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SANTI E BEATI / Una Chiesa vitale

Per la dignità e la giustizia

"La lista dei santi che l'Africa dona alla chiesa, lista che è il suo più grande titolo di onore, continua ad allungarsi", ha scritto il Papa nel documento finale del Sinodo per l'Africa

Nelle comunità cristiane del Nord Africa, nel corso dei primi secoli, si contano quasi un migliaio di santi, con tantissimi martiri. Poi il vuoto, fino a Benedetto il Moro (o l'Africano), figlio di schiavi africani venduti in Sicilia e canonizzato nel 1807. E fino ai 22 martiri ugandesi, beatificati nel 1920, canonizzati nel 1964 da Paolo VI.

Negli africani elevati agli onori degli altari negli ultimi vent'anni sono presenti dei valori che vanno al di là dell'immaginario devozionale, comune anche nelle comunità africane, attirate dai santi famosi per i miracoli. Essi corrispondono alle situazioni che il continente conosce e raccontano una storia alternativa a quella ufficiale, che di solito esalta i vincitori e dimentica le loro vittime.

Storia fatta di violenze e di soprusi: la congolese Clementina Anuarite (beatificata nel 1985), fu uccisa nel 1964 da militari abituati a pensare che tutto è permesso a chi è armato. Il defunto cardinale di Kinshasa, Joseph Malula, vide nel riconoscimento delle virtù eroiche di Anuarite l'esaltazione dell'identità africana: "Una figlia della nostra razza, del nostro paese".

Il continente ha conosciuto e conosce tuttora forme odiose di schiavitù: la sudanese Bakhita (1869-1947), canonizzata lo scorso anno, fu venduta e comprata più volte. Isidoro Bakanja (1885-1909), catechista congolese beatificato nel 1994, fu ucciso a colpi di frusta su ordine del padrone belga, ostile alle pratiche religiose. Prima di morire, sia Bakanja che Anuarite seppero offrire quel perdono che indubbiamente potrebbe decantare anche oggi le tensioni che tengono accesi decine di conflitti.

Nel corso del suo viaggio in Nigeria, 1998, il papa ha beatificato Michele Cipriano Tansi (1903-1964), monaco. Vittoria Rasoamanarivo (1848-94), beatificata nel 1989, figlia di una delle famiglie più importanti del Madagascar, fu inflessibile nel difendere la sua dignità di donna e le sue scelte di vita con i poveri.

Una pagina a parte meriterebbero gli evangelizzatori dell'Africa moderna. Santi che, nonostante i loro limiti di stranieri o addirittura di cittadini provenienti da paesi colonialisti, possono costituire un punto di riferimento per una missione rispettosa delle culture, ecumenica, impegnata nello sviluppo umano. Giustino De Jacobis (1800-60), canonizzato da Paolo VI nel 1975, è un modello di adattamento e di approccio umile delle realtà altrui. Sono stati beatificati dal papa attuale: Scubilion (Jean-Bernard Rousseau, 1797-1867), fratello delle Scuole cristiane, apostolo della Riunione. L'isola fa memoria di lui il 20 dicembre, festa civile della soppressione dello schiavismo. Jacques Berthieu (1838-96), gesuita, primo martire del Madagascar. Joseph Gérard, Omi (1831-1914), apostolo dei basotho (Lesotho). Daniele Comboni (1831-81), che affermava: "E' l'Africa che salverà l'Africa".

Sarà prossimamente dichiarato beato anche Charles de Foucauld. Quanta profezia contengono le righe che scrisse agli inizi del '900 a proposito della presenza coloniale francese nel Maghreb: "Ciò che vedo negli ufficiali, mi rattrista: sembrano dei rapinatori, dei banditi, dei filibustieri. In quest'immenso impero coloniale non c'è che cupidigia, violenza e nessuna preoccupazione del bene dei popoli… Se, dimentichi dell'amore del prossimo comandato da Dio e della fraternità scritta su tutti i nostri muri, trattiamo questi popoli non come figli, ma materie da sfruttare, ci butteranno a mare".

Neno Contran
(da Nigrizia - ottobre 2001
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