emilio Artiglieri, Postulatore

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Aggiunto/modificato il 2021-12-01

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